11 Dicembre 2013, 22:38 - Valeria Piazza [suoi interventi e commenti] |
Sabato 14 dicembre, alle ore 17:00 presso il Circolo Culturale Unione, sito in corso Ruggero 131, verrà presentato il libro del Prof. Arch. Marcello Panzarella "Culotta e Leone a Cefalù". Interverranno: Arianna Attinasi, editore; Santo Giunta, Ricercatore di Composizione Architettonica e Urbana presso la facoltà di Architettura di Palermo, Direttore della collana <<Questioni di Progetto>>; Andrea Sciascia, Ordinario di Composizione Architettonica e Urbana, Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Architettura presso la facoltà di Architettura di Palermo; Valeria Piazza, Presidente "Officine Culturali Costanza d'Altavilla".
Il libro si presenta come un omaggio ai due architetti cefaludesi, Pasquale Culotta e Giuseppe Leone, la loro attività la ritroviamo nelle migliori riviste specialistiche, essa è stata commentata e studiata da ricercatori di fama internazionale, ed è stata esposta in mostre prestigiose, ricevendo premi e riconoscimenti nazionali. Le architetture e gli interventi nel centro urbano di Cefalù sono sotto gli occhi di tutti. Portando i critici a battezzare le esperienze di Culotta e Leone come “La scuola di Cefalù”.
L’autore ci introduce in questo modo al libro: “L’opera e la complessiva testimonianza dell’architettura realizzate dagli architetti Pasquale Culotta e Giuseppe Leone a Cefalù, mi appaiono, adesso che sono concluse, in una luce diversa, come la testimonianza di un tempo irripetibile. Con nostalgia, e anche un certo rammarico per la irrevocabilità del passato, ripenso adesso a ciò che quelle architetture furono capaci di indurre al loro intorno, e a ciò che esse hanno rappresentato per questa città: una grande stagione di crescita, e - nel volgere degli anni - la costruzione di una grande, corale vitalità, un esempio davvero unico e uno stimolo per i tanti collaboratori e per i più giovani amici. Ricordo, non da architetto, ma per essere nato e cresciuto qui, ciò che questa piccola città era sullo scorcio degli anni ’50; un piccolo luogo straordinario che, proprio rispetto all’architettura, si trovava come sospeso in una condizione d’incanto, un misto di rusticità e di verginità naturale. …”
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