Una stampa inutile, se non dannosa
23 Gennaio 2012, 12:43 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti]
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Il triste episodio della Costa Concordia non ci ha dato i giusti insegnamenti per colpa della stampa nazionale, quella scritta e quella televisiva.
Nessuno, soltanto “La Stampa” di Torino con una settimana di ritardo, ha detto come stavano veramente le cose. Si sono limitati a stigmatizzare il comportamento di Schettino e a sottolineare quello “eroico” di De Falco; a trasmettere le immagini della nave in procinto di affondare, sottolineando la somiglianza con l'Italia che affonda.
Questo e altro ancora, ma non la cosa più importante, che potrebbe far aumentare il numero dei responsabili e creare le condizioni mentali perché simili cose non accadano in futuro.
Le navi e gli aerei vengono ormai seguiti dai satelliti e tutti gli aeroporti e i porti, compreso quello di Livorno, hanno a disposizione le apparecchiature necessarie per seguire le rotte e la velocità sia degli aerei che dei natanti. Lo stesso controllo, per regolamento, doveva essere fatto dalla Capitaneria di Livorno, che grazie ai satelliti e alle apparecchiature a sua disposizione avrebbe dovuto sapere degli errori di rotta e della velocità eccessiva della Costa Concordia prima che De Falco intimasse a Schettino un comportamento diverso. L'intimazione, però, arrivava dopo che il danno, irreparabile, era fatto. Quell'intimazione poteva servire a imporre un comportamento più razionale, se non più coraggioso, al comandante Schettino, ma non a rimediare.
L'irrimediabile si sarebbe potuto evitare, se la Capitaneria di Porto di Livorno avesse avuto un comportamento più responsabile e una maggiore prontezza nel fronteggiare la situazione in tempo utile per evitare il peggio.
Ecco, è così che si comporta la nostra stampa, per venire incontro alle preferenze dei lettori e dei telespettatori, pronti a piangersi addosso e a cercare capri espiatori. Ma così facendo non viene fuori la verità e quindi non si approntano i rimedi per evitare in futuro le catastrofi.
Ecco perché l'Italia ha difficoltà a cambiare.
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