Il dramma della FIAT
18 Febbraio 2010, 16:06 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti]
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Costruito nel 1970, lo stabilimento siciliano della della FIAT ha prodotto nel corso degli anni soprattutto Cinquecento e Panda. Oggi lo stabilimento, che impiega 1 400 persone, assembla solo 21.900 Lancia Ypsilon all’anno a partire da pezzi provenienti soprattutto da Torino.
Una volta assemblate, queste devono ancora percorrere 170 km prima di essere imbarcate a Catania per poter raggiungere il vecchio continente. In totale il costruttore, che ha appena accusato 840 milioni di euro di perdita per il 2009, stima che ogni vettura montata nell’unità siciliana costi così a Fiat 1.000 euro in più che sul continente. Un sovraccosto contestato dai sindacati, ma sufficiente per condannare lo stabilimento agli occhi di Sergio Marchionne, che ha fissato la sua chiusura per il 2011 e ha già previsto di assemblare la futura auto che rimpiazzerà la Ypsilon in Polonia.
Giustamente Saro Di Paola notava già nel 2002 che era un grave errore “l’idea originaria con la quale venne progettato uno stabilimento per assemblare autoveicoli con componenti, che, salve pochissime eccezioni, vengono prodotte lontanissimo dallo stabilimento.
Un handicap che sommato ad una innegabile arretratezza dal punto di vista tecnologico, ha finito col determinare nel prezzo e nella qualità del prodotto finito un “gap” che ha tolto competitività sul mercato, non soltanto alla PUNTO che viene assemblata a Termini Imerese, ma a tutte le autovetture prodotte nel territorio nazionale.”
Di quanto sarebbero state pesanti le conseguenze di questo errore oggi lo sappiamo: lo stabilimento chiude e quasi 1.400 operai resteranno senza lavoro. Ancor più: resteranno senza alcuna prospettiva di lavoro, perché a Termini e nella Sicilia tutta non esistono realtà industriali ed economiche in genere, capaci di assorbire questi nuovi disoccupati. E non solo questi, ma anche quelli che genererà l'indotto.
I sindacati protestano in difesa degli operai; la Chiesa, per bocca del suo Pontefice e di molti prelati, si schiera con gli operai e chiede che se ne rispetti il diritto al lavoro, ma non rinuncia al suo 8/1000; i partiti di maggioranza e di opposizione a parole stanno con questi poveretti, ma nei fatti non prendono atto della realtà e quindi tentano di assicurare elemosine, ma non soluzioni vere.
Non sta a me suggerire soluzioni, perché non ne ho la capacità né il potere. E' un compito del Governo regionale e di quello nazionale. Spero che essi seguano quanto detto da Saro Di Paola e si chiedano perché in quel lontano 2002 ebbe ragione di fare le affermazione che trovate più sotto su questa pagina. Lo spero, perché non venga rinviato di qualche mese o di qualche anno il dramma, che certamente scelte demagogiche comporterebbero.
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