2 Giugno, Festa della Repubblica Italiana - L’Omaggio del MASCI di Cefalù alla Unità d’Italia, nel suo 150° (2° parte)
4 Giugno 2011, 02:43 - Pino Lo Presti [suoi interventi e commenti]
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(Piazza Duomo: la presentazione del Magister, R. Ilardo, “ I Valori dello Scautismo” ricordati da S, Muffoletto; il “taglio del nastro” alla S.ta Caterina; Sala delle Capriate: discorso di G. Muffoletto, Sindaco di Gratteri e di G. Guercio, Sindaco di Cefalù)
Rosario Ilardo, Magister della Comunità MASCI di Cefalù, presentazione dell’evento odierno,
La ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia rappresenta un evento culturale di straordinaria valenza storica, politica, sociale e civile. L’inizio di questo tormentato e controverso percorso, che ha innescato quel processo di rinnovamento culturale e politico che è stato il Risorgimento italiano, e che ha visto nel secolo scorso «il superamento del particolarismo politico italiano e l’unificazione della penisola sotto forma di Stato unitario, centralizzato, parlamentare, retto da sovrani della casa Savoia», si fa risalire al 1815, ai moti, cioè, antiaustriaci diretti a sovvertire le decisioni del Congresso di Vienna del 1814, che aveva, fra l’altro, sanzionato, peggiorandolo, il predominio austriaco in Italia.
Anche la Città di Cefalù, per la nobile causa unitaria che spinte centrifughe e secessioniste tentano ancora oggi di minare, ha versato il sangue dei suoi figli migliori nella rivolta del 1856: nella serata del 25 novembre, Salvatore Guarnera, Andrea Maggio, Nicolò Botta, Pasquale Maggio e Vincenzo Spinuzza, diedero «inizio al moto sventolando la bandiera tricolore». Gli insorti assalirono il posto di guardia, occupando la casa comunale, forzando le porte della prigione e liberando Salvatore Spinuzza. L’arrivo, però, di una fregata corazzata borbonica nel mare di Cefalù, la Sannio, seminò paura e creò scompiglio nella popolazione locale. I rivoltosi furono costretti ad abbandonare la lotta ritirandosi nell’entroterra, con l’intento di incitare alla sollevazione i paesi delle Madonie.
Intanto, il barone Bentivegna, artefice della insurrezione, catturato per tradimento, processato e condannato a morte dal Consiglio di Guerra della Real Piazza di Palermo, il 20 dicembre 1856 venne fucilato nella piazza principale di Mezzojuso. I cospiratori di Cefalù, sorpresi e arrestati nel caseggiato di Giovanni Sirena, nelle campagne di Pettineo, vennero processati e condannati a morte con pena commutata, successivamente, a 18 anni di carcere duro da scontare nelle segrete del forte di S. Caterina e S. Giacomo nell’isola di Favignana.
Salvatore Spinuzza, giovanissimo, cadde sotto il piombo borbonico, fucilato il 14 marzo 1857 nel piano di Porta Terra. Il sacrificio estremo di Francesco Bentivegna e Salvatore Spinuzza, e le sofferenze patite nelle fosse della Favignana dagli altri irredentisti dei moti del 1856, non furono vani: il processo unitario era diventato ormai irreversibile, tant’è che di lì a poco, il 17 marzo 1861, fu proclamata l’Unità d’Italia.
Da quel fatidico giorno, tanti gli eventi che hanno scandito la vita della nostra comunità cittadina: uomini e donne di diverse generazioni e ceti sociali, cresciuti ed educati all’ombra della Cattedrale di Ruggero, hanno dato il loro contributo per la crescita e il riscatto civile, culturale, spirituale di questa comunità, secondo le proprie visioni, le proprie convinzioni, le proprie inclinazioni, la propria sensibilità, ciascuno cercando di fare del “proprio meglio”, ciascuno cercando di lasciare una società “un po’ migliore di come l’ha trovata”, ciascuno cercando, per quanto possibile, di partecipare attivamente, cioè in modo consapevole e responsabile, al divenire della propria Città, «per portare a pienezza i valori, gli ideali, le regole e i progetti che stanno a fondamento della “Città dell’Uomo”».
Si è pensato, allora, senza vane pretese di completezza, di rievocare e rafforzare la memoria storica di questa Città, narrando, come in una sequenza filmica, i piccoli e i grandi eventi che sono scivolati via lungo l’arco temporale di questi ultimi 150 anni, a partire proprio dai moti rivoluzionari del 1856 sino a giungere ai nostri giorni. E lo abbiamo fatto non in forma accademica, ma affidandoci ad uno strumento comunicativo e di impatto immediato, cioè il manifesto, la cui forza espressiva è considerata una vera e propria “forma di comunicazione di massa”, che, talora, è assurta a dignità d’arte, giovandosi della inventiva e della creatività dei cosiddetti “professionisti della comunicazione”, dai designer ai grafici.
Alcuni dei manifesti selezionati ed esposti nella mostra, portati alla nostra attenzione, a centinaia, dai collezionisti locali, sono davvero belli, altri lo sono un po’ meno, altri ancora appaiono più semplici, altri più elaborati, tutti, comunque, hanno il potere di stimolare la nostra riflessione, di sollecitare la nostra presa di coscienza, di suscitare il nostro assenso, di provocare il nostro disappunto, grazie alla suggestione e alla varietà delle immagini, dei segni e dei colori, alla forza e alla forma del linguaggio, ora ridondante, come in quelli ottocenteschi, ora più schietto e immediato, come in quelli più recenti.
Ne è saltato fuori uno spaccato di vita sociale assai ricco e variegato, che ci offre l’occasione per constatare e verificare quanto veloce, a volte frenetico, sia stato il processo di maturazione, di cambiamento, di trasformazione sociale e antropologica di questa comunità, con le sue aspirazioni, le sue tensioni, le sue contraddizioni, le sue scelte, non sempre per la verità, specie in questi ultimi lustri, avvedute e lineari. Una rassegna, insomma, che offre il quadro della molteplicità delle iniziative e degli interessi che sono maturati in seno alla nostra comunità, soprattutto negli ultimi decenni, e che spaziano dai temi della politica a quelli religiosi, della pace, della solidarietà, della cultura, dell’arte, del cinema, del turismo, dello sport, della scuola, del volontariato, ecc.. Eventi curati dagli organi istituzionali (Comune, Azienda di Turismo, Regione, Provincia, Ente Parco) ma anche, e direi in modo preponderante, dal mondo dell’associazionismo locale, che attende di essere riconosciuto e valorizzato appieno e che, con la originalità e la qualità delle sue proposte, continua ad essere indiscutibile e imprescindibile volano di crescita socio-culturale di questa comunità, sebbene sia costretto ad operare precariamente senza l’ausilio di mezzi, di strutture e di risorse adeguati.
Ne è edificante esempio il mondo dello Scoutismo, di cui proprio quest’anno ricorre il centenario della fondazione in Sicilia e che, anche a Cefalù, nei suoi 90 anni di vita, si è distinto per stile, senso di responsabilità, continuità e linearità di condotta, serietà e gratuità delle sue iniziative, impegno profuso nel campo del volontariato e della solidarietà.
In conformità ai principi morali, agli ideali e ai valori del metodo scoutistico, abbiamo pensato che questa mostra-evento potesse rappresentare l’occasione buona per raccogliere fondi da destinare alle emergenze e ai bisogni di prima necessità delle popolazioni del “Terzo Mondo”: ci proponiamo, pertanto, di versare quanto raccolto con la distribuzione del bel catalogo che correda la mostra, all’associazione “ECCOMI”, un’associazione di volontariato Onlus promossa e voluta dal MASCI nazionale per la cooperazione internazionale.
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Salvatore Muffoletto, viceMagister della Comunità “Giovanni Paolo II il Grande”: I Valori dello Scautismo per una comune crescita civile
Francesco Bentivegna, Cesare Civello, Alessandro e Salvatore Guarnera, Andrea Maggio, Nicola e Carlo Botta, Francesco Bonafede, Giovanni Palamara, David Figlia, Salvatore Spinuzza.
Questi i nomi, oggi qui ricordati, dei protagonisti della rivolta antiborbonica del 1856 conclusasi in maniera tragica con la morte del Barone Bentivegna, fucilato a Mezzoiuso il 25 Dicembre dello stesso anno e con la morte del nostro concittadino Salvatore Spinuzza “moschettato”, come si legge sulla lapide di Piazza Garibaldi, il 13 Marzo del 1857.
E noi abbiamo, oggi, voluto ricordare questi uomini che hanno messo in gioco la loro incolumità personale, la loro vita, per un ideale di unità e di libertà al tempo stesso.
Sono stati uomini che hanno messo in gioco il loro bene più prezioso, certamente per costruire un futuro migliore, un futuro libero, un futuro dignitoso.
Salvatore Spinuzza, già all’età di 19 anni si rese protagonista di azioni antiborboniche in occasione della rivolta del 1848 e quando venne ucciso aveva appena 28 anni.
Libertà e dignità, dunque, valori l’un con l’altro strettamente connessi, valori posti alla base della nostra Carta Costituzionale, beni assoluti, beni indisponibili: per questi beni, uomini come i nostri appena citati, e non solo loro, non hanno esitato a rischiare la loro vita.
Se oggi possiamo godere di questi beni, appunto libertà e dignità, è perché ci sono stati, ci sono e, dobbiamo augurarci ci siano sempre, uomini disposti a proteggerli anche a costo della propria vita.
Il nostro pensiero sta andando in questo istante certamente agli eroi del nostro risorgimento ma non può non andare a quanti prima e dopo di loro hanno combattuto e continuano ogni giorno a combattere per quegli stessi ideali.
Il nostro pensiero non può dunque non andare a tutte le forze dell’ordine che con la loro azione garantiscono quella libertà e quella dignità necessarie per realizzare ciascuno la propria vita;
Il nostro pensiero non può non andare a quegli uomini delle istituzioni, in particolar modo a quei Magistrati, che con il loro impegno, e spesso anche con il sacrificio della propria vita, hanno garantito e continuano a garantire quella libertà e quella dignità necessarie per realizzare ciascuno la propria vita;
Il nostro pensiero non può non andare a quanti con il loro costante lavoro, semplice o complesso che sia, di enorme o di modesta responsabilità ma pur sempre utile, in fabbrica o nei campi, nelle miniere o sul mare, nei cieli o sulle strade, sono stati e sono in grado di garantire, giorno dopo giorno, libertà e dignità.
Ed infine, il nostro pensiero non può non andare a quegli uomini i quali vedono nella politica una delle più alte forme di servizio, quegli uomini per i quali la politica è l’insieme delle attività organizzate al fine di assicurare a tutti la possibilità di realizzare, degnamente, la propria vita.
Questa odierna manifestazione, ci ha dato modo di evocare fatti e personaggi e di esternare la nostra profonda gratitudine nei confronti di coloro i quali hanno, con pervicace convinzione, ritenuto di anteporre il bene comune a quello personale.
Ma siamo, al tempo stesso, convinti che una vera e sincera gratitudine non possa essere occasionale, di breve durata, legata a questa o ad altra ricorrenza : non sarebbe una vera gratitudine.
Agli uomini del nostro risorgimento, così come a quelli che prima di loro e dopo di loro si sono attivati, in qualunque settore e con qualunque mezzo, per la costruzione di un futuro migliore, dobbiamo una riconoscenza capace di materializzarsi in impegno costante e continuo di cittadini consapevoli, attenti e pronti ad intervenire ogni qualvolta qualcuno tenti di demolire ciò che con il sacrificio di molti è stato costruito;
attenti e pronti ad intervenire ogni qual volta qualcuno tenti di mettere in atto, molto spesso in maniera subdola, per nulla appariscente ma costantemente strisciante, azioni capaci di distruggere, giorno dopo giorno, ciò che di positivo nel corso di lunghi anni è stato costruito:
per dirla in breve abbiamo l’obbligo di essere “cittadini partecipi”.
L’attuale modello politico che grazie ad una delega sproporzionata al reale consenso, concentra molto potere nelle mani di pochi, pone in modo ancora più forte la necessità di una partecipazione che funga da contrappeso all’idea totalitaria che il potere personale debba essere assicurato da una cerchia di collaboratori fidati e da una schiera di “devoti” che condividono le occasioni di privilegio offerte dalla carica pubblica.
Certo, è pur vero che la partecipazione alla vita politica è spesso difficilmente compatibile con la quotidianità del lavoro e della famiglia e ciò finisce col richiedere una scelta esclusiva che molti non sono disposti a compiere.
Ma se vogliamo evitare la formazione di “caste” capaci di garantirsi una serie di privilegi esclusivi attraverso l’esercizio del potere, le cui conseguenze diventano fonte di irritazione, contestazione, sofferenza, se vogliamo contrastare questo clima è necessario che ogni cittadino si senta responsabile di ciò che accade e trovi, sempre e comunque, i mezzi e le vie più idonee ad una partecipazione competente e consapevole.
Perché la politica sia una “buona politica” necessitano donne e uomini virtuosi, senza interessi personali o di parte per i quali, come qualcuno ebbe a dire in passato, “la virtù è premio a se stessa”.
In questi nostri tempi connotati dalla grande forza dei mezzi di comunicazione di massa, la politica è diventata spettacolo e richiesta di delega, con il conseguente dannoso risultato di un progressivo scollamento tra cittadino e istituzione.
Gli Adulti Scout e chi vi parla, nella qualità di vice-magister della Comunità MASCI di Cefalù, in questa ricorrenza che celebra anche la nascita, ben 100 anni fa, dello scautismo in Sicilia, condividono e vogliono condividere con tutti il sogno di una generazione nuova di italiani e di cattolici i quali, come ha detto il Cardinale Bagnasco, “pur nel travaglio della cultura odierna e stando sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante ed alta in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni”
Questo e soltanto questo è, dunque, l’impegno che ci può consentire di essere non spettatori della storia ma artefici di una realtà che giorno dopo giorno va costruita con impegno costante e riguardoso delle necessità di tutti.
Questo e solo questo, meglio di qualunque spettacolare commemorazione può degnamente onorare i caduti per la libertà.
Per mezzo di questa ricorrenza vogliamo lanciare un messaggio a tutti i nostri concittadini, alle nuove generazioni ed in particolare ai giovani, affinchè nel loro patrimonio culturale siano sempre presenti i valori della Libertà, della Legalità, della Uguaglianza, della Solidarietà, della Fratellanza, dell’Amore per il Prossimo, valori questi che lo scautismo ha fatto propri sin dal suo nascere.
Qualche attimo prima del momento estremo Spinuzza disse: “Possa il sangue mio e dell’amico Francesco Bentivegna essere la salvezza della Patria”: sta a ciascuno di noi fare in modo che il loro sacrificio non sia stato vano.
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Sala S.ta Caterina “Manifesti e Locandine raccontano Cefalù”
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Sala delle Capriate
Vengono declamate delle Poesie:
Giuseppe Muffoletto, Sindaco di Gratteri
Ritengo doveroso mettervi a parte di una storia che riguarda la famiglia Bonafede, della quale la Comunità di Gratteri, che io rappresento, sente alto il senso e il vanto.
Intanto desidero compiacermi con il dottor Rosario Ilardo, nella sua qualità di Magister degli “esploratori” - si diceva una volta -, e con il Sindaco della città di Cefalù per aver realizzato l’evento di oggi.
Ho accolto di buon grado l’invito che mi è stato formulato non solo per l’indissolubile vincolo che mi lega alla città di Cefalù e a questa Comunità; ma ho accettato di buon grado perché Gratteri, questa piccolissima, minuscola Comunità delle Madonie, contribuì con il sacrificio dei suoi figli a scrivere quelle pagine di gloria del Risorgimento italiano.
È stata ricordata la figura di Francesco Bonafede che, con Salvatore Spinuzza, con Giovanni Palamara di Collesano, con Cesare Civello di Campofelice di Roccella, e con tanti altri partecipò alle giornate che si conclusero poi il 25 novembre del 1856; però è giusto che io vi dica che quella Comunità seppe dare alla causa del Risorgimento ben tre fratelli Bonafede: Giuseppe, Giacomo e Francesco.
Una piccola Comunità capace di un sacrificio così grande!
Se esaminate la Gazzetta ufficiale dello Stato italiano del novembre 1878, vi troverete nell’elenco ufficiale dei 1000 di Marsala, Giuseppe Bonafede, fratello di Francesco e di Giacomo.
Costui era addirittura (per quell’epoca un posto di grande rilievo) direttore dell’Orto botanico che allora si chiamava Orto di “acclimatizzazione”.
Giacomo Bonafede, domenicano, grande predicatore (insegnò in parecchie scuole di alto livello in Italia) ad un certo punto ritiene doveroso mettere da canto la veste di Prete; e ciò accade quando il fratello Francesco (quello che noi ricordiamo con Salvatore Spinuzza), fallito il tentativo di insurrezione in Calabria (perché Francesco partecipò oltre ai moti del 1848 anche alla spedizione siculo-calabra per tentare di far sollevare le genti di Calabria) venne arrestato e condotto nel carcere borbonico a Napoli.
In quel in quel momento - in dipendenza delle sofferenze riservate al fratello Francesco -, Giacomo ritiene doveroso mettere da canto la veste di predicatore e di Prete e di aderire alla causa del Risorgimento italiano!
Partecipa alla spedizione dei 1000 e scrive un libro, un grande libro, che si chiama ”I 1000 di Marsala”, che venne pubblicato nel 1863 e che è una cronaca minuziosa di ogni momento di quella gloriosa spedizione.
E poi Francesco, Francesco che partecipa alle giornate di Cefalù, Francesco che insieme alla famiglia Sideli, sempre di Gratteri, si dà da fare per tutelare la vita e nascondere Salvatore Spinuzza ed altri cospiratori. Francesco che viene condannato a morte; pena commutata, come è stato autorevolmente ricordato dal professor Franco, in 18 anni di carcere nell’inferno di Favignana donde viene liberato dal generale Garibaldi.
Ma il ruolo di Francesco Bonafede, consentitemi, non si ferma qui; Francesco Bonafede è l’anima della rivoluzione di Palermo del 1866, è il segretario di quel comitato rivoluzionario che riesce a resistere alla forza - questa volta non più borbonica ma piemontese -, per sette giorni a mezzo, tant’è che gli danno l’appellativo di Viceré di Sicilia e di rivoluzione del 7 e mezzo.
Tutte tre sono stati degli uomini che hanno vissuto la loro vita per la libertà, che hanno operato per la libertà, che hanno ad un certo momento con la loro esperienza aderito al pensiero di una Italia libera e repubblicana perché fecero comune denominatore degli insegnamenti di Giuseppe Mazzini.
Giuseppe Guercio, Sindaco di Cefalù
L’eco delle celebrazioni degli eventi che in questi mesi del 2011 si sono svolte in tutta Italia è arrivata sino a qui a Cefalù.
Per questo ringrazio veramente il Presidente del MASCIi, dott. Rosario Ilardo, per aver organizzato - assieme all’Amministrazione comunale di Cefalù e alla Provincia -, oggi 2 giugno festa della Repubblica, questo evento che assume per tutti noi uno straordinario rilievo istituzionale e civile.
Tutti noi, qui a Cefalù, abbiamo bisogno di ripercorrere i momenti qualificanti di quel processo che ha portato all’unità d’Italia, per ricordare le figure di tutti protagonisti e anche dei nostri concittadini che hanno dato il loro prezioso contributo.
In questo momento - senza avere la pretesa di esaurire in poche parole la straordinaria esperienza storica che ha portato, seppure con il sacrificio di tanti, al processo unitario della nostra Nazione -, vorrei solo raccogliere tutta la forza e la validità che per noi oggi rappresenta il poter vivere in un paese unito.
Come sappiamo bene tutti, l’unità d’Italia ha contribuito a plasmare il nostro costume, la nostra cultura, la nostra identità.
Dal 1861, niente più è come prima, eppure molto spesso possiamo rischiare di dimenticare la nostra storia innescando dinamiche di contrapposizione e di contrasti, piuttosto che dinamiche positive, comuni, minacciando ciò che faticosamente abbiamo raggiunto.
C’è bisogno di ricorrere alla base della nostra unità che si è faticosamente formata nel Risorgimento, c’è bisogno di rinsaldare le ragioni profonde della nostra unità nazionale seguendo i veri principi e le regole democratiche; quei principi e quelle regole che accolgono e danno senso alla istanza di libertà, di democrazia, di progresso civile, sociale e di pace.
L’unità d’Italia è stata pagata a caro prezzo, anzi a carissimo prezzo, e questo deve costituire un monito per tutti noi! L’unità è stata fatta grazie a tutti quelli che non si sono tirati indietro, fino alla morte, ma è un’unità da farsi ogni giorno, ciascuno per la sua parte. L’Italia unita ha ancora tanti motivi di divisione, e debolezze che insidiano la nostra unità nazionale. Penso in particolare allo squilibrio tra Nord e Sud, alla condizione del Mezzogiorno.
lo sviluppo del sud Italia è condizione e occasione per garantire la stessa unità della Nazione; non ci può essere alternativa a quella di crescere insieme senza tendenze separatiste o indipendentiste.
L’occasione di oggi ci metta tutti nella condizione di rinnovare la convinzione della necessità di un impegno condiviso da tutti, giovani e anziani, ad irrobustire la nostra coscienza di appartenere ad una Nazione una e indivisibile, come recita la nostra costituzione, e a lavorare insieme per ritrovare le ragioni profonde della nostra identità, senza frammentazioni.
E’ un impegno ovviamente rivolto a tutti, al mondo della cultura e alle sue istituzioni, alle classi dirigenti, alle forze politiche, ad ogni cittadino che abbia a cuore il proprio paese e vuole vivere in una terra pacifica e democratica, senza divisioni senza fratture; non si tratta di un invito al pacifismo sterile si tratta piuttosto di sentirsi italiani, di sentirsi orgogliosi, di esserlo veramente.
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Un sentimento, una festa, non compresi - sembra - da alcuni
( Così come la vita si manifesta nel doppio moto della espansione e della contrazione, così la coscienza ed il sentimento. Il pur precario equilibrio tra i due è ciò che tuttavia “definisce” una emozione, una idea, una forma ).
Un “Confine” è necessario per definire “qualcosa” da un qualcos’altro, un essere qualcosa dal non esserlo o da un esserlo diversamente.
Cosa significa essere siciliano, italiano, europeo, occidentale ...? Cosa riconosciamo in quegli altri con cui ci riconosciamo in “comunità” e definiamo, ad esempio, “Patria” ?
E’ solo un fatto di appartenenza ad un’area geografica? Evidentemente nò; è una storia, una comune esperienza della vita, quindi una cultura della vita e dei suoi cristalli di saggezza - i valori, i simboli, codici di intesa - condivisi.
Fa bene certo essere capaci di tagliare ogni cordone ombelicale per trovare le ragioni interiori della propria identità, ma fa bene anche essere capaci di andare oltre se stessi per trovare le ragioni collettive della propria identità; è nel delicato equilibrio tra le ragioni della propria “società” interna (delle nostre tante “voci”) e quelle della società esterna (delle altrui tante “voci”) che si completa armonicamente la percezione della propria identità in quella del proprio ruolo nella società.
Il sentimento della appartenenza ad un gruppo (laddove non sia in “difesa” della propria vacuità) è il segno del maturato rapporto tra l’ individuo e gli altri: la civiltà!
Viceversa la non condivisione di questo sentimento, l’antagonismo depongono a sfavore di una raggiunta maturità e segnano, nel prevalere delle ragioni del proprio bisogno di “manifestazione”, una mancanza di civiltà!
Questi futuri italiani hanno colto in una manifestazione dei valori della Unità qualcosa da sfidare, a cui rispondere con disprezzo nella esibizione della propria individualità.
Ma non è neanche un segno di rispetto e di condivisione dei valori manifestati in piazza Duomo, il non aver sentito il bisogno di spostare dal centro della piazza (o quasi), vicino al luogo della “Alza-bandiera”, questa altra forma di “manifestazione” delle proprie particolari ragioni individuali
Un certo pudore di sè dovrebbe essere naturale nei luoghi e nelle manifestazioni del pubblico, nei confronti della comunità; una volta si sarebbe anche potuto chiamare “amor di Patria”.
Caro Pino, permettimi di
Caro Pino, permettimi di dissentire sul tuo punto di vista circa il sentimento di appartenenza ad una "patria".
La storia va interpretata e non esiste solo il punto di vista dei vincitori, anche se purtroppo è stato quello che ci è stato, e continua ad essere "insegnato".
A mio parere, gli ideali per i quali si sono sacrificati tutti questi giovani siciliani che avete commemorato, sono già stati traditi 150 anni fa, per cui non posso fare altro che essere fiero di quei bambini, che da quel che mostrano le tue foto, "sfidano" i valori astratti di uno stato che non è mai riuscito ad apportare benessere e giustizia al suo popolo...
Gentile Alexandre Morello....
attraverso L'altra Cefalù, ho avuto modo di conoscere l'impegno fattivo della Sua Associazione ed in particolare il Suo per l'ambiente e non solo. Francamente, e non me ne voglia, ma non trovo niente di "rivoluzionario" nella "sfida" di questi ("carusi") irriverenti bulletti di paese che non hanno niente di diverso da quelli, un po più cresciuti, che attraversano, con i propri motorini, le strade della nostra Cefalù,a tutta velocità o smarmittati, ignorando il rispetto altrui. Non mi stupirei troppo se questi "irriverenti bulletti", finissero per "ingrossare" le fila degli "amministratori" dello Stato che lei definisce: "non è mai riuscito ad apportare benessere e giustizia al suo popolo". Credo che ci sia un popolo migliore da "questi", capace di fare cose "rivoluzionarie" come quelle che Lei e la Sua Associazione fà. Con simpatia Leonardo Mento
Gentile Leonardo Mento,
Gentile Leonardo Mento, grazie per la simpatia.
Questi bambini non li conosco personalmente e non ero presente per cui non posso contraddire ciò che sta dicendo, la mia è stata solo un impressione data dalle fotografie di Pino.
Non ho dubbi sul fatto che ci sia un popolo migliore capace di fare cose rivoluzionarie nella nostra terra, ma prima dovrebbe svegliarsi, smetterla di farsi condizionare mentalmente, liberarsi dai falsi miti del passato e della sindrome di Stoccolma e finalmente ritrovare la fierezza e l'amore per la propria "patria" che è il Centro del Mediterraneo e non il sud di uno stato che ci è stato imposto con la forza e la furbizia 150 anni fa e che si è sempre dimostrato per noi insostenibile...
Caro Alexandre...
sono con lei d'accordo, al riguardo mi piace, spesso, citare l'incontro tra il Principe di Salina e il piamontese Chavalley tratto dal libro Il Gattopardo; credo che lo scrittore Tommasi di Lampedusa abbia, nel dialogo tra i due, ben descritto quello che sarebbe poi accaduto. Le consiglio di rivedere,tramite you tube, l'incontro di cui Le parlo, riconoscerà molti "Sedara". Cordialità
NON PER NIENTE......." L'ALTRA CEFALU' "
Caro Pino,
non ho seguito, di presenza, "L'Omaggio" che il MASCI di Cefalù ha tributato all'Unità d'Italia.
Ho, perciò, guardato le foto del tuo servizio e letto i contributi di quanti sono intervenuti nel corso della celebrazione.
Con grande curiosità e con particolare interesse.
SENTO DI DOVERTI DIRE GRAZIE :
CON IL TUO SERVIZIO SEI RIUSCITO,
MAGISTRALMENTE
A FARMI VIVERE UN EVENTO CHE NON HO VISSUTO.
Persino in quella amarezza che hai provato, e che anch'io avrei provato e provo, per quegli "inconvenienti" che, al fotografo-cronista, non sono sfuggiti.
Con il tuo servizio hai consegnato,
MAGISTRALMENTE -reitero l'avverbio perchè cade ad hoc-
alla storia di Cefalù un EVENTO che, a mia memoria, a Cefalù, NON HA AVUTO PRECEDENTI nella ricorrenza del 2 giugno.
Anche se questa del 2011, per essere la 15O^, anche a Cefalù, avrebbe dovuto avere, rispetto alle precedenti, quel maggior risalto che ha avuto.
Un risalto per il quale, da cittadino,
SENTO DI DOVERE DIRE GRAZIE AL MASCI.
E, per il MASCI, al DOTT. ROSARIO ILARDO.
In particolare e per TUTTO IL "MOVIMENTO" di Cefalù.
Caro Pino,
LA TENTAZIONE DI NON COMMENTARTI, di non dirti grazie e di non esprimerti i miei sentimenti E' STATA GRANDE.
Sai bene, infatti, che speculare è facile.
Persino sui commenti, sui ringraziamenti e sui sentimenti che "GLI ALTRI" affidiamo a questo blog.
Sono stato PIU' FORTE DELLA TENTAZIONE.
NON PER NIENTE questo blog è "L'ALTRA CEFALU'".
Sorvolando, non per
Sorvolando, non per disinteresse ma perchè già detto (da Saro),sul valore sia della manifestazione che del servizio mi sembra giusto porre l'accento su quello che rappresenta l'ultima immagine:l'espropriazione perenne di un comune patrimonio, l'idea che tutto mi è permesso perchè "IO" mando avanti l'economia.
NONOSTANTE "NOI" ...... ALTRO CHE "IO"
"IO"..... CHI ?
A Cefalù, "l'economia la mandano avanti" :
MADRE NATURA, "quel tale" RUGGERO e poi, nel debito rapporto, "un certo Enrico".
Tutti GLI ALTRI siamo BENEFICIARI, più o meno diretti, di quella economia che Loro hanno creato e che continuano a mandare avanti.
NONOSTANTE "NOI".