Precisazioni storiche sulla questione del sarcofago di Ruggero II (e qualche idea per il futuro).

ritratto di Vincenzo Garbo

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La vicenda legata alla realizzazione della ‘pietra della memoria’ ha rinfocolato, tra l’altro, le polemiche sulla questione dei sarcofagi che Ruggero II aveva fatto collocare all’interno del nostro Duomo.
La vicenda nasce attorno al 2000 quando l’amministrazione Vicari, sempre in continua ricerca di pubblicità e alla conquista di articoli sui quotidiani e copertine sui settimanali, pensò di utilizzare anche la storia a questo scopo.
Fu così che fu promossa una petizione popolare per chiedere la traslazione a Cefalù “dei resti mortali di Ruggero II”. Attorno a questa iniziativa che fu presentata ad una serie di istituzioni nazionali ed europee (tra le quali ricordo che figurava perfino la Regina d’Inghilterra) si aprì un dibattito, a tratti surreale, nel corso del quale si discettava della possibilità di ottenere la ‘restituzione’ delle spoglie di Ruggero o, perfino, dei due sarcofagi in porfido che egli aveva fatto collocare nel nostro Duomo.
Reputando tale questione legata ad una strumentalizzazione politica dei fatti storici, che nasce dalla non conoscenza degli stessi, ritengo opportuno presentare, per quelle che sono le mie conoscenze, qualche elemento in più dal punto di vista della verità storica.
Non aggiungo nulla all’ottima ricostruzione fatta dall’amico Antonio Franco, mi soffermerò soltanto sui motivi della scelta che portò l’imperatore Federico II a decidere il trasferimento dei sarcofagi a Palermo e sulla vicenda dell’arca in cui furono collocati i resti di Ruggero II.
Come è noto Ruggero II fece collocare ai lati del coro (a destra e a sinistra del transetto) due sarcofagi dei quali quello a destra avrebbe dovuto ospitare le spoglie di Ruggero II, quello a sinistra ‘ a memoria del suo nome e a gloria della chiesa’.
La vicenda del trasferimento a Palermo di questi due sarcofagi non è un fatto locale o frutto di un capriccio di un sovrano ma è un episodio che testimonia la fine di un epoca e l’inizio di una nuova era; la fine della dinastia normanna e l’ascesa della dinastia sveva.
La decisione fu assunta da Federico quando il 27 luglio del 1215 ( poco più che ventenne) fu incoronato nella cappella Palatina di Aquisgrana ‘ Romanorum rex’. Nel corso di tale cerimonia egli chiuse con le proprie mani il coperchio del preziosissimo sarcofago/reliquiario che custodisce i resti di Carlo Magno. Con quel gesto Federico si poneva come nuovo Carlo Magno e come 16° sovrano del Sacro Romano impero.
Nasceva una nuova era che si poneva lungo una linea di continuità e di discontinuità del passato. Se grazie a Ruggero, Palermo, la capitale del regno, aveva avuto il magnifico palazzo Reale, grazie a Federico II avrà un mausoleo regale che porrà al centro non più la memoria della dinastia normanna (Guglielmo I e II erano stati sepolti a Monreale) ma la dinastia sveva. Questo mausoleo si compone di 3 sarcofagi di porfido e un arca (quella nella quale si trovano i resti di Ruggero II) che accolgono le spoglie dello stesso Federico II, del padre Enrico VI, della madre Costanza d’Altavilla, di Ruggero II, oltre ad un sarcofago marmoreo nel quale riposano le reliquie di Costanza d’Aragona (moglie di Federico II, morta nel 1222).
La volontà il desiderio di Federico II di voler essere sepolto all’interno del sarcofago che Ruggero II aveva fatto predisporre per sé, risponde ad una precisa simbologia: la dinastia sveva si inserisce in continuità con la dinastia degli Altavilla ma, allo stesso tempo, emerge una profonda discontinuità. A differenza di Ruggero, nel segreto del sarcofago Federico (sepolto a Palermo il 25 febbraio 1251) veste ricchi abiti ed è dotato delle insegne regali, la corona, la spada, il globo, al modo della tradizione germanica.
Nel 1781 Venanzio Marvuglia iniziava il ‘restauro’ della Cattedrale di Palermo, secondo il progetto di Ferdinando Fuga e, nell’ambito di tali lavori, fu necessario spostare i sarcofagi regali. Cogliendo l’occasione, nel mese di giugno di quell’anno fu iniziata una ricognizione delle tombe (che si concluse l’11 agosto). L’ispezione del contenuto dei sepolcri avvenne alla presenza di mons. Alfonso Airoldi, ai ministri del Tribunal Patrimonio e ai deputati della fabbrica del Duomo.
Ciò che fu rinvenuto all’interno dei sarcofagi ci è testimoniato dalla monografia di Francesco Daniele “ I reali sepolcri del Duomo di Palermo” e dalla puntuale descrizione fatta da Rosario Gregorio.
A chi chiede la restituzione delle ‘spoglie di Ruggero’ consiglio di leggere la seguente descrizione di ciò che fu rinvenuto all’interno dell’arca di Ruggero II (siamo, lo ricordo, nell’anno 1781): “ Il suo cadavere era come un mucchio di ossa, di cenere e di calcina, ed appena poteronsi riconoscere le ossa principali trovandosi nel sepolcro lunghissimi stracci di velo giallo: molti erano annodati tra loro, ed altri di essi avevano all’estremità dei fregetti di oro intessuto. Vi era anche uno straccio di drappo, una parte di color giallognolo, l’altra frangiata, dipinta e screziata di bei colori a veder vaghi: l’artifizio n’è pure sottilissimo, ma è rozzo e strano il disegno, e rappresenta vari animali, uomini a cavallo ed altre figure”.
A chi chiede la restituzione dei sarcofagi chiedo: quali?
Non certo quello in cui sono custoditi i miseri resti di Ruggero II, infatti egli, ironia della storia, non è sepolto in un sarcofago ma in un’arca. Quest’ultima è costituita da tavolette di porfido accostate, sorrette da quattro piccole figure umane. Le fonti storiche ci testimoniano di un affronto, che tale arca dovette subire, da parte di un re. Pare, infatti, che nel 1713 Vittorio Amedeo di Savoia cinta la corona di Sicilia, fece staccare dall’arca una lastra di porfido che portò con sé a Torino. Per circa un secolo questo vuoto fu colmato da una tavola di legno fino a quando una mano pietosa, nel 1816, ricollocò una lastra di porfido.
Dei tre sarcofagi di porfido che si trovano nel Duomo di Palermo due sarebbero quelli trafugati da Cefalù. Uso il condizionale perché, addirittura, il prof. Antonio Zanca, autore, nel 1952, di un volume sul Duomo di Palermo sostiene che uno dei due sarcofagi cefaludesi si trova a Barcellona (Spagna) ivi portato dall’Ammiraglio Ruggero di Lauria per custodire le spoglie del re Pietro I d’Aragona.
Secondo altre ricerche i due sarcofagi sarebbero da identificare in quelli che attualmente ospitano i resti mortali del re Enrico VI (padre di Federico II) e dello stesso “ stupor mundi”.
Anche in questa ipotesi mi pongo la domanda: di cosa dovremmo chiedere la restituzione?
Del sarcofago contenente le spoglie di Enrico VI Hohenstaufen o dell’altro contenente anche le spoglie del Grande imperatore Federico II? Dico anche, perché è ormai certo che quest’ultimo sarcofago custodisce anche le spoglie del Re Pietro II d’Aragona e di colui che è stato identificato come il Duca di Atene e Neopatria.
O, già che ci siamo, chiediamo la restituzione di entrambi i sarcofagi?
Ovviamente la mia è una provocazione che cerca di porre in evidenza il fatto che in questa discussione, fondata sostanzialmente sul nulla, è mancata una seria riflessione sul valore simbolico e sul significato politico, che all’epoca della sua costruzione, aveva il più grande dono che Ruggero II abbia fatto a Cefalù, ossia il Duomo.
Non è questa la sede idonea per approfondire la questione ma, come ha mirabilmente posto in evidenza mons. Crispino Valenziano, il nostro Duomo è indice sintetico di una pluralità di significati ed era destinato, almeno nelle intenzioni di Ruggero II, ad essere un unicum.
Difatti esso è, per l’appunto, un Duomo, ovvero la Casa per eccellenza, destinata ad accogliere l’ecclesia, ovvero l’assemblea. Tuttavia, la nostra è anche una Basilica – Cattedrale cioè una chiesa regale destinata ad accogliere la cattedra del Vescovo. In tal senso esso è anche un tempio (nel senso etimologico del termine), ovvero all’interno di esso si “ritaglia uno spazio” (separato da quello del popolo) per accogliere la cattedra episcopale.
Nelle intenzioni di Ruggero II essa avrebbe avuto una funzione che rappresentava un unicum; infatti sarebbe stata una chiesa regale (sul modello della basilica costantinopolitana di Santa Sofia) ma allo stesso tempo una chiesa mausoleo sull’esempio di Saint – Denis.
Se ciò non avvenne ciò fu dovuto al fatto che la storia stabilì diversamente, quella storia che decise che la nostra Cattedrale restasse incompiuta per la morte di Ruggero II; la stessa storia che fece venire meno l’interesse dei successori di Ruggero per Cefalù in favore di Monreale ( la cui Basilica fu voluta da Guglielmo II); la medesima storia che stabilì il tramonto della casata degli Altavilla a causa della repentina morte senza figli legittimi del nipote di Ruggero II.
Quella storia nei confronti della quale dovremmo avere più rispetto e non usare strumentalmente per finalità di visibilità personale. Quella storia che deve tornare ad essere patrimonio collettivo di una comunità che in essa si identifica e dalla quale trae alimento per sapere difendere il proprio passato, comprendere il presente e progettare il futuro.
Ps. A chi ha avuto la pazienza di leggere questo mio intervento sino alla fine vorrei fornire una curiosità.
Perché ci affanniamo a cercare Ruggero fuori da Cefalù, quando abbiamo in casa qualche sua reliquia (ovviamente uso questo termine in senso etimologico e non in quello religioso)?
Eccovi una testimonianza fornitaci da uno storico (G.M. Amato) che nel 1728 scrisse di aver ammirato, nella canonica del Duomo di Cefalù “una veste regia intessuta d’oro e di seta o di preziosa lana, che chiamano Pinola e che usava il Piissimo Re (Ruggero II) oblunga e fatta a mo’ di dalmatica che i cefaludesi venerano ed ancora si custodisce presso la sagrestia della cattedrale”.
Ebbene lembi del tessuto di questa veste fanno ancora parte dell’enorme patrimonio di reperti che fanno parte del tesoro del Duomo. Quanti anni dovranno passare per vedere realizzato un museo dell’opera del Duomo che restituisca questo tesoro alla pubblica fruizione, all’ammirazione dei turisti e alla “venerazione dei cefaludesi”?
Questi sono i veri obiettivi che una politica autenticamente protesa nei confronti del bene comune dovrebbe perseguire.
Da parte mia, come segretario di un partito politico, posso prendere, sin d’ora, l’impegno a sviluppare questa ed altre proposte e a farle rientrare nell’ambito di un più articolato progetto per la città, che abbia come una delle finalità principali la fruizione e la piena valorizzazione di quell’immenso patrimonio di Natura, arte, cultura che il Creatore, da un lato, e grandi uomini come Ruggero II, dall’altro, hanno voluto donare alla nostra Cefalù.

ritratto di Antonio Franco

Ben detto

Caro Vincenzo, complimenti per la puntualità e l'esaustività dell'intervento, che condivido in ogni suo punto. A chi volesse ulteriormente approfondire la questione, suggeriamo (vero Vincenzo? penso concorderai) la lettura, oltre che dei "classici" di Danieli, Mongitore e Zanca, di opere quali: E. Caspar, Roger II, Innsbruck 1904; E. Perricone, La tomba porfirea di Ruggiero II, Palermo 1916; J. Deer, The dynastic porphiry tombs of the norman period in Sicily, Cambridge 1939; una recente sintesi della problematica di M. Guarneri, La tomba porfirea di re Ruggero II, in BTA n. 139 (2000).
L'istituzione del Museo dell'Opera del Duomo (di concerto con la Diocesi), così come quella del Museo Civico Archeologico dovranno essere obiettivi qualificanti di un Progetto per Cefalù che dia risposte concrete a quanti guardano al futuro di questa Città in termini positivi, facendo sintesi di cultura, economia e promozione umana. Ancora bravo e ... ad maiora semper.

ritratto di Gianfranco D Anna

A Vincenzo Garbo

Anzitutto complimenti per la precisione e la completezza del tuo intervento.
Sono d’accordo con te quando “imputi” alla storia tutte quelle circostanze che hanno portato Ruggero II – nei suoi resti mortali – a non riposare nella sua Cattedrale-Mausoleo di Cefalù, tuttavia nessuno ci vieta di aggiungere un tassello a questa “sfortunata” vicenda, riportando a Cefalù ciò che resta di un Uomo, sia anche semplicemente cenere, che, come più volte ho sottolineato, tanto ha dato ed ha fatto e tanto poco ha ricevuto.
Non mi soffermerei, in questo momento sul dove - inteso come sepoltura - conservare i resti di Ruggero II ma sul come fare in modo che la volontà testamentaria di Ruggero II possa essere rispettata, anche se a distanza di diversi secoli.
Certamente occorrerebbe dare una sepoltura più che dignitosa a Ruggero II ma a ciò si potrebbe pensare in un secondo momento, quando vi sarebbe la certezza del suo ritorno, attraverso un bando ed un concorso che porti alla scelta di un artista ed alla realizzazione di un opera condivisa dalla cittadinanza e non “imposta” come si è fatto in passato con Canzoneri e le sue vetrate, lo si è ripetuto con Pomodoro e la sua "Porta dei Re", lo si vorrebbe ripetere con Paladino e la sua alternativa al portale di Pomodoro e lo si sta attuando con Salvato e la "Pietra della Memoria".

ritratto di Gianfranco D Anna

A proposito di valorizzare...

Caro Vincenzo, ti (e vi) preannunzio che nei giorni scorsi ho inviato a S.E. Rev.ma Mons. Manzella una lettera nella quale chiedo di valorizzare meglio il nostro Duomo attraverso un gesto semplice, immediato ma molto importante.
E' giusto far trascorrere qualche giorno prima di pubblicarne una copia.

ritratto di Vincenzo Garbo

Caro Gianfranco,

Sono lieto del fatto che attorno alla figura di Ruggero si sia aperto un dibattito che reputo costruttivo e interessante.
Il fatto stesso che io, tu e tanti altri (ciascuno dal proprio punto di vista) discutano su come onorare la memoria di un uomo scomparso 856 anni fa è la prova tangibile che la figura del gran re normanno è considerata, ancora oggi, come nostro patrimonio collettivo.
Attorno a questa consapevolezza, che va rafforzata , penso che si possa lavorare insieme per realizzare atti concreti per favorire una autentica crescita culturale di Cefalù , con lo scopo di ottenere anche delle benefiche ricadute dal punto di vista turistico ed economico.
Ho espresso alcune idee che, dal punto di vista politico, desidero divengano parte importante di un progetto volto a costruire un futuro migliore per Cefalù.
Nell’immediato plaudo alla tua proposta per la valorizzazione del Duomo (che attendo di conoscere nei dettagli ) perché dimostra che tutti i cittadini possono concorrere, anche in termini di idee e progettualità, al miglioramento della nostra Cefalù.
Occorrerebbe che ciò fosse compreso anche da chi ritiene che si possa fare a meno del confronto e prova ad imporre scelte che, seppur adottate con le migliori intenzioni, appaiono essere calate dall’alto.

ritratto di Saro Di Paola

AD MAJORA, VINCENZO !

Egregio Vincenzo,
devo, anzitutto, confessarti che ho "avuto la pazienza di leggere il tuo intervento sino alla fine", soltanto stamattina.
Infatti, allorquando, subito dopo la pubblicazione, lo ho aperto, ho smesso di leggerlo immediatamente.
Alla fine del secondo periodo.
Ciò perchè in quei due primi periodi avevo colto una sorta di prologo ad un intervento mirato a riaprire polemiche sulla "sindachessa venuta da lontano".
Polemiche che non mi hanno mai allettato e che ho, sempre. cercato di evitare.
Non perchè sia stato, e sia, un "innamorato" o uno degli "ultras" della Vicari, ma, perchè sono convinto che quelle polemiche non solo non giovino alla Città ma, quel che è peggio, continuino a costituire motivo di lacerazione nella già sin troppo lacerata
classe politica cefaludese.

Per non essere andato avanti nella lettura, devo fare ammenda a me stesso !
Stamattina, avendo riaperto il tuo intervento, altro che "pazienza"!
Il tuo intervento, stamattina, me lo sono "bevuto", GUSTANDOLO, nella speranza che non finisse :
ILLUMINANTE E STRAORDINARIO!
Nella accezione autentica dei due aggettivi.

Ma non solo !
Un intervento che tu hai sottoposto al lettore SENZA SPOCCHIA, SENZA FUMO SOTTO IL NASO, CON UMILTA', CON RISPETTO nei confronti di quanti, COME ME, ignoravano TANTISSIMO della storia di Ruggiero.
Quella storia che, come tu hai scritto "deve tornare ad essere patrimonio collettivo di una comunità che in essa si identifica e dalla quale trae alimento per sapere difendere il proprio passato, comprendere il presente e progettare il futuro".

Caro Vincenzo, questo tuo intervento TI FA ONORE!
Per il contenuto e per la forma.
Come STUDIOSO e come GIOVANE Politico.
Il fatto che tu, a Cefalù, sia un Politico, per un cefalutano come me, è motivo di speranza.

Del MUSEO DELL'OPERA DEL DUOMO, avremo, certamente, modo di parlare.
In questa sede potrei apparire vanesio.

Complimenti Vincenzo, AD MAJORA!

ritratto di Vincenzo Garbo

Grazie di cuore.

Egregio Saro,
Ti ringrazio molto per le lusinghiere parole che mi hai rivolto. Le ho apprezzate, ancor di più, perché so che sono profondamente sincere, in quanto provengono da una persona che ha sempre dimostrato una grande onestà intellettuale.
Mi fa piacere sapere di aver contribuito a far conoscere alcuni particolari, poco noti, della storia di Ruggero II. Ancor di più mi rende felice poter constatare che attorno a questa storia si è aperto un interessante dibattito e aver riscontrato nella gente la voglia di riscoprire la propria storia.
Lo reputo un primo, importante, passo di quel processo che deve condurre al conseguimento della piena consapevolezza del grande patrimonio collettivo della nostra comunità, sul quale progettare un futuro di sviluppo fondato sul desiderio di una comune crescita umana e materiale.
Il dialogo che ha alimentato le pagine di questo blog rappresenta, a mio parere, un fatto importante perché solo dal dialogo, dal civile scambio di idee ed opinioni e, perfino, dalle legittime divergenze che si possono riscontrare, sulle singole questioni , può svilupparsi questo cammino di crescita collettiva.
Per questo ritengo che non bisogna mai avere paura di esprimere liberamente e civilmente le proprie opinioni, né, tantomeno, temere le opinioni della gente. Occorre, anzi, ampliare il più possibile gli spazi attraverso i quali esprimere le opinioni e far crescere le occasioni di discussione.
Ritengo che ciò sia fondamentale al fine di attuare una politica autenticamente volta al bene della polis, ovvero della comunità. Solo così si potrà lavorare per il bene comune di una città che non deve essere intesa meramente come una entità fisica ma soprattutto, come sosteneva Hannah Arend, come “una forma di organizzazione nella quale ogni membro partecipa all'azione e al discorso comunitari, la cui collocazione più autentica è fra persone che vivono insieme a tale scopo”.
Per quanto mi riguarda cercherò di orientare le mie energie (pur nella piena consapevolezza dei miei limiti), insieme a tutti coloro che lo vorranno, al perseguimento di questi obiettivi.

Con viva cordialità
Vincenzo Garbo