Le punizioni di Ruggero - parte IX: il Liceo Mandralisca
5 Febbraio 2012, 17:23 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti]
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Quando il gruppo, con in testa Ruggero, entrò e cominciò a gironzolare per i corridoi, regnava un silenzio quasi irreale.
Dopo aver percorso tutto il corridoio del pianterreno, salirono al primo piano, dove regnava lo stesso silenzio del pianterreno. Un silenzio che fu rotto da una voce femminile, alterata e stridula. La voce proveniva da una delle aule vicine. Guidati da quel frinire di cicala in un mezzogiorno di agosto, il Re e il seguito si avvicinarono ancor più alla porta ed entrarono, invisibili tutti e cinque.
Un ragazzo stava in piedi davanti alla sua insegnante, che con una mano gli cercava qualcosa fra i capelli: “Hai un “forforo” (!) fra i capelli. Fermo, fammelo prendere!”
Il ragazzo era rosso in viso, dov'era disegnata una smorfia di disgusto, perché non sopportava quelle mani gonfie e rosse, sporche e untuose, fra i suoi capelli. Per fortuna il “forforo” finì presto tra le armi micidiali dell'insegnante, il suo pollice e il suo indice, e la tortura terminò. Terminò, ma per lasciare spazio alla continuazione di quella che l'aveva preceduta: l'interrogazione.
“Allora, dov'eravamo?” disse l'insegnante.
“Qui!” rispose il ragazzo.
“Lo so ch'eravamo qui. Voglio che mi ricordi che cosa ti avevo chiesto prima che quello stupido “forforo” ci distraesse.”
“Mi aveva chiesto la definizione di seno” disse il ragazzo.
“Ah, bravo! Dimmela, allora.”
“Ma gliel'ho già detta prima che il “forforo” c'interrompesse.”
“Ah! L'hai detta bene?”
“Certo che l'ha detta bene!” disse uno degli ultimi banchi “Io stesso non avrei saputo fare di meglio!”
“Silenzio! Silenzio o vi faccio rapporto!” Poi, rivolta al ragazzo “Vai a posto! Hai meritato un otto meno. Ricordati, però, di non farmi vedere più quei “forfori” schifosi. Compra uno shampoo adatto, perché ti controllerò la capa ogni giorno.”
Mentre lo sguardo dell'insegnante esperta in tricologia più di un parrucchiere vagava tra i nomi del registro, per cercare la prossima vittima, suonò la campanella di fine lezione.
In un attimo tutti scattarono in piedi e prima che l'insegnante pronunciasse un fiat furono fuori dall'aula.
Uscirono anche Ruggero e gli altri, mischiandosi fra quei ragazzi festanti e schiamazzanti, simili a galletti in un pollaio.
Era l'ora della ricreazione e tutti si riversarono nel piccolo parco antistante la scuola. Si formarono tanti crocicchi, dove tutti parlarono, parlarono e parlarono. Mandralisca, più degli altri, ascoltava.
“Oggi ho l'automobile di mio padre” diceva un ragazzo in uno dei crocicchi “Potremmo andare a Palermo a comprare un po' di “roba”. E' una settimana che non fumo.”
Si avvicinò una ragazza: “Vengo anch'io! Anch'io ho voglia!” disse.
“Va bene” rispose il ragazzo provvisoriamente motorizzato “ma poi non fare come l'altra volta, quando dovemmo inseguirti per la campagna, perché non volevi “ripagarci” del favore!”
“Certo che sarò più remissiva. Mi conviene, perché in fondo piacque anche a me il seguito” disse la ragazza.
“Allora aspetta la mia telefonata”.
Un altro gruppetto aveva, invece, un argomento più consono.
“Io non ho capito un bel nulla della Critica della ragion pura di Kant!” diceva un barbuto giovane.
“Ma che c'è da capire!” si meravigliava una ragazza “Sono tutte scempiaggini. Nella vita non serviranno a nulla. Eppoi, l'insegnante sai com'è, le basta che parli. E se saprai essere fluido, potrai dire tutte le castronerie che vorrai, tanto lei non ascolta e se ascolta non capisce.”
“Speriamo bene!” disse il ragazzo.
In quel mentre suonò la campanella e tutti, a frotte come un gregge di pecore, si avviarono verso le loro aule.
Ruggero non li seguì subito, ma preferì attardarsi con il suo seguito, scambiando alcune frasi con Mandralisca.
“Caro Barone, siete certo che questo Liceo sia la vostra creatura?”
“Forse ancora non abbiamo visto a sufficienza per giudicare.”
“Forse... Speriamolo!”
Quasi sconfortati, tornarono nella scuola, dove ormai i corridoi erano tornati deserti e le porte delle aule erano chiuse.
Rifecero lo stesso tragitto di prima, finché non udirono da un'altra aula una voce altrettanto stridula della precedente. Si avvicinarono ed entrarono: un ragazzo stava in piedi tra i banchi e l'insegnante stava seduta in cattedra e diceva:
“Ma parli “ostrogotto” (!)? Non ti capisco! Spiegami bene che cosa intendeva dire Foscolo con “<>; soprattutto che cosa indicava con “fatal quiete”.”
“La “fatal quiete” era la morte...”
Non lo lasciò continuare: “Non hai studiato! Vai a posto, 2! Ed è più di quanto meriti!”
Scene come questa si ripeterono in ogni classe e alla fine Ruggero, guardando Mandralisca, disse:
“Sembra che abbiano raggiunto un risultato opposto a quello che voi speravate. Questo Liceo più che una scuola sembra una fonte d'ignoranza.”
“Maestà, com'è possibile fonte d'ignoranza?” disse Mandralisca.
“Basta insegnare cose sbagliate e l'ignoranza così aumenta.” disse il Re. Poi continuò: “Nel pomeriggio ci sarà il ricevimento dei genitori. Torneremo per quell'ora e forse scopriremo che costoro vogliono che questo andazzo cambi, magari chiedendoci aiuto. Adesso allontaniamoci.”
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