Sul “nuovo” colore della Corte delle Stelle
22 Settembre 2011, 14:07 - Gianfranco D Anna [suoi interventi e commenti]
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In merito alla discussione che si è sviluppata, proprio su L’altraCefalù, sul colore rosa impiegato nell’ottagono centrale della piazza inferiore della Corte delle Stelle (“Forse potrà piacere di più il rosa o, chissà il rosso pompeiano” - https://www.qualecefalu.it/lac/node/5520) ritengo importante trascrivere il pensiero dell’Assessore Vito Patanella espresso nel corso della trasmissione radiofonica “Oggi parliamo di…” andata in onda il 18/09/2011 su Radio Cammarata.
Le parole dell’Assessore Patanella: «Sulla polemica architettonica che c’è stata intorno alla Corte delle Stelle.
Si è detto: Ahhh! Hanno ridipinto la Corte delle Stelle, hanno levato il colore naturale, il colore naturale previsto dai grandi architetti che lo hanno concepito - rosso pompeiano, rosso miceneo quello che volete.
Resta un fatto, io immagino un qualcuno che venga dalla Grecia due mila anni dopo che si è fatto il Tempio a Selinunte e gridi allo scandalo perché il tempio non è più colorato, allora si direbbe: Non avete mantenuto i colori originali!.
A mio modo di vedere la coloritura di un luogo, a meno che il colore non sia la parte unica ed essenziale di quell’opera, per cui immagino, ad esempio, ad un quadro che nasce con il colore lì del coso, ma in un luogo il colore è un divenire e, allora, se a distanza di venti anni, noi ci rendiamo conto che quel luogo oggi riesce a valorizzarsi per chi lo va a fruire con una coloritura differente e, credetemi, io guardo oggi la Corte delle Stelle e questo effetto cromatico tra il rosa molto chiaro e, invece, il suo colore naturale riesce a farmi visualizzare molto meglio quella forma a spirale che, secondo me, l’Arch. Culotta ha voluto dare, (il Prof. Geraci “suggerisce” correttamente Panzarella) Panzarella ha voluto dare, piuttosto che, invece, un unico colore che non mi rende bene l’idea. Ma è un fatto mio visivo, attenzione, non è che dico e non voglio entrare nel merito dell’aspetto intrinseco architettonico dell’opera, dico solamente che non è uno scandalo, può, semmai, diventare un argomento sul quale discutere.»
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Premesso che sono lieto che Lei non sia più l’Assessore ai Beni Monumentali e Culturali di Cefalù perché temo quel che potrebbe succedere alla Cattedrale se Lei prendesse per seria la “proposta” dell’Arch. Salvatore Culotta (https://www.qualecefalu.it/lac/node/5583),
che mi auguro che Lei non si trovi mai ad avere voce in capitolo su Templi di Selinunte perché potrebbe proporre, dopo 2500 anni, di ri-colorarli in funzione della manifestazione o dello sponsor di turno,
che, da Avvocato ed Assessore, Lei dovrebbe sapere che, rispetto alle indicazioni contenute nel progetto approvato e nella concessione, non si può arbitrariamente modificare il/i colore/i dei prospetti di un edificio (vedi anche l’art. 3 delle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G.),
voglio sottoporre a Lei, ed a tutti Voi, alcune foto di Giovanni Chiaramonte, tratte dal giornale di progettazione “In Architettura” n. 16 dell’ottobre 1990, in cui si vedono i colori originari, anche se già degradati, del Centro polifunzionale della SS. Annunziata progettato e realizzato dall’Arch. Marcello Panzarella con l’Arch. Leandro Parlavecchio tra il 1984 ed il 1988.
È evidente a tutti come la scelta dei colori sia stata “concepita” in funzione del contesto urbano ed architettonico, come i colori sia funzionali all’opera architettonica, come ognuno dei colori impiegati individui una ben precisa parte, un ben preciso volume dell’architettura: il rosa cocciopesto evidenzia il fronte su Corso Ruggiero, ristrutturato e completato, dell’edificio dell’ex Municipio mentre il rosso pompeiano - o meglio, a mio parere, il rosso del minoico Palazzo di Cnosso - sottolinea lo spazio centrale della scalinata che si sviluppa intorno alla piazza inferiore ottagonale e che, attraverso il ballatoio addossato alla Chiesa della SS. Annunziata, ci conduce sino alla piazza superiore, una vasta “camera senza tetto” circondata da muri bianco calce.
P.S. Voglio ringraziare gli organizzatori dello Sherbeth Festival per avere ridato, nelle loro intenzioni, decoro ed igiene a questo nostro luogo ed invitarli, qualora sia rimasto del colore rosso, a metterlo a disposizione.
Se il Sindaco non provvederà a far ripristinare il colore originario nelle parti attualmente rosa della corte ottagonale, come ha assicurato all’Arch. Panzarella (vedi PS n. 2 in https://www.qualecefalu.it/lac/node/5661#comment-4707) sono disposto a farlo io, da solo o con l’aiuto di qualche altro Fransuà di turno.
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NO! NON VOGLIO CREDERLO!
Non riesco a credere che l'assessore Patanella abbia potuto fare certe affermazioni.
NO! NON VOGLIO CREDERLO!
Ascoltare per credere!
Caro Saro,
basta andare sul sito di Radio Cammarata (http://www.radiocammaratacefalu.org/) e, nella sezione "Notiziari", ascoltare la registrazione di “Oggi parliamo di…” del 18 settembre u.s. dal minuto 41:25 al minuto 43:15.
Ascoltare per credere!
Il relativismo impazza
il senso del "sacro", intendo ciò che ha significato compiuto in sè e che dunque deve essere come tale lasciato integro come testimonianza di un dato momento della storia della cultura, sempre più cede il passo al compromesso storico, al divenire nelle situazioni di gusto ed opportunità contingenti.
Così la statua al Molo così, le vetrate della cattedrale, così domani un bel ristorante sulla Rocca!
Non c'è più nulla da cui si avverta di stare un passo indietro per senso del pudore!
Non so se nessuno conosce,
Non so se nessuno conosce, per fare un esempio, Saint-Malo nel Nord della Francia.
Io ci sono stato, e quello che mi ricordo è che l'architettura era stata mantenuta alla perfezione nel centro cittadino all'interno delle mura.
Vecchio e nuovo si fondevano armonicamente dando un senso di bellezza sia poetica sia geometrica assolutamente eccezionale.
Vi invito a guardare qualche foto del posto.
Penso sia importante per gli amministratori di questa città, studiare ed informarsi sul come le cose sono state fatte in altri posti, in modo da poter comprendere cosa fare per migliorare e restaurare il centro cittadino.
Oltretutto la valorizzazione paesaggistica e architettonica di un posto non diventa soltanto un attaccamento sterile al passato, ma è bellezza oggettiva per chi abita e per chi soggiorna.
Abbiamo la possibilità e la necessità di sintetizzare all'interno di uno stesso posto, vecchio e nuovo.
In questo senso, così come il centro storico di Cefalù dovrebbe essere mantenuto e restaurato secondo i canoni storici a cui appartiene, le nuove aree residenziali potrebbero essere un inno al futuro e alle novità tecnologiche.
Una città all'avanguardia, ma una città consapevole del valore del passato.
Un pò come, per fare un esempio con una città ben nota, Tokyo, nella quale treni a levitazione magnetica e l'avanzamento tecnologico di massimo livello, coesistono con elementi che stanno nel centro della città come il Palazzo Imperiale, elemento perfettamente conservato ed immortalato secondo il suo tempo, il tempo dell'antica tradizione.
Certamente non ti sfuggirà
Certamente non ti sfuggirà il fatto che le nuove aree residenziali di Cefalù sono già state costruite e ben poco si può ancora realizzare e che, inoltre,questo paese non può certo crescere all'infinito.
Le nuove aree residenziali
Le nuove aree residenziali sono state costruite e purtroppo non in una maniera eccelsa (a livello paesaggistico e funzionale).
Oltretutto il degrado si osserva anche nella mancanza di ristrutturazioni e nello stato di decadenza di buona parte del paese.
Senz'altro Cefalù non può e non deve crescere all'infinito.
Per altro, la popolazione rimane stabile da anni, per cui è un controsenso.
E allora dove lo andiamo a
E allora dove lo andiamo a fare "l'inno al futuro"?
Convivenza
è certamente anche reciproca contaminazione ma anche rispetto delle diverse autonome specificità ed identità culturali (bisogna però aver ben chiare quali queste siano).
Un'opera d'arte, un'opera architettonica - come ci ha mostrato mons. Crispino Valenziano nella sua "lectio magistralis" del 26 febbraio 2011, sull'Ambone del Duomo di Cefalù (http://www.laltracefalu.it/node/3897) è un "codice culturale" un sistema organizzato e strutturato di significanti e significati; banalmente potremmo dire "un libro". Pensate voi che il testo originario della Divina Commedia possa "divenire" nel tempo? Certo sono auspicabili delle letture, delle interpretazioni che ne attualizzino i contenuti ma lasciando integro il testo originario. Si può dire "sacro" o è, questa parola, divenuta una bestemmia nella nuova religione del libero mercato (domanda-offerta)?
Non credo che la legge di
Non credo che la legge di mercato c'entri qualcosa. I grandi capolavori dell'arte finanziati dai re, dai papi e dai nobili che volevano imitarli, rispondevano certamente alle leggi di mercato tanto vituperate oggi. Michelangelo si pagava certamente di più di un artigiano senza la sua tempra.
Il punto è un altro: chi commissionava l'opera aveva intelligenza, cultura e buon gusto. Soprattutto sapeva cogliere nell'arte l'espressione del sentimento "contemplato" dell'artista e pertanto lo sceglieva, perché gli riconosceva questa grande qualità.
Ma oggi, e soprattutto a Cefalù, quanti sono coloro che sanno riconoscere tali qualità? Pochi, pochissimi!
Ecco allora l'arte che si "vende" ed ecco allora uno stuolo di poveri (culturalmente) burocrati e politici, che decidono di comprare quest'arte e anche lo sfizio di chi vuol fare "divenire" quella vera.
La "lectio magistralis" di monsignor Crispino Valenziano parlava di un "codice culturale" e di "un sistema organizzato e strutturato di significanti e significati": ecco una interpretazione dell'opera d'arte che si presta a giustificare l'invenzione di qualunque "divenire", purché rispetti il "codice culturale"!