La FIAT di Termini

ritratto di Angelo Sciortino
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Non bisogna dimenticare che, nello stesso momento in cui viene chiusa la vertenza FIAT di Termini Imerese, in Italia si producono meno automobili che nella Repubblica Ceca.
Il fatto deve farci riflettere, perché, se continua così, tutta l'industria automobilistica italiana rischia di finire come Termini Imerese. Termini Imerese, che fu ed è una cattedrale nel deserto, perché la zona industriale è rimasta per oltre quarant'anni priva delle necessarie infrastrutture, che garantissero collegamenti più rapidi e meno costosi. Un'autovettura prodotta a Termini aveva un costo superiore di almeno 1.500 euro rispetto a quella prodotta in altri stabilimenti, anche italiani. E questa differenza non deve imputarsi a scarsa produttività degli operai di Termini, ma ai mancati interventi pubblici per creare le infrastrutture. Si preferì, e la FIAT di allora lo preferì, elargire contributi pubblici, il cui flusso durò per decenni, non consentendo però all'impianto di raggiungere il grado di efficienza necessario per resistere alle sfide della nuova economia e della crisi in atto.
Se quei soldi fossero stati spesi in infrastrutture, oggi la realtà di quella zona industriale sarebbe un'altra.
Nonostante queste difficoltà specifiche di Termini Imerese, il neoministro alle infrastrutture, trasporti e allo sviluppo economico Corrado Passera ha deciso di continuare ad investire nella zona industriale siciliana per cercare di salvarla e rilanciarla. La chiusura dello stabilimento Fiat è infatti un duro colpo per l’economia regionale ed è anche per questo motivo che vi saranno investimenti per oltre 350 milioni di euro per lo sviluppo. Fiat dunque chiuderà a fine anno e lascerà a casa oltre 1500 dipendenti. La stessa azienda torinese investirà 21 milioni di euro per pagare gli ammortizzatori sociali ai dipendenti che andranno in mobilità.
La gran parte degli ex dipendenti Fiat dovrebbero entrare nel nuovo progetto della cordata DR Motor, che prevede di impiegare oltre 1300 dipendenti a regime. Rimangono comunque dei dubbi sull’effettivo successo di tale nuovo stabilimento, dato che i problemi logistici di Termini non sono risolti e non si risolveranno nell’arco dei prossimi dodici mesi.
E i sindacati che cosa fanno? Maurizio Landini, della FIOM, si è detto soddisfatto dell'accordo e non si vede come non poteva non esserlo, viste le concessioni dello Stato e della stessa FIAT. Lo stesso Landini, però, combatte ferocemente l'estensione degli accordi di “Pomigliano” a tutti gli stabilimenti FIAT. E senza tali accordi tutti gli stabilimenti FIAT in Italia rischiano di fare la fine di quello di Termini.
E' necessario, quindi, che i sindacati aprano le trattative con la FIAT per rivedere i contratti del settore: non è infatti possibile essere d’accordo solo quando si ricevono grandi sussidi e alzarsi dai tavoli di discussione quando si parla di fare dei sacrifici.