Viva Lambadouza (Lampedusa)

ritratto di Laura Miceli

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A proposito della mostra “Viva Lambadouza” di Nina Kalinovà quattro cose incidono la memoria tra le immagini fisse e in movimento, le parole, i suoni:

- un ragazzo e un tomo sacro all’interno del quale c’è un tesserino con una foto

- croci nude recanti un numero che spuntano dalla terra di un cimitero in faccia al mare

- il cappuccio di una felpa, come lo portano i ragazzi dell’universo mondo, lo sguardo sotto il cappuccio che non è lo sguardo dei ragazzi dell’universo mondo.

Dalle fotografie di Kalinovà esposte al circolo Unione di Corso Ruggiero, in Cefalù, emerge il ricordo delle parole di padre Vincent, il vice parroco di Lampedusa, ora ritornato nella sua Tanzania.
E’ stato un onore conoscerlo a Pollina, poiché egli appartiene alla specie, in via di estinzione, di esseri umani che hanno il dono di rendere vivi i fatti e le persone, e così le barche affastellate, inclinate, raccolte in una nuova sorta di cimitero riacquistano dignità e, in coro, improvvisano “u cuntu“ con il rispetto dovuto a chi ha trascorso giorni e notti tra marosi in tempesta e sfolgorio di sole, e sete, e nulla da bere oltre l’acqua di mare satura di sale che induce alla pazzia, e preghiere urlate e piante rivolte, ognuno a suo modo, verso l’Alto. Senza distinzioni di culto, specie e censo.

Questo “cuntu” è fatto di docce consumate centellinate in parrocchia, la chiesa di Lampedusa nelle foto, che si fa garante di docce per tutti, docce la cui acqua calda a mano a mano che si snoda la fila (che non finisce mai e mai è inferiore ad ottanta persone), diventa fredda, sempre più fredda.
L’acqua è un bene prezioso, mai come in Lampedusa, comune, necessario per taluni prima della preghiera.
Si passa dalla chiesa per raggiungere i locali della doccia: e, tutti, si trovano sotto lo sguardo sofferente del Crocefisso. Si sente questa frase : " E’ un uomo buono, buono”, rivolto a Colui, Figlio di Dio, per i cristiani, che si è fatto uomo per tutti ed è morto uomo per tutti. Per tutti un Uomo Buono.
In questo ecumenismo, lontano da discussioni e convegni, si fa realtà l’accoglienza senza calcoli di economia e di sicurezza, quella della gente comune, consapevole dell’asprezza della vita. E sul molo reti, galleggianti, borsoni e le mani a catena protese verso altre mani non tutte raggiunte.

Foto piene di sole che ha un significato diverso per chi cerca la tintarella di una vacanza, magari postpagata, e chi la subisce, forzata. Recinti, ribellioni, repressioni. Fracasso ulteriore per bambini soli e lasciati soli in un mondo di regole e burocrazia, estranee e diverse. Frastornati da urla e rumore, in attesa di altri recinti che non si sa chi dividono da chi, chi è dentro e chi è fuori.

Nelle foto di Kalinovà abbiamo visto barconi inclinati in mezzo al mare o in secca, ripescati per recuperare carburante, e ancora da loro echeggiano echi di parole tronche rauche ansimate, sorte da corpi dispersi e spintonati aggrappati al rottame inclinato che ancora combatte round su round. Un gigante e un giocattolo.
Sandali consunti che saranno sostituiti da “scarpini in bianco e nero” contenuti nel pacco consegnato all’arrivo ai sopravvissuti.

Non sono immagini edulcorate quelle in mostra.
Il video che abbiamo visto alla terrazza del museo Mandralisca (dov’era Manlio Peri ?) era un susseguirsi di onde infuriate, di cartelli di divieto di accesso, di accoglienza della gente del posto: E in questa terra, amara, qualcosa c’è che accomuna chi arriva a qualcuno che vi risiede da sempre e che sbircia da dietro la tendina di una finestra. Il desiderio di Ulisse: andarsene. Cerchiamo di ricordarci anche e sempre di Frate Francesco e di Sorella Chiara.

ritratto di Giovanni Biondo

Fotografia e fotografia etica

Brava Laura hai fatto una bellissima sintesi.
Hai contrapposto alla immobilità degli scatti tutto quel vissuto dinamico, problematico, contraddittorio e aperto a sviluppi futuri anche imprevedibili.
Io vorrei solo annotare la foto emblematica delle due donne alla finestra ( un piccolo gioiello),
per stigmatizzare il nostro atteggiamento di guardare da lontano senza comprometterci troppo scegliendo la via comoda dei fatti nostri. Semplice curiosità a distanza debita.
Per quanti concittadini questa rara mostra di fotografia etica è passata inosservata con tutto il suo bagaglio di dolore?

ritratto di Salvatore Culotta

Per tutti quelli che

Per tutti quelli che gustavano il gelato.