Le punizioni di Ruggero
24 Gennaio 2012, 18:24 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti]
|
Dopo avere assistito agli episodi già descritti, Ruggero e Mandralisca tornarono a parlarne in più occasioni.
Com'è possibile che Cefalù, questo splendido promontorio, che divide geograficamente e idealmente l'Oriente e l'Occidente, si sia ridotta senza storia?
Com'è possibile che da centro di quello splendido semicerchio delle Madonie, che l'abbracciano e le danno linfa, si è ridotta a una cittadina, che negli ultimi anni si è nutrita ingoiando se stessa?
“Bisogna intervenire. Dobbiamo fare qualcosa, se vogliamo ch'essa continui a vivere.” disse il barone Mandralisca, rivolgendosi a Ruggero.
“Sì, avete ragione, caro Barone. Ma come possiamo intervenire da questo Aldilà? Non ci è permesso scendere sulla Terra. Se potessi, saprei ben io che cosa fare!” rispose Re Ruggero.
“Abbiamo diritto, però, di difendere la nostra beatitudine, che ci siamo conquistata con una vita vissuta all'insegna di tensioni morali e ideali.” quasi implorò Mandralisca.
A questo punto convocarono Spinuzza, i fratelli Botta, Lo Duca e i tanti altri loro amici cefalutani e, dopo un dibattito, decisero di recarsi “là dove si puote quel che si vuole”, là dove qualcuno avrebbe avuto il potere di concedere il permesso di scendere ancora sulla Terra.
Quando vi giunsero, non ebbero bisogno di parlare. Erano stati appena circondati da una densa nebbia luminosa, che una voce stentorea così si rivolse a loro: “Andate subito a Cefalù. Mi fido di voi, che già mi avete dimostrato capacità e volontà. Avrete, dal momento dell'arrivo, un mese per rimediare ai danni che il Paese ha subito e siete autorizzati per riuscirvi a usare i mezzi, che riterrete più opportuni, e a punire a vostro insindacabile giudizio coloro che oseranno disubbidirvi o che hanno responsabilità su quanto accaduto in questi ultimi tempi.”
Quando questa voce tacque, cinque di loro si ritrovarono a volare veloci quanto la luce per gli spazi siderei e in dodici minuti si ritrovarono sulla Rocca di Cefalù.
“Sempre la stessa bellezza!” esclamò Ruggero, contemplando il panorama verso il mare. Gli occhi erano sorridenti e ancor più lo furono quando si posarono sulla Cattedrale. La sua mente fu attraversata dai ricordi. Gli sembrò di vedere ancora innanzi a Lui i volti delle maestranze, che alzarono i muri, e di quelli che misero insieme così bene le tessere del mosaico del Pantocratore, che venne fuori quel volto sereno e buono, che tutti oggi ammirano e che fece esclamare a qualcuno che di fronte a esso “si viene inondati da fotoni”, cioè di luce.
“Casa mia!” gli fece eco Mandralisca, seguito da Spinuzza: “La piazza dove fui fucilato!”.
Lo sguardo di tutti si posò poi sulle orrende costruzioni, che si arrampicavano sulle pendici di monte Sant'Elia, e lentamente scese sullo Spinito, infine si guardarono l'un l'altro negli occhi e insieme esclamarono: “L'Inferno!”.
“Andiamo!” disse Ruggero “Abbiamo poco tempo e tante cose da fare.”
Alle nove del mattino entrarono nel palazzo municipale e Ruggero, seguito dai quattro compagni, si diresse subito al primo piano. Guardarono intorno, raggiunsero la stanza del Sindaco, ma se ne allontanarono, perché non c'era ancora nessuno. Si diressero verso quella dell'economo e qui trovarono quello che si fa chiamare “Ragioniere Generale”.
Giunto di fronte a lui, Ruggero, sovrastandolo, lo guardò dritto negli occhi e gli disse:
“Sei un generale?”
“No” balbettò il ragioniere.
“E allora perché ti fai dare questo appellativo?”
“Io, ver...” ma non poté finire, perché il Re, con fare imperioso, gli ordinò di provvedere entro dodici ore alla correzione della contabilità.
“Dodici ore e non un minuto di più!” disse nel momento in cui varcava la soglia e si allontanava.
Il suo dito indice al povero ragioniere sembrava ancora presente, anche dopo che Ruggero sparì dal suo sguardo. Cadde come morto sulla sedia e non riuscì a dare ordine ai suoi pensieri.
Intanto Ruggero, sempre seguito dai quattro amici, ritornò nella stanza del Sindaco, che nel frattempo era arrivato e aspettava quella strana visita, che la sua segretaria gli aveva preannunciata.
Ruggero entrò, ma non guardò in direzione del Sindaco, che sentiva le sue gambe tremare, perché l'aspetto di quell'uomo gli faceva paura. Aveva gli occhi così profondi, che sembrava che al loro posto ci fossero due neri abissi e al poveretto sembrava che uno di quegli abissi avrebbe potuto inghiottirlo in un solo attimo. Era solo, non c'era neanche il suo vice. Neanche sua moglie, che mai gli aveva fatto mancare il suo sostegno.
Era proprio solo, quando Ruggero lo guardò e poi gli prese il naso tra l'indice e il pollice e lo spinse verso il basso. Il povero Sindaco cadde in ginocchio e soltanto allora Ruggero lasciò la presa di quel naso diventato rosso come quello d'un ubriaco. Lasciò la presa perché il Sindaco era nella posizione che deve avere ogni suddito, quando è in presenza del suo Re.
“Tu da quasi cinque anni hai avuto affidata questa Città, che io ho preferito fra tutte le altre del mio Regno.” cominciò Ruggero, con una voce che al povero Sindaco scendeva fin nel midollo delle ossa del suo scheletro, che ormai gli sembrava essere nudo di carne e di sangue agli occhi di quel Re.
“Tu, però, invece di amministrarla hai continuato l'opera dei tuoi predecessori e dell'ultimo in particolare. Quella tale donnina che voleva fare di questa allora ancor bella cittadina una “repubblica delle donne” e che ora è assurta a scranni più alti dove non conta nulla. Caro il mio suddito, devo toglierti la delega che hai.” e, dette queste parole, lo prese per le orecchie, lo alzò ritto ad almeno venti centimetri da terra e lo scaraventò fuori dalla finestra, che Botta aveva spalancata.
“Andiamo” disse il Re “per le altre incombenze torneremo domani. Intanto voglio ritirarmi insieme a voi nella mia Cattedrale.”
Uscirono, passando in mezzo ai volti attoniti e spaventati degli impiegati della segreteria del Sindaco, e sparirono allo sguardo di tutti.
Per sapere cosa accadrà ancora, dobbiamo aspettare anche noi a domani.
- Accedi per inviare commenti.
Quella donnina che non conta "nulla", caro Angelo
Quella donnina che non conta "nulla", caro Angelo, oggi è segretaria del senato, relatrice della legge sulle liberalizzazioni, fa parte di due commissioni del senato .... e sai perchè ? è stata raccomandata da Ruggero II
certamente non per meriti ..
Simona Vicari rimane il miglior Sindaco di Cefalù (per me che ammetto di essere fazioso).
Ciao
Giusi Tukori
PS: http://parlamento.openpolis.it/news_parlamentare/83884/page/1
Caligola
Caro Colonnello Tukory, forse non s'è accorto che i fatti accadono nell'anno del Signore 2050.
Per riferirmi alla "donnina" che pensa lei, avrei usato i riferimenti non agli scranni senatoriali, ma ai più famosi premi della cultura, Nobel in testa.
Il laticlavio, caro Colonnello, può averlo anche un cavallo: è sufficiente un Caligola.
Se poi il Caligola è di minor valore, allora anche un asino può ottenerlo il laticlavio.
Sull'asino hai ragione
Un insigne maurino il prof. Placido Zito (che ha portato a Cefalù la ragioneria e il geometra quali zezioni, allora, distaccate) diceva:
"Scecchi laureati ci ni sunu assai, caru Giusi, Cavarri lauriati ..... sunu picca"
Ma del resto credo di aver capito benissimo.
Giusi Tukori
Io invece non ho capito.
Io invece non ho capito. Sarò forse uno scecco scemo.