Il Generale a Cefalù
8 Gennaio 2012, 16:25 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Il Generale, appena sbarcato in Sicilia, si era diretto subito a Salemi, dove si era proclamato prodittatore e aveva lanciato un proclama al popolo di Sicilia.
Da lì, poi, aveva marciato verso le colline di Calatafimi, dove aveva sbaragliato, come un novello Don Chisciotte, numerose pale eoliche, che per un difetto di pronuncia chiamava palle eoliche.
Da Calatafimi a Palermo, dove in un niente ricevette la resa della guarnigione borbonica e da dove partì alla volta di Cefalù su una carrozza tirata da trecento cavalli e guidata dal fido Pippo Bixio. Quando la veloce carrozza superò Termini Imerese, si videro più chiari il promontorio di Cefalù e la sua Rocca. A questo punto il Generale disse: “Pippo, se i cavalli reggeranno, saremo presto a Cefalù”. E Pippo, toccando ferro per scaramanzia, perché teneva molto ai suoi cavalli, fece un segno di assenso.
Giunti che furono a Cefalù, ritrovò la fedele Simona White Mario, circondata dai giovani, chiamati “picciotti”, radunati da Ciccio La Masa. Marco Crispi e Roberto Botta gli strinsero la mano, mentre non poche eroiche patriote cefalutane applaudivano e invocavano un discorso, che il Generale tenne con sommo gaudio di tutti gli astanti.
Il suo linguaggio poteva sembrare quasi da caserma o biblico, a seconda delle preferenze degli ascoltatori. “Stronzo” e “cagare” a qualcuno sembrò troppo forte, ma altri, più vicini alla nostra religione, si ricordarono subito del libro di Ezechiele, dove Dio dice: “Tu mangerai pane spalmato di escrementi”. Per costoro, il Generale sembrava un vero e proprio Dio, perché parlava come Lui.
Ma anche la sua definizione di Cefalù, la più chiacchierona città della Sicilia, e perciò la più essoterica, come città esoterica fece tutti contenti, come quando si dice a uno stupido che è un uomo intelligentissimo.
Spiegò poi che non era diretto ad Agrigento, ma che lì aveva mandato un'ambulanza, scortata da un suo manipolo, per ingannare i Borbonici. Egli era invece diretto a Milazzo, per scontrarsi con il generale Lanza e distruggere le raffinerie, che inquinavano.
Che coraggio! Pensavano le patriote presenti e le sue forti parole le scuotevano fino al midollo, come non era mai accaduto con i loro mariti. “Questo sì che è un uomo!” pensavano.
E gli uomini, a loro volta: “Anche se eoliche, che palle, però!”.
Era ormai tempo di partire. Il generale Giusy Tukory si avvicinò al Generale e gli disse: “Generale, la rivoluzione ci attende! E' tempo d'andare.”
Un rapido saluto e i due partirono verso la prosecuzione della grande avventura, certi che il buio non avrebbe loro procurato incontri pericolosi, perché il Generale aveva assicurato che in Sicilia i cattivi non esistono, ma sono soltanto un'invenzione dei moralisti.
- Accedi per inviare commenti.
Professore...
lei mi lascia senza parole,ho letto il suo commento e l'ho trovato semplicemente perfetto,un cast di attori,comprimari e semplici comparse,degni delle più importanti rappresentazioni teatrali che fino ad oggi siano mai esistite.Ho immaginato pure la scenografia,i costumi,i dialoghi, le capre e gli ovini in genere,iol pastore e gli aiutanti....una cosa mi sfugge,forse per colpa della miopia che galoppa( a proposito dei cavalli c he tiravano il cocchio),il nome del REGISTA!!!!!
I registi
Forse Simona Benso di Cavour, alleata per l'occasione con Gianfranco Mazzini.