Serietà dei dibattiti (soprattutto) televisivi su una sentenza

ritratto di Angelo Sciortino

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Siccome fino a oggi si continua a parlarne e non poche persone mi hanno chiesto come mai non ho detto nulla a proposito della sentenza di Strasburgo sulla esposizione dei crocefissi nelle scuole pubbliche, hanno anzi insistito per sapere cosa ne pensavo, mi vedo costretto a toccare questo argomento così delicato che non dovrebbe uscire dalla nostra coscienza per essere dibattuto in forza di considerazioni socio-politiche o in modo dogmatico, come hanno fatto non pochi Prelati e alcuni politici, cattolici di etichetta. La definizione di “cattolici di etichetta” è necessaria per indicare coloro che hanno dichiarato persino che meriterebbe di morire chi osasse toglierli!
Ricordo le parole di Piero Calamandrei, uno dei Padri della nostra Costituzione, rivolte a chi avrebbe voluto togliere i crocifissi dalla aule dei tribunali: si potrebbe, disse, ma forse sarebbe meglio toglierli dalle spalle dei giudici e metterli davanti, perché vedano sempre a cosa può portare un'ingiustizia. Era un laico, Calamandrei, ma era tollerante fino a riconoscere le ragioni dei suoi oppositori e l'aspetto positivo anche del loro credo religioso. Oggi non è più così. Oggi non parlano più le persone tolleranti, ma fondamentalisti dell'una e dell'altra parte. Oggi prevale soltanto il bailamme di ridicoli ignoranti, che – per dirla con Oscar Wilde – non sanno di che cosa parlano, ma ne parlano sempre. Sembra di essere a un Grande Fratello nazionale.
Non c'è dubbio che vi sono particolari momenti in cui la fede ha il diritto di affermare i propri ideali e persino i suoi dogmi, ma non vedo alcuna ragione perché questo debba avvenire in una scuola pubblica, dove non dovrebbe esserci posto “per simboli che dividono anziché unire”, come ha osservato Sergio Romano. Ma tant'è, tutto continuerà come prima e i crocifissi saranno soltanto l'argomento per dibattiti televisivi, che offendono la vera fede più di un bestemmiatore.

ritratto di Daniele Tumminello

CROCIFISSORI E CROCIFISSI

L'enorme dibattito alimentato dai media italiani sulla sentenza di Strasburgo farebbe pensare ad un confronto di idee e opinioni sul merito della questione, condotto, vista l'importanza culturale del tema, con onestà intellettuale.
Si è assistito invece all'ennesima occasione di rissa mediatica in cui non si è cercato di capire nè le motivazioni di questa sentenza nè tanto meno si è avviata un'onesta e obiettiva analisi volta a comprendere le dinamiche culturali che hanno prodotto la sentenza stessa.
Se la Corte Europea dichiara illeggittima l'esposizione di qualsiasi simbolo religioso nelle scuole, il problema da discutere non ha nulla a che fare con l'oltraggio alla fede religiosa (qualunque essa sia) o con la strumentale intenzione da parte di presunti giudici mangiapreti di delegittimare il sentimento religioso della stragrande maggioranza dei cittadini italiani.
La sentenza non mette in discussione la fede religiosa di nessuno e nessun cattolico che ha una fede matura e consapevole può pensare che la sola assenza di un crocifisso da una parete possa minacciare le fondamenta del suo Credo. La sentenza testimonia soltanto che la cultura europea contemporanea è pronta ad accettare l'idea che l'uso della religione come potenziale elemento di sepazione e distinzione non è compatibile con una società libera, multietnica e multiculturale.
Chi protesta e reagisce alla sentenza con violenza verbale, tanto più abietta quando espressa dalla voce di un Ministro della Repubblica, è il primo, a mio giudizio, a ridurre il crocifisso ad un simbolo vuoto, alla marca di un'identità italiana oserei dire mitologica, in quanto concepita come assoluta, esitente in una dimensione temporale astorica.
L'identità reale di un popolo e il suo livello culturale, che si esprime nei termini del grado di civiltà espresso dalla sua società, si costruisce invece nella storia.
Prima di "crocifiggere" le sentenze, sarebbe quindi più opportuno chiedersi chi siamo noi oggi e dove vogliamo andare.

ritratto di Angelo Sciortino

Che dirti, caro Daniele:

Che dirti, caro Daniele: entrambi sapevamo di essere sulla stessa lunghezza d'onda e questa occasione ce lo conferma. Mi spiace che ci conferma pure che viviamo in un tempo e in un paese che forse non sono i nostri, perché non vi hanno patria la ragione e il rispetto delle idee altrui.

ritratto di Gaia Biondo

Finalmente...

Finalmente leggo che ci sono persone come voi che hanno dato una lettura "misurata" di questa sentenza. In questi giorni è stato così pesante il... vogliamo chiamarlo "dibattito",
sui crocifissi, che ci sono stati momenti in cui avrei voluto gridare. Siamo davvero coinvolti nostro malgrado in un mega-grande fratello nazionale... e si, condivido in pieno quello che hai detto anche te Daniele. Perchè non cominciamo a chiederci chi siamo? dove vogliamo andare e soprattutto che cosa vorremmo diventare?
Prima di aggredirci perchè non cerchiamo di capire cosa sono i simboli, a che servono?
Cosa contengono realmente?
Non è un gioco... si tratta di guardarci dentro.

ritratto di Pino Lo Presti

Una grande ipocrisia

Uno Stato, se è laico non dovrebbe nelle sue manifestazioni (tali ne sono anche le sedi e i locali) accompagnarsi ad alcun simbolo che non fosse quello della unità della Nazione, cioè la bandiera.
Una scuola, se mira a formare degli individui in grado di intendere e volere, capaci cioè della libertà di scelta, dovrebbe insegnare il valore della spiritualità e della religiosità; dei suoi simboli - tutti certamente di amore e di pace (non solo il crocifisso lo è) - dovrebbe ricordarne piuttosto la molteplicità, inducendo le giovani menti a riflettere sul come ciò che è Unico possa essere (per i limiti umani) rappresentato differentemente alle varie latitudini e longitudini; inducendoli dunque a riflettere sulla relatività del valore dei vari tentativi umani di dare un “Nome” a Dio.
Dio, come la Verità, ama giocare a nascondino, e a mettere in crisi ogni presuntuoso tentativo umano di elaborare sistemi utili e forme entro cui “catturarlo” e farlo “mio”; allo scopo di poter poi così dire agli altri fratelli: “io sono migliore di voi; poichè egli è in me, io ne sono il figlio prediletto”!