Mons. Crispino Valenziano - "Su le rovine di New York" - uno spunto per una più profonda riflessione

ritratto di Staff

Versione stampabile

Su le rovine di New York

Oggi, 11 settembre 2011, mi sembra imporsi la prima tra le letture del Lezionario liturgico che in questa domenica XXIV del cosiddetto “tempo ordinario” propone l’inizio del capitolo otto del libro del Siracide.

Se l’uomo cova ira verso l’altro uomo, cosa farà presentandosi a chiedere da Dio la guarigione? (Chè tutti abbiamo bisogno d’essere sanati da lui).

Ricorda che, comunque, anche tu scomparirai e finirai; conservati dunque scrupolosissimamente nell’ordine stabilito dal Signore: lui solo può impedire gli abomini che sviluppa la versione del rancore...

in questa giornata pesante, strana, quasi sospesa, in cui troppi richiamano le apocalissi ma pochi si ritrovano intenti ad impedirne i disastri ... (li smettiamo?) ... mi ritorna alla mente Thomas Merton che nel suo monastero trappista, in America, pressappoco 70 anni fa, nel 1942, 60 anni avanti la catastrofe delle “torri gemelle” a New York, raccontò, lucido come un reporter lì presente, l’11 settembre ’01, le fiamme e la rovina del paese.

Qualcuno, qui o lì, prima o poi, farà, faremo qualcosa che profetizza con uguale precisa aderenza, - non in poesia che è già fatta, ma - in politica, in economia, in religione, in ... (ch’è ancora da farsi) un’abbozzo di “speranza contro ogni speranza”?

(Mons. Crispino Valenziano)

____________________________

IN THE RUINS OF NEW YORK (di T.Merton)

La luna è più pallida di un'attrice.
Abbiamo visto il suo lutto nell'edera bruna
dei ponti arborescenti -
nell'edera bruna e lacera
che ama solo un arco d'aria pura.
La luna è più pallida di un'attrice, e ti piange, New York; cercando di vederti attraverso i ponti a brandelli,
china per udire il timbro falso
della, tua sofisticata voce -
i tuoi canti non si odono più!
Oh, quale quiete dopo la nera notte
in cui le fiamme venute dalle nubi carbonizzarono i tuoi denti cariati,
e i lampi
bucarono i neri ascessi di Harlem e del Bronx
e dispersero i rimanenti prigionieri
(decine, ventine di vivi)
tra gli alberi di Jersey,
per le verdi fattorie, a trovare libertà.

Come sono state distrutte, come sono crollate,
quelle grandi e possenti torri di ghiaccio e d'acciaio,
fuse da quale terrore e da quale miracolo?
Quali fuochi, quali luci hanno smembrato,
nella collera bianca della loro accusa,
quelle torri d'argento e d'acciaio?
Tu, le cui strade crebbero sui tralicci,
con radici in Bowling Green e perni nell'Upper Bay,
perché sei, ora, spoglia sino allo scheletro:
cosa è divenuta la tua carne viva e morta?
dove sono i luccichii delle tue foglie oscene?
Oh, là dove i tuoi figli la sera dell'ultima tua domenica
sparavano gli uni sugli altri all'ombra del Paramount,
le ceneri delle torri distrutte si mescolano ancora alle volute del fumo,
velando le tue esequie nella loro bruma;
e scrivono di braci il tuo epitaffio:
«Questa fu città
che si vestiva di cartamoneta.
Visse quattrocento anni,
e nelle vene le scorrevano nichelini.
Amava le acque dei sette mari porpora,
e ardeva del suo porto verde
più alta e più bianca di ogni Tiro.
Era senza cuore come un taxi;
aveva occhi altocoturnati talvolta blu come il gin,
e li inchiodava, ogni giorno della sua vita
sul cuore dei suoi sei milioni di poveri.
Ora è morta nel terrore d'una improvvisa contemplazione,
annegata nelle acque del proprio pozzo avvelenato.»
Possiamo noi consolarvi, astri,
della così lunga sopravvivenza d'un tale vizio?
Domani e dopodomani
le erbe e i fiorì cresceranno
sul seno di Manhattan.
E presto i rami del noce e del sicomoro
s'agiteranno dove furono tutte quelle sporche finestre -
l'edera e la vite selvatica
screpoleranno quei deboli muri,
seppellendo quelle facciate in grès nella freschezza e tra i fiori profumati;
e la rosa e il pomo selvatici
fioriranno in tutte quelle valli silenti al centro delle città. -
Vi saranno nidi di colombi, e alveari
nei precipizi dei vecchi appartamenti,
e gli uccelli canteranno nei biancospini assolati
dove una volta fu Park Avenue.
E dove fu Grand Central, s'alzerà una collinetta
coperta di freschi, ombrosi pini.
Credi che ci sarà qualche coltivatore
a dissodare un angolo nei boschi,
farà trionfare il mais su un acro,
sulle alture dominanti la foresta di Harlem?
I cacciatori verranno a esplorare
le vergini radure di Broadway, per la lince e per il cervo?
Oppure, qualche eremita si costruirà una cella, tra le betulle,
con le pietre del municipio,
quando il metrò sventrato si muta in fiumi
e ruscelli pieni di pesci
e scorrenti nel sole e nel silenzio verso la Battery
coperta di canneti?
Ma ora la luna è più pallida d'una statua.
Appende la lampada
agli alberi di ferro delle Esperidi distrutte.
E in quella luce, sotto le caverne che furono banche e teatri,
i barboni escono a giocare -
mentre noi crediamo udire il canto delle manticore
echeggiare lungo le pietre di Wall Street.
E siamo pieni di paura e più muti degli astri riversi
che vanno zoppiconi nelle acque fangose,
più muti della madre luna che, bianca come morte,
vola e fugge per i deserti di Jersey
.

ritratto di Pino Lo Presti

Le giovani menti

come le culture “barbare” che si affacciano alla vita ed alla storia hanno una geometria del pensiero rettilinea, protesa verso una “frontiera” che pare avere una precisa collocazione nello spazio e nel tempo. Ciò che si lascia dietro non ha importanza, semplicemente si rimuove dalla coscienza; è problema di chi viene dopo.
Diversamente le menti e le culture che hanno “esperienza” hanno pensieri con una geometria curva, circolare che nel raccogliere la esperienza tutta attorno ad una unitarietà di senso, rende manifesta l’idea che ciò che si lascia dietro lo si ritrova - prima o poi - davanti.
Da qui la Morale.

Ogni punto dell’Universo è in relazione continua con ogni altro punto dell’Universo, sicchè in ogni punto dell’Universo si può “leggere” ogni altro punto dell’Universo. Anche la storia di una vita è “leggibile” in ogni punto della evoluzione della sua forma.
“Dio è in ogni luogo, in ogni momento”, in ogni punto dell’Universo è contenuta la storia di tutto l’Universo.

Queste le basi del pensiero esoterico che fanno giustizia della “veggenza”.
La “Veggenza” è un dono che viene da una profonda maturazione della Morale, da una visione sincronica del Divenire in una unità di Senso.

La indicazione che Padre Crispino Valenziano ci dà con la citazione di questa “Poesia” è quella di un Senso da ricercare in quanto accade, di una ricerca che vada al di là delle "spiegazioni" che può fornire un pensiero rettilineo-deterministico, verso cioè una dimensione della consapevolezza “più morale”, ossia che veda all’origine di ciò che raccogliamo anche un qualche nostro gesto che - a suo tempo - (per eccesso del peso di gravità dell’Ego) è sfuggito alla tensione etica, quindi alla Giustizia!

In questo giorno, perchè il tutto non si riduca nella individuazione dei “cattivi” - come in un facile esorcismo - ma si rifletta come all’origine di ogni patologia stia sempre il protrarsi di una qualche ingiustizia.

Ci sarà pure un senso infine nel fatto che un uomo, 60 anni avanti, “vide” ciò che poi effettivamente accadde!

ritratto di Saro Di Paola

PER L'ALTRA CEFALU' E' UN ONORE

Che Mons. Crispino Valenziano abbia affidato a "L'Altra Cefalù" uno spunto per una riflessione "sulle rovine di New York" sottoponendoci la lettura della poesia di T. Merton,
PER L'ALTRA CEFALU' E' UN ONORE .

IL PIU' GRANDE CHE LE POTESSE ESSERE FATTO!

ritratto di Stephen Davola

Al di là dell'11 Settembre,

Al di là dell'11 Settembre, su cui non mi soffermo, e per il quale migliaia di americani innocenti sono morti a causa di un'operazione false flag, le conseguenze sono state le solite.
Dalla prima guerra mondiale, dall'affondamento volontario del Lusitania da parte degli americani, alla seconda guerra mondiale lasciando commettere il massacro di Pearl Harbour, all'operazione Northwoods mai effettuata, all'operazione CHAOS, i politici americani hanno trovato il pretesto per mobilitare sempre l'opinione pubblica, tramite sempre lo stesso condizionamento psicologico, per poter entrare in guerra e far guadagnare così chi veramente decide in america, cioè banchieri e venditori di armi(categorie che centuplicano le loro ricchezze durante una guerra).
La guerra in Iraq è una guerra che non è stata vinta, non perché i nemici siano forti, ma perché non si vuole vincerla, ma sostenerla(sennò finisce il guadagno per le caste americane).
l'11 Settembre sono morti poco meno di 3000 innocenti, degne di essere ricordate.
Comunque la guerra in Iraq ha causato altri 4500 morti tra le file americane ed almeno 120.000 morti violente tra i civili iracheni.
Nella guerra in Afghanistan invece, sono morti altri 2200 soldati statunitensi e circa 25.000 civili afghano.
Fino ad adesso la guerra in Iraq è costata 800 miliardi di dollari, ma Stiglitz, premio nobel per l'economia, ha calcolato che la guerra costerà agli americani circa 3 mila miliardi di dollari(una cifra di gran lunga superiore al PIL totale italiano).
Per tornare all'11 Settembre, non credo che il cattivone che vive nelle grotte sperdute abbia potuto organizzare tutto questo.
Che questo giorno sia da ricordo quindi, per farci riflettere su ciò che le ragion di stato e le ragioni dei potenti possono fare ai danni delle popolazioni.

ritratto di Angelo Sciortino

L'età dello Spirito Santo

Forse dovrà avverarsi prima l'età dello Spirito Santo, come diceva Gioacchino Di Fiore otto secoli fa. Ma se dovesse avverarsi, che ne sarebbe dei tanti Bernardo di Chiaravalle, che definiscono "turpe" imparare per sapere e per essere migliori? Lei, Monsignore, ne conosce qualcuno di questi "Bernardo"? Se sì, li richiami.