Rispondendo al sig. Giusi che su DonLappanio del 17 scrive:

ritratto di Pino Lo Presti

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UN’AZIONE COMUNE per riaffermare il brand Cefalù .

Adesso mi è chiaro il pensiero espresso su “laltracefalù” dal sig. Pino Lo Presti.

Chiarito che i T.O. non impongono nulla, fanno il loro lavoro e anche bene, che Cefalù senza loro avrebbe al massimo 100mila presenze e una stagione di 2 mesi, il pensiero di Pino Lo Presti diventa condivisibile.

Enfatizzare, cioè, l’origine, il luogo, la riconoscibilità, in altre parole l’identità che un contesto sa esprimere verso l’esterno.

Il tutto, aggiungo io, esaltando le differenze e le diversità per affermare il valore intrinseco del prodotto Cefalù e la sua non replicabilità (tutto come avviene con successo nell’agricoltura di qualità).

Per fare ciò bisogna innovare la Città e la sua promozione.

L’innovazione, infatti, non può riguardare solo le tecnologie, ma anche i prodotti, i sistemi territoriali, e le interconnessioni tra i settori produttivi che sempre più devono divenire di qualità.

Il motivo della scarsa credibilità che abbiamo risiede nella mancanza di un piano strategico che ci permetta di crescere in maniera coesa e non a settori.

Per arrivare a risollevare Cefalù, secondo Lo Presti e anche secondo me, occorre cambiare atteggiamento, bisogna giocare all’attacco e non più in difesa.

Quasi sempre si fa troppa attenzione alla “domanda”, a ciò che il mercato richiede, senza analizzare e segmentare quella che è e potrebbe essere, invece, “l’offerta" Cefalù.

Inseguire la “domanda” che ovviamente è alla base dell’economia, specialmente turistica, vuol dire stare in difesa, vuol dire accontentarsi di ciò che il mercato vuole, proporre “l’offerta” (sicuramente rischioso) è ……….. giocare all’attacco.

Per fare ciò occorre : INFRASTRUTTURE , AZIONE COMUNE e PROMOZIONE.

Occorre: un nuovo patto tra governo della città e imprese, tra assessore e i nostri concittadini, tra turismo e Città.

Il riscatto della competitività perduta, l’offerta dell’identità di Cefalù deve essere un obiettivo comune, perseguito con un metodo condiviso da tutti gli attori del turismo Cefaludese, da tutta la città.

Il riscatto di Cefalù non può avvenire se non vi è : confronto, dialogo e condivisione (le più citate parole della politica nazionale).

Bisogna provare a dialogare …………………………… ci proviamo sig Lo Presti ?

Cordialmente
Giusi

Così ho risposto:

Mi creda, da anni ho smesso di pensare che coloro che pensano diversamente da me siano necessariamente in malafede; mi da più soddisfazione riuscire a mettermi nei panni degli altri e provare a vedere cosa loro vedono. Tuttavia vi sono dei panni in cui non riesco proprio a entrare: quelli di chi non riesce a concepire, per la propria “amata”, una forma migliore d’amore diversa dal “venderla” o “affidarla” e “affittarla” ad altri: sì, proprio, la propria amata; che non comprendono la differenza tra “ospitalità” e “prestazione”, comunque la si voglia intendere.

A me piace conversare, specie se cordialmente.
Essendo del ’51, la fine della adolescenza è coincisa con l’inizio delle grandi trasformazioni di Cefalù: urbanistiche, “etniche” (direi anche), economiche, etc ..e soprattutto dell’anima.
Un rifiuto della crescita, una nostalgia del “tempo perduto”(?)... può darsi che questi sentimenti accompagnino qualche mio pensiero - al punto da invalidarlo.

Ho troppo vivi però dei ricordi, per non ritenerli, ancor oggi, interessanti suggerimenti a cui attingere.
Ad esempio di “Elisabetta” che - alcuni ricorderanno -, quella donna tedesca che viveva “a lato” a Curcio (allevatore) alla Piana di Lascari, da sola, e faceva, da lì a Cefalù e ritorno, sempre veloce e a piedi: una pre-turista, una naturista!
Ma, più forti quegli altri; quando - per via di qualche parente emigrato - arrivava qualche forestiero, dalla città o dal nord, nella casa della nonna, in campagna, quando si usava ancora il lume a petrolio, e le lampade ad olio; c’era il gas ma si usava prevalentemente “a tannura”. C’era la pergola di viti, e grappoli di tutti i sapori che maturavano in autunno, i profumi di giardini che erano la summa della essenza e della storia di quel luogo, di quella famiglia, i sapori del cibo e del pane fatto nel nostro forno, i loro odori. Il vino che facevamo noi, l’acqua attinta fresca dal pozzo in pietra.
Lo stupore dell’incontro tra mondi così lontani, e il sincero piacere di offrire all’incontro il meglio di sè.
Ancora più intensi quando si trattava proprio di stranieri; lo stupore di quegli occhi e di quel sorriso entusiasta, ed insieme grato, quando, per esempio qualcuno chiedeva di potere passare per andare al mare, e accadeva che ci si soffermasse a parlare e poi, il regalo di un frutto, magari di farli sedere per un bicchiere d’acqua, “nò chian’ i casa”, e noi bambini che li accompagnavano poi fino al “limitare” del nostro terreno indicandogli la stradella da seguire.
Ricordo che non vi era alcuna recinzione - se non per gli animali - a quei tempi!
Un reticolo di viottoli collegava le case nelle campagne più abitate e bastavano poche parole di saluto e di riconoscimento per passare. La notte, la luna e le stelle brillavano di più tra i rami degli ulivi o nei riflessi sui pampini dei vigneti
Quella gente era affascinata dalla saggezza etica ed alimentare, di una cultura antica contadina e di un’altrettanto antica cultura marinara. Dal fascino misterioso notturno delle campagne, alla gioia diurna dei cinque sensi da parte di tutti e quattro gli Elementi della Natura. Ovunque si andasse, o per strada o “a casa ri cristiani” l’acqua usciva direttamente dalla terra a dissetare nella diversità dei suoi diversi sapori e leggerezza:
Sul Manto verde degli Ulivi erano trapunte le vecchie case in pietra, colorate dalla calce e dai licheni, e infine la Città, monumento vivo della storia di una comunità. Non solo Cattedrale ma Centro Storico Vivo dello spettacolo della Vita di quella Gente, unico, nei gesti, nei suoni, nei mille e spesso invisibili fili delle relazioni tra le finestre tra loro e le strade, i panni odoranti di sapone stesi. Le botteghe artigiane, la piazza, il passeggio, i riti collettivi.
Uno spettacolo dal vivo continuo di un Genius Loci ancestrale, saggio, le cui origini si perdono nel Mito, le cui tracce e più intense percezioni sono lì - alla portata di chi infine, pagando con la “fatica-preghiera” d’una erta salita, voglia accedere al suo Tempio: la Rocca - che non è “il tempio sulla rocca” -; un modo diverso di percepire le profondità del divino diverso da quello pur immenso proveniente dal catino del Pantocratore!

In parole più brevi, chi veniva a Cefalù era colpito da una sua peculiarità: una particolare magìa, che pure ha attratto, da versanti opposti, personaggi illustri, diurni e notturni.
In una società industriale e terziaria sempre più “alienata”, che sempre più vede aumentare la distanza tra il proprio lavoro ed il prodotto finito, ed il suo rapporto con le profondità esterne ed interne di se stesso sempre più sostituito da una superficie inconsistente di un qui ed ora pressante e urgente; in una società che ha perso la dimensione del Sacro (che non è: religiosità), e quindi dell’Uomo come mistero, universo, ciò che poteva essere Cefalù era una “Fonte” di rigenerazione “ri-creazione” (nuovo senso di sè), sgorgante da una cultura umanistica antica, distillata al centro del Mediterraneo.

Non tutto era come in quei ricordi; ricordo pure le mosche, la spazzatura (quasi esclusivamente resti di cibi) agli angoli delle stradine e dei vicoli più interni, qualche “tirata di capelli” al “cannolo”, quando l’acqua in casa in città non era sempre scontata, la miseria!
Ma di quel passato si doveva salvare il “capitale” - e correggere ciò che andava corretto con gli strumenti dello sviluppo tecnologico -, se del suo valore se ne avesse avuto consapevolezza.

Come prima cosa abbiamo abbattuto le vecchie case con tutto quello intorno, e “ammodernato” il “linguaggio” del territorio con una accozzaglie di ridicole “frasi” architettoniche senza contenuto, senza storia e senza senso. Abbiamo “realizzato subito il frutto” del territorio, in un mucchietto di denaro, con la sua vendita a “ben stipendiati impiegati regionali e non”; ciò ha compromesso l’uso del territorio come “parco unitario” da un punto di vista veramente turistico. La industria edilizia ha divorato gran parte del Capitale naturale, favorendone ed incoraggiandone peraltro l’antropizzazione con dosi massicce di popolazione stanziale o stagionale, proveniente dall’esterno.

E pensare che c’era stato chi aveva dato la vita, in battaglia o nel lavoro, per la nostra Terra.

Un “Parco unico”, l’unità della cui gestione non deve venire da una salda cupola d’affari ma dalla solidità culturale di tutto un popolo.

Qua e là, su un tessuto di piccole imprese familiari, agrituristiche, agricole e artigianali, potevano starci bene alcuni grandi alberghi qualificati.
Pensare però che il turista preferisca l’idro-massaggio a quello che ho cercato di raccontare, secondo me, è stato un errore: anche l’idro-massaggio ma dopo una giornata di tutto il resto! Anche la discoteca, anche il Night, anche il Casinò, tutto quello che vuoi e la legge consente, ma in luoghi raccolti, chiusi, insonorizzati, in cui si va per scelta e non se ne è assaliti per le strade e la notte, persino delle campagne: il silenzio è un valore, sempre più raro!

E’ un discorso complesso e articolato, impossibile solo ad accennare in così poco spazio, quello della “riconversione”, specie se siamo convinti che sviluppo economico e progresso sociale devono andare insieme, e non può essere altrimenti per durare.
Una riconversione “industriale” richiede uno stop alla nuova produzione edilizia e norme speciali di garanzia in difesa del suoi lavoratori e delle sue imprese locali, richiede investimenti in settori abbandonati quali l’ agricoltura di qualità (produzione, conservazione), e tante altre cose.
Occorre, in una parola puntare nel rendere consapevoli della propria vera ricchezza i cefalutani (Identità) insegnando a chi lo voglia tra loro ad essere protagonisti e non oggetti della loro storia.
Un turismo compatibile è quello che permette ad una comunità di rimanere vera nella varietà e compendiarieta delle sue attività e che proprio da questa “verità complessa”, dal suo “spessore”, trae forza e origine.
La “specializzazione “ intesa come “coltura intensiva” lascia solo aridità ed infertilità al suo intorno.

Certo, non è esattamente la prospettiva che vede Cefalù, il suo Centro Storico svuotato dai sui residenti!
Gentile sig. Giusi, lo so le mie sono solo parole, ma che ci posso fare; spero solo di non averla annoiata.

Codialmente

Pino L.P.

ritratto di Saro Di Paola

U ciaru ru paisi

Pino,
tu del 51, io del 50.
Per noi la stessa Cifalò.
Ieri e oggi.

E' quella di ieri
che abbiamo amato,
che amiamo di più!
Quella che tu, pittore,
hai dipinto con le parole.
Di quella Cifalò mi manca l'aria.
Di quella Cifalò mi manca u ciauru.
U ciauru ri vanieddi,
ri strati,
ra rina,
ra marina,
ra jurieca,
ru chianu,
ru muolu,
ru bastiuni,
ru castieddu,
ru cursu
................
................
Di quella Cifalò mi manca u ciaru ru paisi.
Ogni tanto lo riannuso.
Mi inebrio!

ritratto di Angelo Sciortino

Caro Pino, mi unisco a Saro

Caro Pino, mi unisco a Saro Di Paola. Entrambi mi avete ricordato qual era "u ciauru" che non c'è più.
Più vecchio di voi di cinque anni, io ne ha assaporato un po' più di voi, ma questo "più" lo sto pagando, perché è un "più" che muore sotto i miei occhi.
Facciamo qualcosa, ma senza patti con amministrazioni, assessori e imprese: insieme, semmai, a tutti coloro che amano Cefalù e che la rivogliono come gliela lasciarono i loro padri. Com'era quando era meta ambita, fino a farne un riferimento per il turismo internazionale.
Non è vero che siamo vittime della concorrenza mediterranea; non è vero che esiste un turismo globale e nient'altro; non è vero che la concorrenza si fa soltanto con i prezzi; non è vero che una meta turistica può essere promossa soltanto dai Tour Operator: è vero, invece, profondamente vero, che una meta è ambita soltanto se si distingue per storia, arte, cultura e tradizioni.
Ma come può essere ambita una città che sembra quasi vergognarsi delle sue tradizioni e ha cancellato trazzere e strade interpoderali?

ritratto di Giovanni Biondo

Pensieri Preziosi

Carissimo Pino le tue non sono "soltanto parole" ma pensieri preziosi. I ricordi sono sì un balsamo per l'anima che soffre il presente, ma possono essere usati come grimaldello per scardinare la realtà che non ci soddisfa. Abbiamo visto sparire le persone dai cortili e spegnersi gli sguardi degli ultimi anziani agli angoli delle strade; inaridirsi i vasi dei balconi e chiudere le botteghe degli artigiani: i falegnami, i fabbri,dove si producevano e si riparavano utensili senza fretta , accompagnando i gesti alla conversazione; i sarti con le loro storie sarcite sui vestiti, i calzolai che fischiavano i motivi delle canzoni, e la musica dai barbieri, la sera, alternata al ciottolio ferrato dei muli che tornavano nelle stalle. Ognuno di noi è testimone di una perdita. E' misura di un lento ma inesorabile cambiamento. Ma questa consapevolezza deve alimentare sempre di più la ricerca e lo studio, l'impegno meticoloso, la cura per migliorarci, affinchè utilizzando i vari linguaggi a noi congeniali, (per me il teatro e gli spettacoli), si riesca ad incidere nella realtà, per dimostare che un altro sistema di sviluppo è possibile, un "modo"più naturale, amico della gente e rispettoso dell'ambiente.

ritratto di Vincenzo Nastasi

mi fa enormemente piacere .......

che una simpatica combriccola di anzianotti,mi permetto di usare questo termine in modo MOLTO AFFETTIVO nei vostri confronti,abbia portato alla luce ricordi che fanno indubbiamente parte di una cultura,di una tradizione tutta CEFALUTANA,mi fa piacere conoscere il passato di questa città che è diventata pure mia ,avendo qui insieme ai miei genitori ,messo radici,avendo qui conosciuto l'amore della mia vita senza della quale sarei perso,avendo qui fatto nascere quelli che saranno il nostro futuro.Mi fa piacere ricordare ,anche se sono più giovane di voi (e non me ne vanto)per esempio a GIOIA,don Pietro Cangelosi,i vari putii che c'erano in via Madonna degli angeli,mancia puppetti e tanti altri ancora che purtroppo non sono più tra noi.Mi avete fatto un bel regalo nel descrivere una città che non esiste più,una città che sta perdendo la sua identità indaffarata com'è nel cercare di risolvere i tanti problemi che la affliggono.Ancora grazie.