Immagini, parole e video della presentazione di "Le radici e le pietre" di Antonio Franco

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In una Sala delle Capriate gremitissima, si è svolta ieri la presentazione del volume Le radici e le pietre di Antonio Franco.

Le prime parole, il prof. Franco, le ha dedicate in ricordo del nostro concittadino onorario Vincenzo Consolo

Marco Manera legge le pagine di Consolo in cui viene data una sublime descrizione del ritratto dell'Ignoto marinaio.

L'applauso dopo il minuto di silenzio


L'introduzione viene curata dal prof.Daniele Tumminello.
Nel suo intervento, tra le altre cose sottolinea che "Cefalù è, per Antonio Franco, una realtà antica da indagare e comprendere con lo sguardo attento e l’intelligenza intuitiva e metodologicamente rigorosa dello storico, ma è anche un luogo ancestrale, denso di rara, misteriosa, “terribile”, indecifrabile, spiritualità che solo una prosa più emozionale e poetica può esprimere".
E ancora:
"Sapientemente Antonio Franco dispone a cornice del corpus centrale costituito dagli scritti storico-scientifici (Si tratta di quattro contributi dati dall’autore agli studi accademici sulla Sicilia antica: Il toponimo di Cefalù e il mito di Dafni, Le origini storiche di Cefalù, In margine a Verrine II 2, 128-130, Cefalù fra Tardo Antico e Medioevo), un’introduzione e una conclusione, in cui la prosa scientifica e rigorosa, lascia, ben distintamente, spazio ad una scrittura spirituale ed evocativa. Qui i luoghi della storia diventano luoghi dell’anima, percorsi di emozioni che si intrecciano con la memoria, permettendo a chi scrive e a chi legge di entrare in empatia con i segni del paesaggio, con le tracce del passato".


Il Prof. Roberto Sammartano, dell'Università degli Studi di Palermo, evidenzia il rigore metodologico con cui Antonio Franco ha indagato le fasi più antiche della storia di Cefalù, studiando con attenzione tutto il materiale documentario a disposizione e avanzando ipotesi assai convincenti e ben documentate sui momenti più oscuri e dubbi della storia ella città.

L'attore Marco Manera, previa recensione dell'opera letteraria, dà lettura in chiave recitativa di un brano del libro.

La presentazione del volume di Antonio Franco segna il ritorno all'attività editoriale della casa editrice Misuraca, a quattordici anni dalla scomparsa di Lorenzo. Una vita, quella di Lorenzo Misuraca, spesa tra i libri e per i libri, volta alla valorizzazione e alla promozione della cultura e delle più brillanti menti cefaludesi. Il suo ricordo commosso viene affidato al figlio Emanuele Misuraca, che ha curato la parte fotografica del testo.


In conclusione, il lungo intervento di Antonio Franco, in cui l'autore ha ricordato il motivo principale che ha ispirato questa pubblicazione: la volontà di dare un contributo aperto a tutti sulla storia della città, dopo tanti anni trascorsi, in particolare, nell'indagine e nello studio del territorio cefaludese e madonita; e, inoltre, il mantenimento di una promessa fatta tanto tempo fa proprio a Lorenzo Misuraca, che lo ha sempre incoraggiato a credere nel lavoro e nel sacrificio.
Tanti i ringraziamenti che Antonio Franco ha voluto rivolgere: alla prof.ssa Pietrina Anello, assente nella serata, ma sua insostituibile maestra; al prof. Giuseppe Forte che ha voluto assai gentilmente donare la china che fa da coperina al volume; al prof. Salvatore Termini, grande e umile educatore di tante menti cefaludesi; a tutti i colleghi e agli ex presidi Riggio e Sottile del Liceo classico Mandralisca che sono intervenuti; ai suoi alunni attuali e passati, che hanno partecipato numerosi, e che ogni giorno lo arricchiscono sempre di più; alle istituzioni cittadine e al presidente del Consiglio Comunale Barracato che ha concesso l'aula per la manifestazione; alla sua famiglia e a tutti gli amici che hanno voluto testimoniargli con la loro presenza stima e affetto.

- La famiglia Misuraca, un presidio per la cultura cefaludese.

Alla fine dei tanti ringraziamenti, uno in particolare per la imminente sposa

ritratto di Marco Manera

Piccola integrazione

Salve a tutti,
mi permetto di mettere per iscritto, argomentando in maniera più ampia, quanto ho avuto modo di dire ieri sera in occasione della presentazione dell'opera di Antonio Franco. Riconosco che le mie parole sono senz'altro molto meno significative di quelle dei professori che mi sedevano accanto, ma siccome le ho dette preferisco portarle a conoscenza di quanti non erano presenti. D'altronde si tratta di pochissimi concetti. Può darsi che sia un eccessivo esercizio di vanagloria e per questo vi prego di scusarmi, di compatirmi ed eventualmente di non proseguire la lettura.

Il lavoro "Le radici e le pietre" dello storico Antonio Franco mi spinge a fare una riflessione di carattere generale che, sebbene in prima battuta possa sembrare banale, tuttavia potrebbe dare luogo ad una colpevole superficialità, se non fosse analizzata come merita. Si tratta della seguente affermazione: le pietre possono parlare. Non tenere nella giusta considerazione questa idea porta a sottovalutare sia i luoghi che la loro storia.

Così esiste una parte consistente di viaggiatori che gira il mondo non avendo come obiettivo la comprensione delle storie di cui le pietre sono portatrici, ma solo la scelta dell'inquadratura migliore per una foto. L'ho visto con i miei occhi al santuario di Machu Picchu in Perù (il più importante sito archeologico che riguarda la civiltà Inca, collocato a 2400 metri d'altezza, raggiungibile attraverso un trenino che si arrampica sulle Ande): i turisti arrivavano lassù e dopo un quarto d'ora, avendo fatto le foto di rito, erano impazienti di andare via, con buona pace di una delle maggiori civiltà precolombiane e di un sito ritenuto tra le sette meraviglie del mondo moderno.

L'insensibilità alla voce delle pietre, però, alberga anche presso chi, accanto a quelle pietre, ci abita. E' il caso della nostra Cefalù e del degrado nel quale versano alcuni luoghi pieni di storie da raccontare come, ad esempio, il Bastione di Capo Marchiafava, la cortina megalitica o la Rocca. Il frastuono del presente copre la voce delle pietre e fomenta l'incomunicabilità con il passato. Ciò genera distacco, incomprensione, degrado, vandalismo, abbandono.

L'importante ruolo dello storico, che si muove da abile investigatore, è quello di dare voce alle parole e ai racconti che dalle pietre fuoriescono. Per farlo, però, lo storico deve riuscire ad abbandonare l'accademismo e a trasformarsi in divulgatore. Occorre colmare la distanza che c'è tra il freddo ma necessario rigore scientifico e lo sviluppo, da parte dei cittadini e dei viaggiatori, di un senso di appartenenza ai luoghi e alla storia contenuta in essi.

Nel libro di Antonio Franco si nota questo tentativo quando egli sceglie di inserire alcuni brani che mirano a stuzzicare la parte emotiva dei lettori. Lo storico fa un passo avanti verso la gente, raccontando con parole diverse e più comprensibili ciò che le pietre gli hanno sussurrato all'orecchio quando lui le ha incontrate. Adesso tocca alla gente comune avvicinarsi alla storia, tendendo l'orecchio, aguzzando la vista e immergendosi nella lettura di questo libro.

Il Prof. Franco ci ha regalato davvero una splendida serata.

Grazie per l'attenzione
Dott. Marco Manera

ritratto di Staff

Scuse a Marco Manera

Chiedo personalmente scusa all'amico Marco per questa omissione, che è stata dovuta esclusivamente al fatto che la descrizione e le didascalie accompagnavano le foto e le sequenze con cui si è svolta la serata. Purtroppo la tua foto mentre facevi l'intervento non è stata, del tutto inavvertitamente, inserita. Il tuo intervento a integrazione è quanto mai legittimo e opportuno. Spero che tu abbia compreso che non c'era la minima volontà di minimizzare il valore delle tue parole che sono state importanti tanto quanto le altre.
Daniele Tumminello

ritratto di Marco Manera

Le scuse non sono necessarie

Ero certo che ci fosse stata una svista, caro Daniele. Tuttavia mi sono sentito in obbligo, con me stesso e con l'autore del libro, di fare cenno agli spunti di riflessione che ho espresso durante il mio intervento. L'equivoco ha avuto, però, un suo lato positivo. Mi sono dedicato a scrivere in un italiano più grammaticalmente corretto (certamente ancora perfettibile) ciò che ieri sera ho detto "a braccio", aggiungendo e aggiustando espressioni e concetti. Resta immutata la stima e l'amicizia nei tuoi confronti e nei confronti di tutto lo staff.
Un abbraccio.
Marco

ritratto di Pino Lo Presti

Sono particolarmente d'accordo

con il concetto che le pietre hanno voce; esso fu alla base dell'idea iniziale del Centro Storico dal Vivo dei primi anni '90 e alla base della mia strenua difesa del silenzio della "sacralità" della Rocca con i suoi manufatti. Certo bisogna saperla ascoltare quella voce come è altrettanto certo che qualunque tipo di "altre parole" (pur sotto forma di segnaletiche variamente informative o di "servizio") non possono far altro che disturbare quell'ascolto!

ritratto di Salvatore Culotta

Mi permetto di sommare alle

Mi permetto di sommare alle parole di Pino altre parole,non mie, estratte da un libro indimenticabile di uno dei migliori figli di Cefalù :”… Poco pertanto importa parlare di Cefalù … la sua vera storia non è quella scritta sui libri, che non è poi un racconto avvincente; la sua storia è su pietre, su archi di finestre e di navate, su fondi di mosaici d'oro, sulle spiagge di sabbia, sugli scogli, sugli uliveti e sul calcare perenne. È infatti soprattutto una storia di sempre, da vedere, non da memorizzare. La storia scritta non sa dire neanche quando la città nacque. Ma il Tempio di Diana, che ha abbrunito tra massi non squadrati il suo architrave monolitico ai tramonti di tre millenni, o le mura ciclopiche scavate dalle tempeste del Tirreno ci parlano dei neolitici primitivi. Acque greche e fenicie e romane parlano al silenzio di queste baie.”
Steno Vazzana – Cefalù fuori le mura - 1981

ritratto di Staff

Inseriti anche i video-interventi dei relatori

Purtroppo i tempi di caricamento su YouTube sono lunghi e pertanto il reportage dell'avvenimento è stato elaborato, in tempi diversi: prima foto e testi, successivamente i video.

Adesso è quasi completo, manca infatti il lunghissimo discorso del prof. Franco, che richiederà ancora un'altra mezza giornata di attesa ma pensiamo che varrà la pena ascoltarlo.

La nostra foga di voler dare conto dell'avvenimento quasi in tempo reale, ha sortito un risultato di parzialità del resoconto assolutamente non voluto.

Ce ne scusiamo, faremo tesoro di questa esperienza per essere più coordinati in avvenire, magari ritardando la pubblicazione di qualche giorno pur di averla completa di tutti i supporti (testi, foto e video).

Nicola Pizzillo

ritratto di Vincenzo Garbo

Desidero esprimere pubblicamente i miei complimenti

al caro amico Tony Franco per l’alto valore culturale della sua ultima pubblicazione e per la felice riuscita della manifestazione attraverso la quale è stata presentata alla città.
La prima dimostra che lo storico è sempre un ‘revisionista’ per definizione, cioè è colui che riesce ad interpretare in maniera nuova, ad analizzare da angolazioni diverse, a dare nuova luce a fatti di oltre duemila anni fa e voce a pietre, spesso, consunte dal tempo e dall’incuria degli uomini.
La seconda è evidente testimonianza di come si possa radunare tanta gente con lo scopo di fare cultura in maniera alta, elegante e con tono divulgativo per far riscoprire le nostre radici e, con esse, la nostra realtà presente a la nostra identità di cefaludesi (sia di nascita che d’adozione).
Essendo uno di coloro che si onora di avere avuto nella vita la felice ‘sventura’ (come è stata definita dallo stesso Tony) di essere stato alunno del Professore Franco e di aver assistito, negli anni, alla genesi e all’evolversi degli approfonditi studi di storia antica, dai quali questo libro trae alimento, confesso di aver provato una emozione viva e autentica alla notizia della pubblicazione dell’opera.
Considero, peraltro, felice la scelta del titolo, quel “Le radici e le pietre” che mi rimanda ad una duplice lettura.
Da un lato sono le ‘pietre’ stesse (cioè la cultura materiale, i monumenti, i resti archeologici, gli edifici antichi) a costituire le nostre ‘radici’ , cioè la memoria di quel passato in ragione del quale noi oggi siamo quel che siamo (con tutti i pregi e i difetti).
Dall’altro le ‘radici’ della nostra cultura (anche nelle sue forme immateriali, dei riti, delle tradizioni, del suo vasto patrimonio letterario) insieme alle ‘pietre’ concorrono a costituire la nostra vera identità; il nostro essere cefaludesi.
Oggi la nostra città dimostra di aver scarso rispetto per le sue ‘radici’ e, spesso, anche per le sue pietre. Manca una biblioteca comunale (che personalmente mi piacerebbe fosse dedicata alla memoria di Vincenzo Consolo, nostro concittadino onorario recentemente scomparso a cui Cefalù ha dato tanto e alla quale egli ha consacrato immortali capolavori della letteratura italiana). Non esiste un museo civico che, insieme al museo Mandralisca, accolga e custodisca le ‘pietre’ nelle quali è racchiusa la nostra essenza culturale, il senso di appartenenza ad una comunità e, in definitiva, l’orgoglio di essere i figli di una terra che è tra le più belle e ricche di storia; i custodi di una ‘perla’ che noi abbiamo il compito di ripulire dalla ‘caligine’ che ne offusca la lucentezza per essere in grado di ‘restituirla’ alle generazioni future nel suo pieno splendore.

Grazie Tony per averci ricordato tutto questo.