Le punizioni di Ruggero - parte IV: Cefalù in fermento.
27 Gennaio 2012, 19:45 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti]
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Cefalù stava vivendo un momento di grande fermento. Nei due giorni precedenti erano accadute alcune cose, che apparivano frutto di fantasia, ma che avevano lasciato segni chiari e inequivocabili nella realtà.
Era sparito un dirigente del Comune e il Sindaco, dopo essere piombato sull'immondizia di un carro, non era più riuscito a dormire per il ricordo dell'orgoglio offeso che per il dolore fisico, che ancora lo faceva soffrire. Si era ritirato nella sua vicina casa di campagna e si rifiutava di vedere qualcuno. Chiuso e con le imposte serrate, se ne stava al buio, non mangiava e persino alla moglie, che lo implorava di aprirle, gridava di lasciarlo solo.
Lo stesso Vescovo, poi, non era meno insonne. Ricordava come era stato trattato senza alcuna deferenza e i rimproveri subiti. Durante i pochi sprazzi di sonno, veniva visitato da incubi, che lo svegliavano e gli rendevano angoscioso vivere.
Non era stato un sogno, però. I vetri delle finestre della Cattedrale erano ancora sparsi per terra e testimoniavano che quel che occupava la memoria era accaduto veramente.
E poi il ricordo dei due impiegati aumentava il numero dei testimoni. E la personalità dei testimoni era tale che non poteva parlarsi di psicosi collettiva.
Insomma, quell'uomo dallo sguardo più penetrante d'una spada affilata era esistito veramente e aveva compiuto quelle azioni e pronunziate quelle parole, che tutti ricordavano, anche se ormai da due giorni non si vedevano più né lui né i suoi compagni.
Questa assenza permise ai cefalutani di riprendere la loro atavica abitudine di ordire sul canovaccio del fatto i più arditi ed esagerati ricami.
Cominciò per prima la dipendente, che aveva assistito ai fatti all'interno dell'ufficio del Ragioniere. Non seppe trattenersi dalla voglia di “confidarsi” con una sua cara amica, che menava vanto di avere, lei sposata, ben due amanti e spesso le raccontava con dovizia di particolari i pregi amatori di ognuno di essi.
Si confidò per dimostrarle che anche lei non era da meno. Anzi!
Non l'avesse mai fatto! Non era trascorsa mezz'ora dalla “confidenza”, che già metà della popolazione ne era a conoscenza e si apprestava a raccontarla all'altra metà. E per non essere avara, ogni volta che la raccontava aggiungeva un particolare di sua invenzione. Non era ancora sera, quando l'intera popolazione fu convinta di avere come concittadina non una frigida burocrate, ma la calda amante di un Re. Non un Re qualsiasi, ma Ruggero II!
Se c'era riuscita lei, che bellissima non lo è certamente, pensavano le altre, perché non dovremmo riuscire anche noi? I parrucchieri ne furono felici, perché i loro negozi lavorarono a pieno ritmo per due giorni, tagliando, lisciando e pettinando criniere di teste vuote, che si abbellivano per chi anche in gioventù preferì donne con più senno, anche se fossero state con meno seno.
Ma anche gli uomini non erano da meno e ognuno di essi vedeva nel Ruggero, che fino a quel momento mai si era presentato come tale, l'uomo ch'egli aveva sognato di essere. Così Ruggero fu paragonato di volta in volta in un giocatore di calcio o di basket; a un famoso attore o a un campione di lotta libera; a un famoso presentatore televisivo e perfino a un politico.
Nei bar e nelle piazze la visita di quest'uomo e dei suoi amici divenne l'argomento di tutti. A nessuno venne in mente che quei personaggi erano morti da secoli e ch'era impossibile che esistessero nel 2050 uomini con i poteri, che essi avevano dimostrato di avere. Era l'argomento del giorno e tanto bastava!
D'altra parte, non erano i discendenti di coloro che avevano creduto nei poteri soprannaturali di una fata turchina meno di un secolo prima? O in quelli di chi fermava la tromba d'aria, mostrando alle onde del mare agitato il proprio deretano? Come tali potevano credere vera qualunque cosa la loro fervida immaginazione avrebbe suggerito. Qualunque cosa, purché non fossero costretti a riflettere o a dimostrare. La frase ricorrente di ognuno era: “Se te lo dico io, è vero!” Soltanto perché lo diceva lui e non per altre ragioni!
Le poverine e i poveretti credevano di essere soli nel loro “cortile” e si lanciavano senza freni nelle loro elucubrazioni.
Credevano, ma soli non erano, perché in mezzo a loro passavano, invisibili, Ruggero e i suoi amici. Essi ascoltavano quei discorsi senza senso, che tutti ripetevano come se ne avessero uno e, pertanto, con la soddisfazione, che sprizzava loro da tutti i pori, di essere portatori naturali di buon senso e di intelligenza, che tutti riconoscevano loro. Tutti, tranne Ruggero e i suoi amici! Dopo una giornata di questo bailamme senza logica, Ruggero sbottò: “Avevo concesso, a coloro che avessero abitato Cefalù distrutta proprio da mio Padre, il privilegio che non sarebbero andati in guerra né per terra né per mare, ma non quello di non pensare! Forse ebbe ragione mio Padre a distruggerla.” poi, con voce meno irritata, aggiunse: “Andiamo, amici miei, ne riparleremo domani.” e sparirono verso la Rocca.
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