Amarci di più vuol dire salvaguardare quei piccoli gioielli che abbiamo svenduto, o affidato ... L’idea è: Cefalù

ritratto di Pino Lo Presti

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come un “unico bene".

Questo il resoconto della seconda parte dell’incontro, dell’altro ieri, alla sala delle Capriate...

... quella in cui l’ass.re Patanella presenta la sua Idea di politica turistica per Cefalù.

Passerei quindi, come continuazione del ragionamento sin qui fatto, a motivare e a illustrare la ragione per cui vi ho voluto qui oggi.

Vado su google - il primo motore di ricerca in Internet -, e digito la parola “turismo-mare”, sfoglio le pagine, una per una, del risultato della ricerca, e, soltanto dopo 24 pagine, spunta il nome di Cefalù. A questo punto, dico: forse ho digitato le parole sbagliate (?), e scrivo: “vacanze-mare”. Sempre alla 24ª pagina, spunta il nome di Cefalù. A questo punto, circoscrivo la mia ricerca e scrivo “Sicilia mare”, e trovo Cefalù dopo otto pagine. Scrivo “Sicilia-cultura” e Cefalù è solo dopo 22 pagine.
Credo che questo sia piccolo esempio che tutti potete sperimentare.
Ci siamo, forse, conosciuti prima sui blog e dopo di persona, con molti di voi; devo dire che, su questo settore - internauta -, Cefalù è molto viva. È facile comprendere, a tutti, come se oggi tu non sei nelle prime due pagine di qualsiasi motore di ricerca, che, per il mondo, non esisti.
Io (che sono pronto e disponibile a partire perché ho avuto quella settimana di ferie, perché ho trovato quel buco da passare - dei giorni - da passare con la mia famiglia o senza, spensieratamente, in qualche posto del mondo, un momento di felicità), la prima cosa che faccio, oggi, non è andare in una agenzia di viaggi (cosa che succedeva prima e che, probabilmente, continua a succedere da una certa fascia di età in su), ma certamente chi oggi sta dentro quel reting, che va dai 14 ai sessant’anni, va su Internet, e, nelle prime due pagine, le località che io individuo sono quelle che, nel 99% dei casi, vado a scegliere. Credo forse che, per avere Cefalù nella prima pagina, dovrò digitare “rocca”, “Cefalù-mare-cultura”, “splendido posto”, cioè dovrò digitare tali e tante di quelle parole da arrivare a “Cefalù”; il che significa però che ho già deciso di venire in questa città, e stò semplicemente cercando la location ideale per dormire e mangiare.

Dico questo perché, se noi siamo fuori dal mercato globale, e nonostante ciò manteniamo intatte le presenze dei turisti, che però - letta nel dettaglio - ci accorgiamo che perdiamo, in turismo di qualità, per il 50% (che è il turismo inglese, e questo non perché io amo particolarmente gli inglesi, ma perché gli inglesi sono coloro che vengono in Italia ancora per cercare arte, cultura e culinaria, mentre i popoli del Nord vengono in Italia per spaghetti, chitarra e sole e mare), e invece vedo raddoppiata la presenza dei tedeschi, dei russi, degli svedesi e dei popoli del Nord, comprendo che probabilmente nel loro immaginario è presente ancora la Cefalù del Village Magique, la Cefalù “perla dello Ionio”; e vengono a cercare questo luogo per la fama che ha acquisito in altri tempi.
Ma siccome credo che nessuno possa dormire, oggi, sugli allori, perché il turismo non ha nulla di diverso...Il turismo mondiale (cioè la capacità di trasportare persone da un luogo all’altro) purtroppo - me ne dolgo per primo io -, non ricerca, nelle sue forme organizzate, “u ciauru”, che è una cosa bellissima e che tutti dovremmo recuperare e avere, ma ricerca la possibilità di dare i cosiddetti pacchetti “chiavi in mano” al turista, per far sì che lui paradossalmente si sposti per sentirsi “sempre a casa”, e quindi coccolato. Dico “purtroppo” perché questo lo porta a spostare masse di persone da un luogo all’altro semplicemente sull’aspetto della convenienza economica, senza guardare minimamente invece alla convenienza culturale e dell’anima del soggetto che viene spostato. Allora se il turismo ha assunto questa dimensione, capite bene che, così come le industrie tessili, le industrie manifatturiere, il mady italy, si sono trasferiti, di sana pianta, in Cina (perché, là, costa pochissimo la manodopera, e per le altre ragioni che non vi sto a dire perché le conoscete benissimo), lasciando sul lastrico centinaia di fabbriche e migliaia di operai (l’ultimo l’esempio della Fiat di Termini Imerese, ma è veramente l’ultimo problema rispetto a tutti quelli che ci sono stati negli ultimi due anni).
Lo stesso inevitabilmente succederà con il turismo. Non a caso, quando digito “Sicilia-mare”, nella prima pagina, trovo “case vacanze Marina di Ragusa”; perché lo trovo nella prima pagina? Perché grazie a un telefilm, una serie televisiva (che è stato “il commissario Montalbano), si è riusciti intelligentemente a veicolare le immagini più belle di quei luoghi, e si è creato, piano piano, un prodotto assolutamente nuovo e competitivo (attraverso la esistenza di quello che è il “mezzo di comunicazione” più usato, cioè la televisione): la realtà di Noto, di Ragusa, la loro cucina, il loro Barocco, la loro splendida accoglienza!
Se questo è l’esempio che ha dato risultati, non vedo perché non Cefalù (che ha tutto quello che abbiamo ascoltato prima, ma ha di più - ed è questo il motivo per il quale il mio collega di Petralia l’ho voluto qua, e lo ringrazio) che ha la possibilità di offrire uno sposalizio tra mare e monti, davvero unico.
Io l’ho trovato soltanto a Creta, e in alcune zone della Grecia, questa capacità di unire i monti con il mare; non a caso insomma la Sicilia è stata scelta dei greci come luogo, perché evidentemente ricordava molto la loro terra: forse primi turisti, forzatamente, dell’epoca.
Allora, se è questo il percorso che è stato intrapreso per valorizzare le risorse di un territorio, utilizzando canali innovativi, perché noi, a Cefalù, dobbiamo fermarci a godere semplicemente della fama creata negli anni ‘50, e non puntare a sperimentare dei nuovi percorsi attraverso l’intento comune di promuovere per creare ricchezza: ma, promuovere per “conservare” la cultura di un posto, perché la ricchezza non può e non deve distruggere la cultura e la tradizione ma anzi deve essere motivo per sorreggerla, perché quel “ciauru”, di cui parlavamo prima, se con quella ricchezza io riesco a sostenere quel “ciauru”, avrò fatto un servizio per la città, per i cittadini, ma soprattutto - come dicono gli indiani - per restituire ai nostri figli quella terra, che noi abbiamo avuto solo in prestito, integra è, probabilmente, migliorata. Allora, come fare questa cosa? Ho immaginato, ed è questa cosa che voglio sottoporvi perché ,da un dibattito, possano nascere soluzioni anche migliorative. Perchè ho un difetto: non mi innamoro delle mie idee, però amo discuterne, e questo, forse, all’interlocutore può rendere noiosa la mia presenza. Spero che non sia questo il caso.

L’idea è quella di, intanto, di “amarci” di più. Amarci di più vuol dire salvaguardare quei piccoli gioielli che abbiamo svenduto, o affidato al sacrificio del volontario di turno.

- Giuseppe Calabrò

Io ringrazio - l’ho conosciuto oggi (lo conosco, come “mito”, da tre anni) il volontario del comune di Cefalù che quotidianamente apre la rocca ai turisti - perché possano avervi accesso -, in maniera del tutto gratuita. E, quindi, colgo l’occasione per ringraziarlo per il suo senso di responsabilità, con il quale mantiene questo baluardo, forse come l’ultimo dei giapponesi ha fatto durante la seconda guerra mondiale! Ma, al contempo, dico: è giusto che i nostri luoghi, i vostri luoghi (che io sento “miei” per avere trascorso qui la mia infanzia, la mia adolescenza, e, oggi, sento, come comune e come amministrazione, di rappresentare), come il lavatoio e il , come i vicoli, uno per uno, diventino, da aprile a ottobre, “vespasiani” all’aperto, o motivo per scambiarsi effusioni e lasciarne traccia sulla pietra viva che ha secoli di storia, perché nessuno - per primo il comune (non ho problemi a dirlo) -, non se ne cura? A questo punto, fattami la domanda, mi tocca dare la risposta. Risposta che ho già preannunciato più volte ma che oggi voglio completamente esporvi.

L’idea è quella di considerare Cefalù, per la sua salvaguardia e per la sua sopravvivenza artistica e culturale, un “unico” bene. Da qui, l’idea del professore Pes che dice: se vuoi essere città d’arte e conservarti, ed essere individuata e tutelata, come tale, dall’Unesco - perché, negli anni, sei stata laboratorio d’arte e di cultura -, per fare questo però, oggi, gli investimenti sono notevoli; ci sono investimenti innanzitutto che si devono fare sul piano della istruzione e della formazione, cioè creare, nei nostri studenti, una cultura di accoglienza e di rispetto ( sempre meno fanno le famiglie e che sempre più delegano alle scuole), e quindi è da lì che dobbiamo partire per una sana promozione dell’accoglienza! Poi, dobbiamo creare delle strutture che abbiano la forma di società, di associazione - che abbiano comunque un loro carattere organizzativo che possiamo scegliere insieme -, ma che faccia comprendere, anche sotto il profilo economico, che è importante a Cefalù che il turista, una volta che arriva, in qualsiasi forma esso arrivi, organizzata o libera, trovi qualcuno pronto a prenderlo per mano e lo conduca, per queste strade, facendogli godere e spiegandogli, facendogli apprezzare, raccontandogli, facendogli vivere le sue esperienze, ma che al contempo gli spieghi che è bene che il sassolino che si trova in quel posto, resti lì dov’è; che quella pietra non venga imbrattata, perché questo, innanzitutto non è un segno di civiltà (e, poi, a casa sua, lui certamente non lo farebbe; perché lo deve fare qua a casa nostra?). Questo però ha un costo, un costo che, in questo momento (mi fa piacere che c’è il consigliere Lapunzina; ieri, leggevo su un sito, “Come fa Lapunzina”?. Non è il solo - e lo ha ricordato il consigliere Franco -, non è il solo che faccia opposizione, non è il solo, stia tranquillo - neanche tra i banchi della maggioranza e dell’amministrazione - a continuare a credere che qualcosa possa cambiare, e che “debba” cambiare! C’è chi questa volontà la mette in maniera più fervida e chi probabilmente la costruisce giorno per giorno. Dico, ringrazio il consigliere Lapunzina per la sua presenza, perché è un segno dell’interesse che il consiglio comunale pone a quelle che sono le iniziative prese dall’amministrazione. Ed è con loro che vogliamo dialogare: con questa parte - non si capisce se di “opposizione” (perché, obiettivamente Cefalù è strana, sotto questo profilo) ma sicuramente, spero, di collaborazione -, per trovare la forma associativa migliore perché si possa gestire (è un vocabolo che purtroppo utilizza il Codice dei beni culturali - a me non piace, che si possa “valorizzare” è quello più adatto) al meglio la città di Cefalù.

Cosa immagino? Intanto, un percorso, all’interno del Parco archeologico della Rocca, allestito, sistemato, con una manutenzione continua; e, questo, ha un costo e quindi non può che porsi un biglietto per l’ingresso, in questo splendido Parco! È l’unico Parco archeologico dove non si paga per entrare. Lo stesso, ritengo, per il Lavatoio; lo stesso ritengo per il Bastione e tutti gli altri beni che si trovano. Ma, vado oltre: penso addirittura ad un ticket - come è stato fatto per le isole Eolie e per altri luoghi del mondo -, di un euro per chiunque entri nel Centro storico (ad esclusione ovviamente dei cittadini e di chi vi lavora - questo mi sembra ovvio ed evidente -; lo dico a chiare lettere perché Cefalù, prima di tutto, è dei Cefaludesi), per tutti quei turisti, un ticket; che non significa “una ulteriore tassa”, un ulteriore modo di “vessare”, ma significhi innanzitutto: “tu lasci, nel tuo passaggio, questo ticket perché noi possiamo continuare a conservare questa città, come tu ora stai trovando”, perché altri, dopo di te, possano goderne.

La forma organizzativa.
Il Codice dei Beni culturali sostiene che questo possa farsi attraverso un Bando ad evidenza pubblica, dandolo a soggetti che ne abbiano le caratteristiche previste per legge. Dico subito che, perché ciò si possa fare, è necessario che il Consiglio comunale, innanzitutto, approvi il Regolamento sulla gestione dei beni immobili del Comune stesso, e, quindi, presto. Sò bene che c’è un passaggio che si deve compiere - nella sua sede deputata: quella del Consiglio comunale -, perché si possa procedere a un Bando, però, siccome sono sereno e credo che responsabilmente il Consiglio comunale farà la sua parte, mi preparo, subito dopo, a stabilire i criteri di selezione, e, quindi, ad approntare quel Bando che ci possa condurre ad affidare, a professionisti seri del settore, questa gestione.

Come sono strutturati i bandi pubblici per l’affidamento dei servizi cosiddetti “aggiuntivi”?
Si compongono di due parti. La prima, dell’offerta, è squisitamente economica. Cioè: la società che partecipa dirà quale percentuale, al rialzo, offre al Comune - che è l’Ente, appunto, che va a intervenire -, per ottenere l’appalto. Mediamente, noi ragioniamo su offerte che vanno dal 30 al 50%. Diciamo “mediamente” perché poi, lì, scaturisce - questo - dalla seconda parte del Bando di gara, e cioè la parte delle “offerte progettuali” per la gestione del bene. Oggi, un soggetto che partecipa in forma associata o singola, come onlus o ente di lucro, o anche ente pubblico (perché non sono esclusi gli enti pubblici che abbiano queste caratteristiche di parteciparvi), di dare la sua “idea progettuale” di gestione.

È, attraverso una “griglia” che possiamo stabilire (anzi io chiedo di stabilirla insieme a voi), quale sia il punteggio da attribuire. Se noi diamo per buono che il 50% del punteggio, cioè 50 punti - dato per buono 100 -, è da attribuire all’offerta al ribasso, attraverso un’equazione matematica che è molto semplice (se uno offre 40 e l’altro offre 30, e sono due i partecipanti, la differenza sarà di 10 punti tra l’uno nell’altro) se concorrono più concorrenti, questo margine va a diminuire. Invece, per l’altro 50% cioè gli altri 50 punti, si crea una griglia di valutazione, fatta di cinque (le stabiliamo insieme) fasce da 10. Mettiamo, per semplicità, cinque fasce, dove 10 punti io li offro alla, per esempio, “esperienza” del soggetto, quindi alla sua capacità economica ma anche a un suo pregresso storico e curriculare; 10 punti li offro alla “valorizzazione delle risorse culturali” piuttosto che al “mare”; più ad un percorso che vada verso il Centro storico e la cultura piuttosto che a quello della “valorizzazione del mare”. Altri 10 punti io li attribuisco alla capacità di coinvolgimento delle maestranze e dei soggetti cefaludesi, siano essi associazioni, siano essi soggetti singoli. Questo perché evidentemente la ricchezza rimanga non solo nelle tasche del comune (dirò poi cosa ne faremo, cosa penso di farne), ma rimanga direttamente anche ai cittadini cefaludesi. Altri 10 punti, ipoteticamente, possono essere attribuiti al numero di manifestazioni di carattere internazionale che si impegnano a fare ogni anno i soggetti gestori; ed infine, altri 10 punti ai curriculum personali degli operatori che vengono coinvolti.
Questa è una griglia, diciamo, “di base”, secondo uno standard classico che è stato offerto per musei, castelli o altri beni di natura demaniale. Ma tante altre voci possiamo inserire e discutere senza difficoltà, e, qui, ecco, mi affido a chi fa questo lavoro giornalmente, cioè agli albergatori, ai ristoratori che probabilmente ritengono di volorizzare chi abbia capacità organizzative nel produrre, per tempo, il cosiddetto encoming, cioè - tre mesi prima - quanti mesi mi vieni a occupare e quanti sei capace di occuparmene? Aggiungo, “chi ha la capacità di destagionalizare” rispetto a chi, invece, fa turismo soltanto nei 3/4 mesi l’anno fondamentali. Tutto questo ovviamente, coloro che partecipano alla gara, dovranno dirlo, dovranno raccontarlo, e non in due paginette ma dando esempi concreti e capacità di progettazione.

Cosa succederà?
Se è vero che ci sono 587 mila presenze - questo è il dato che ci viene offerto da chi giornalmente ne raccoglie gli arrivi (e io credo che questo dato debba essere - e qui mi potete essere di conforto vuoi - incrementato di almeno altri 100/150.000 presenze -, date - ed è una stima al ribasso - da chi si affitta le case vacanze ma non lo dichiara, e così via) -, se questi sono i numeri, cioè 700.000 visitatori l’anno, con un euro d’ingresso già noi parliamo di un introito di € 350.000, nella migliore delle ipotesi, (il 50% viene rimesso nelle casse comunali), e,perlomeno (perché la statistica, fatta dal Ministero dei Beni Culturali, di “spesa effettuata” da un turista dentro un museo o dentro un castello qualsiasi o un parco, il più visitato in Italia, è di quattro ero e 20 centesimi a turista), se io moltiplicò 4 x 7, raggiungo 28; noi cioè abbiamo la possibilità di pensare - anche lì, nella più rosea delle previsioni -, a € 1.400.000 che entrerebbero nelle casse del comune. Capisco che mi si può obiettare dicendo: ma scusa “se questi sono i numeri, perché sacrificare metà degli introiti per darli a un privato e non lo fa il tuo comune e non te ne appropri direttamente tu, e non vai a creare le professionalità per fare questo”?

La risposta è altrettanto semplice, come è facile la domanda: il Comune non ha sufficienti risorse e personale per farlo; aggiungo: dovrebbe investire tanto sulla formazione dello stesso personale, perché non ti inventi, dall’oggi al domani, “operatore turistico”, non ti inventi, dall’oggi al domani, “esperto nei servizi aggiuntivi”. Anni e anni e anni di formazione. Io faccio una domanda semplice, scusate, “quando voi assumete una persona per lavorare da voi, nel 90% dei casi, è vero o non è vero che lo dovete formare di sana pianta, perché difficilmente voi trovate personale già qualificato e formato? Ma non perché il cittadino, il ragazzo non ha la buona volontà ma perché purtroppo..., Io, per primo, ho studiato all’università Giurisprudenza, e, uscendo, mi sono dovuto andare ad imparare, di sana pianta, la professione di Avvocato, perché un conto è quello che trovavo sui libri, un conto è quello che trovavo nelle Aule giudiziarie. Perché tutto il mondo della professione è diverso dal mondo dei libri, ed è inevitabile - è un dato di fatto! Per carità, pronto ad essere smentito, ma io parto da un’esperienza personale e da un’esperienza che sento raccontare da tanti imprenditori, miei clienti, che mi dicono... Oggi, paradossalmente, faccio un piccolo inciso: in Sicilia non è che manca il lavoro, manca “cu vuoli travagghiari”! Perché il ragionamento è: prima mi danno lo stipendio, e, poi, se vuoi che lavoro, mi devi pagare. Magari dirò una cosa sfrontata, volgare - quello che volete -, ma è quello che molto spesso riscontro in chi fa impresa, in questo momento. E di contro - è triste -, dall’altro lato, tantissimi lavoratori qualificati che non riescono a mettersi nel circuito per questa cultura che tende a sfruttare il bisogno e a non valorizzare invece le risorse di chi è preparato; che tende, con il bisogno, ad imporre il meno preparato rispetto chi ha più capacità. Per primo, come politico, sono tenuto a fare il “mea culpa”, però ritengo che tutti dobbiamo dare un contributo perché questo cambi.

Detto questo, sul tavolo c’è quindi questa proposta, che porterebbe alle casse, nella migliore delle ipotesi, 1 milione e mezzo, l’anno, di introiti, se questi sono i numeri!

Di un milione e mezzo, cosa ne fai? Fai intanto due cose: uno, crei quel volano di iniziative, atte a destagionalizzare il turismo, cioè a dire, utilizzi quelle somme, in parte, per creare, a gennaio, febbraio, marzo e poi ottobre, novembre, dicembre, dei grossi eventi stabili. Perché quanto va in questo introito - e ci puoi contare per quattro anni - li vai a dedicare a degli eventi che destagionalizzano! Sono di forte richiamo, di forte impatto per chi in l’Italia, in tutta l’Europa, ed anche oltre, viaggia in periodi diversi da quelli soliti, che viaggia per il turismo congressuale, che viaggia per conoscere altre parti del mondo, partendo da un’idea iniziale che è quella, per esempio, della ricerca di questo o di quel particolare - “i collezionisti di luoghi”, io li chiamerei -, che, quindi, si confrontano, e confrontano, gli spazi per imparare. E, questi, molto spesso viaggiano fuori dal classico periodo estivo, perché vogliono incontrare meno gente, perché si fermano di più, perché molto spesso sono più ricchi di chi viaggia nel periodo classico; e sono questi quelli che garantiscono la continuità economica e occupazionale del luogo in cui si recano.
Allora, parte dei fondi può essere utilizzata per questo. L’altra parte è evidentemente per conservare, giorno per giorno, i beni che esistano.

Io dico una cosa forte - che il professore Pes, che è mio amico, mi ha sconsigliato di dire - ma io la dico perché ho anche il difetto che, quando credo in una cosa, non ho motivo di non parteciparla agli altri. Io ho conosciuto il professore Saja, qua, a Cefalù (ci siamo conosciuti all’ Auser, credo, dove mi avevano invitato) e lui mi racconta una storia che io non conoscevo - confesso la mia ignoranza -, di un personaggio dell’ottocento Aleister Crowley che qui, a Cefalù, ha fatto “vento e tempesta”. Non interessa cosa - a me personalmente - lui ha fatto o cosa lui ha lasciato, o cosa lui ha tolto a Cefalù; sò che però c’è una casa che sta cadendo, e che molti cittadini d’Europa vengono a visitarla per conoscerla. Il Comune ha o non ha il dovere di recuperare questo bene, se questo bene è di interesse mondiale, per una fascia di turisti che quà portano ricchezza? Allora - sò che è una cosa impopolare, ma - è un intervento da fare su un bene storico dell’ottocento! Pensiamo di farlo? Lo facciamo! Pensiamo di non farlo perché ancora alcuni spauracchi, alcune storie servono ad addormentare il cervello e la coscienza di qualcuno? Il professore mi ha detto: vedi che Cefalù è “mondo di chiesa”, Crowley è tutt’altro che “chiesa”. Io ne parlo come colui che vuole valorizzare tutti gli aspetti turistici, dalla Rocca, come patrimonio, fino anche a quelli che probabilmente ci piacciono meno ma sicuramente piacciono al turista che viene quà soltanto per vedere “quelle cose”.
Lo dico in forma assolutamente laica!
Aggiungo quindi che se, su questo percorso, noi oggi cominciamo un dibattito, e vogliamo proseguire, io sono ben felice di farlo insieme. Se, invece, si dice: “no, questo non va bene e c’è quest’altra alternativa ...”, pronto a discuterne, a sedermi al tavolo. Se mi si dice soltanto: “no”, io non sono persona, e il maestro Bonavri lo sa, che si ferma davanti a questo!

Quindi, vado avanti comunque, assumendomene le responsabilità, oneri e - spero - anche l’onore!

Da questo momento si è dato, quindi, spazio agli interventi, che sono stati numerosi e improntati a serietà. (ne riferiremo a breve)

ritratto di Leonardo Mento

Forse non vengono perchè la cercano nel mar Ionio

"presenza dei tedeschi, dei russi, degli svedesi e dei popoli del Nord, comprendo che probabilmente nel loro immaginario è presente ancora la Cefalù del Village Magique, la Cefalù “perla dello Ionio”; e vengono a cercare questo luogo per la fama che ha acquisito in altri tempi."

Ma Cefalù non era la perla del Tirreno??

ritratto di Pino Lo Presti

Proprio così

Non è un errore di trascrizione; certamente un lapsus scusabile dell'assessore; volendo - simbolicamente - potrebbe essere colto come segno di una qualche "distanza", ma solo in una prospettiva polemica, certamente però inopportuna; la serietà (o - se si vuole - la "gravità") dell'intento di Patanella - a mio avviso - necessiterebbe di una maggiore "cogenza" delle osservazioni, a cui - ne siamo certi - lei contribuirà.

ritratto di Leonardo Mento

Caro Lo Presti

Che l'assessore Patanella si sia confrontato è un fatto positivo, con quali risultati si vedrà. Non mi sembra che siano stati affrontati le questioni basilari che evidenziava, se non ricordo male, Tumminello. Sono curioso di conoscere il contenuto e proposte dei vari interventi.