Sgarbi, Socrate e Gesù.

ritratto di Angelo Sciortino

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Ieri sera piazza Duomo ha vissuto la sua ora di gloria. Di colpo qualcuno le ha dato una dimensione storica ineguagliabile; di colpo questo qualcuno l'ha trasformata in quella piazza, che condannò Socrate, o in quell'altra, che salvò Barabba e condannò Gesù.
Novello Aneto, ha lanciato le sue accuse non soltanto contro chi è responsabile delle sue disavventure, ma anche contro chi non ne ha.
Ha lanciato accuse contro il Presidente Napolitano, al quale la Costituzione affida soltanto un ruolo notarile sugli atti governativi. In tale sua funzione, il Presidente deve comportarsi come il notaio, che autentica la firma apposta su una dichiarazione, ma non giudica tale dichiarazione. Guai se non fosse così! Sarebbe la morte delle Stato democratico e liberale, perché al Presidente verrebbero affidati compiti che contrasterebbero con il principio della divisione dei poteri. Sarebbe un ritorno allo stato assolutistico di Luigi XIV o a quello totalitario di Stalin e Mussolini.
E Sgarbi ieri sera ha implicitamente chiesto tale ritorno. Lo ha fatto, tra l'altro, seguendo una sua ormai inveterata abitudine, che è quella tipica dell'uomo di spettacolo alla ricerca del battimano.
Non si è limitato a criticare, ma anche ad affibbiare epiteti o soprannomi, secondo lui, e secondo certi palati poco sopraffini, divertenti.
Ma non ci vedo niente di divertente a sentire definito “pizzaiolo” il Presidente della Repubblica. Non lo trovo soltanto offensivo nei confronti di tutti gli Italiani rappresentati dal loro Presidente, ma anche sbagliato, se con tale definizione si voleva accomunare Napolitano agli altri “pizzaioli” di sgarbiana memoria, rei – sempre secondo Sgarbi – di una persecuzione contro di lui e, quindi, contro la Sicilia.
Sbagliato, perché egli, lo Sgarbi grondante cultura da tutti i pori e persino da ogni ciocca della sua fluente chioma, non può disconoscere che il Presidente e tutte le altre Istituzioni da lui attaccate con virulenza hanno garantito la libertà dell'Italia del Dopoguerra. Che poi questa libertà sia stata usata male da gran parte degli Italiani è profondamente vero, ma ancora più vero è che Sgarbi stesso la usa male. Così male, da appellarsi come Berlusconi alla vox populi, a quella voce che, non mitigata dalla ragione e dalle Istituzioni, condannò Socrate e Gesù.
Ecco perché non voterò mai Sgarbi e considererò sempre le sue effervescenze oratorie non un'offesa a una fantomatica morale comune, ma un attentato alla mia libertà e alla mia intelligenza.