Un'artista cefaludese a Bratislava

ritratto di teresa Triscari

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L’Istituto Italiano di Cultura di Bratislava fa gli auguri al nuovo Sindaco.
E lo fa con una mostra di un’artista cefaludese, Monique Dupong, che sarà inaugurata nella capitale slovacca in occasione della Festa della Repubblica Italiana.
E lo fa per rinsaldare quel ponte di dialogo tra Cefalù e la Slovacchia iniziato nel 2009 con la selezione di Angela Di Francesca al Festival “Ars Poetica” di Bratislava.

Fa seguito il testo presente in catalogo:

Le piccole favole di Monique Dupong
Un filo sottilissimo, oscillante tra poesia e sogno, corre silente tra le “poesie di oggetti” di Monique Dupong con un continuo gioco di rimandi, di allusioni e illusioni, di dissonanze e paradossi, con un’intensa sinfonia di linguaggi e di stili.
Artista solitaria, autodidatta, cultrice delle filosofie orientali, alla perenne ricerca di un ubi consistam liberatorio, Monique Dupong si avvicina all’arte d’istinto portandosi, come per incanto, conoscenze quasi prenatali.
Utilizzando tecniche varie - disegno, collages, oli, maquettes - crea immagini che hanno alla base il mistero, che sono trame impossibili, illogici accordi sequenziali che provocano inquietudine, sgomento, timore verso l’ignoto dove l’ironia è solo un escamotage per superare l’angoscia. Soggetti e oggetti, in apparenza senza relazione alcuna tra di loro, sembrano vagare nello spazio, emergere dallo sfondo e soffermarsi sulla soglia per indicare vie sconosciute. Costruzioni e decostruzioni, architetture della mente, piani estremi dove gli spazi aperti e gli orizzonti alla De Chirico si fondono con le presenze metafisiche dei luoghi dello spirito, in una felice sintesi di semantismi poetici e strutturali.
Un’eterofonia di sfumature, di suoni e richiami surrealistici, un viaggio alla Buňuel ne ”Il fantasma della libertà”.
Il colore, la ricerca di consolazione, il bisogno di superare la solitudine, quando non addirittura il dolore, portano Monique a giocare con le sue bambine sulla riva del mare alla ricerca di tutte quelle “cose” – pietre, pietruzze, ricci, conchiglie, legni e legnetti, spugnosità delle pale di fichidindia, - che il mare restituisce dopo averle carpite e poi levigate nel suo impetuoso e quasi voluttuoso abbraccio
L’artista inizia così, con disegni di marine e costruzioni di oggetti (le sue famose maquettes fatte di quelle “cose” che il mare restituisce) che raccontano piccole, interminabili favole. Le favole dell’essere, il mistero della realtà nella lucida enigmatica visione dell’inconscio. Immagini per esplorare se stessi ed interrogare il mondo, estrapolazioni arcaiche di segni che rimandano al sensibile. Con Monique la razionalità si ritrae, la logica si ripiega su se stessa. Accostamenti dissociativi, composizioni assurde, situazioni in bilico tra l’onirico, il grottesco e la più fervida immaginazione, tutto nella diafona recettività dell’artista che trasferisce nell’immagine il pensiero visibile. Oggetti quasi banali, sapientemente incastonati in scenografie al limite del concepibile, risvegliano ricordi assopiti nei più remoti angoli dell’inconscio e le visioni oniriche acquistano, così, tangibilità con simboli e segni che turbano e inquietano lo spettatore. L’inconscio ne sprigiona la bellezza onirica, fonte di mistero, e la prontezza mentale ne carpisce il senso.
Sono opere, sono filastrocche, quelle della Dupong, che non appagano per una bellezza classica ma che stimolano l’istinto nella ricerca della propria profondità. Un gioco di quinte e fondali nel teatro dell’esistenza, proprio come ne “La cartella”- una delle sue prime maquettes surrealiste - dove un sipario teatrale incornicia il mondo e la vita, tra finestrelle di pseudo oggetti che si trasformano e trasmigrano verso un altrove indefinito o come “La maschera” dove Pirandello e Jonesco vivono e convivono.
Un mondo di equilibrismi, di giochi a incastri, di ironie dissacratorie, un unicum espressivo, un teatro della realtà dove “Il vigile” adocchia un viso femminile bofonchiando “Ma questa donna è un vulcano!” e “Il fauno” si muove indeciso - il fauno, sì! - tra “La fumatrice” e “La donna in giallo” e non solo….e dove un felliniano “Ciak si gira”e un “Marinaio”, quasi il Palomar di Italo Calvino, osservano “Nature fragili”, molto fragili, quasi “Appoggiate al vento”……! Un teatro della realtà calato nella magia di una cifra linguistica che vibra musicalmente i colori; un teatro dell’assurdo tra i cui personaggi si potrebbe immaginare qualche possibile relazione, qualche speranza di peccato…… Una surrealistica introspezione dell’io nell’esplosione di arte, filosofia, psicoanalisi, fiaba. Il corpo, tempio dell’essere, acquista valenza simbolica e l’astrazione dell’anima prende forma fino a mettere le ali e sollevarsi, in alto, sempre più in alto come “La piccola fiammiferaia”di Andersen che grida “nonna, portami con te!”. Il tutto sempre proteso verso la ricerca della libertà. Il tutto sempre tremulo sull’acqua come le ninfee di Eminescu.
Essere o non essere? Ironia o sogno? Illusione o dolore? Monique non lo sa.
“Queste sono le cose che faccio io, non so se sono belle, a me però piacciono ….., io campo di questo!” Monique, più o meno, ti dice questo.
Nel ristretto territorio della sopravvivenza d’immagini, il sentimento estetico del sapere filtra la mente e ne riversa l’evanescenza nel pensiero visibile, l’unico possibile, l’unico concepibile, l’unico presente in mostra, per un viaggio a ritroso nella profondità oscura di un io, soggetto e oggetto nel puzzle dell’inconscio, tra la poesia di Calderon de La Barca di Garcia Lorca e le suggestioni fantasmagoriche di un Buňuel.
L’artista parte così da un’esperienza casuale e personale per approdare a ricerche più complesse e armoniche alla cui base c’è una costante ricerca di leggerezza, di equilibrio e, soprattutto, di elevazione. Una ricerca che si trasforma in poesia e che avvicina Monique ora al surrealismo, ora al dadaismo, ora al fauvismo, con rimandi a Magritte e Dalì; a Picabia, Kurt Schwitters, Jean Arp e Baj; ma anche a Matisse e Paul Klee, e non solo.
Di notevole suggestione poetica i suoi accostamenti o le sue metamorfosi in cui combina, nel medesimo quadro, cieli diurni e paesaggi notturni; accosta, sospesi nel cielo, una nuvola e dei palloncini di pietra che si alzano leggerissimi trasformandosi in cuoricini che mandano mille baci.
Sempre aspetti oniricamente assurdi, doppi o bivalenti, dove l’inquietudine lascia la sua traccia nell’invisibile grafica dei segni dell’anima.
Noi che scriviamo “campiamo” anche di questo.

Teresa Triscari
Direttore IIC Bratislava

ritratto di Salvatore Culotta

Oltre questa bella

Oltre questa bella presentazione mi sarebbe piaciuto veder pubblicate anche alcune opere. Comunque grazie.

ritratto di teresa Triscari

Da Bratislava

Pare ci siano problemi tecnici con la pubblicazione delle foto.
Comunque riceverai al più presto possibile il catalogo con un cordiale ringraziamento per le tue parole. Ciao, è stato un piacere conoscerti

ritratto di Salvatore Culotta

Ti ringrazio, comunque ho

Ti ringrazio, comunque ho avuto uno sprazzo di genialità e ho cercato in rete delle immagini, naturalmente trovandole. Riguardo alla nostra conoscenza mi piace ricordare che anni fa portavi a mio padre francobolli esteri, che ancora conservo.

ritratto di Staff

Alcune opere di Monique Dupong

ritratto di Salvatore Culotta

Sono più che sodisfatto, ma

Sono più che sodisfatto, ma non al 100% : mi piacerebbe vederle, dal vivo, in una mostra entro un confacente spazio con un adatto allestimento.

ritratto di teresa Triscari

Cefalù fuori le mura

La mostra, qua a Bratislava, verrà inaugurata il 2 di giugno, in occasione della Festa della Repubblica, presso le splendide sale del Ministero della Cultura, site nel cuore del centro storico della Città, alla presenza di alte autorità dello Stato.
La mostra vuole essere un omaggio al nostro Sindaco, alla nostra cittadina di cui sono fiera cultrice, e intende valorizzare le nostre risorse.
Comunque, accetto il tuo guanto di sfida e mi adopererò per realizzarla, appena possibile, nella nostra Cefalù magari insieme ad altre manifestazioni tese a coniugare i fasti del passato -"Gli dei e l'Antonello da Messina", come diceva qualcuno - con il presente e il futuro della nostra cittadina nella quale io, come te, come tuo padre che mi hai ricordato con piacere, crediamo.
E tu mi aiuterai, ovviamente,in quest'azione che, mirando alla crescita delle conoscenze della cultura e dell'arte, favorirà la qualità e lo sviluppo delle relazioni sociali, economiche e politiche del nostro terrritorio.
Insomma, per ricalcare il titolo di un'opera di Steno Vazzana, dobbiamo impegnarci a portare "Cefalù fuori le mura".
A te piace l'arte, "Il grido" di Munch ne è prova. E a me pure

Ciao, promossa?

ritratto di Salvatore Culotta

Io non promuovo...

Io non promuovo, non do voti, posso solo aiutare e lo farò con interesse e piacere se e quando ce ne sarà bisogno. A presto.