Il Museo archeologico di Kephaloidion presso Himera (parte II)

ritratto di Nicola Pizzillo

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IL RELITTO NAVALE BIZANTINO DELLA CALDURA

A Cefalù sono stati identificati i resti di un a grande imbarcazione bizantina di probabile provenienza orientale, naufragata a pochi metri dalla riva intorno alla metà del VI sec. d.C.

In località Caldura, un grande cumulo di pietre adiacente alla costa e circondato dalla sabbia costituiva infatti da sempre un’irresistibile attrazione per il pesce e per i pescatori e, come ricordano gli anziani del luogo, anche per le tartarughe marine che si accostavano alla riva per deporre le uova, ma nessuno sospettava che il sito nascondeva reperti di un antico naufragio.
Dal cumulo fuoriuscivano a distanza regolare dei tronchi di legno con corteccia, ma il sospetto di trovarsi dinnanzi ad un relitto divenne certezza solo agli inizi degli anni ’80, quando Gianfranco Purpora, a cui si deve l’individuazione e lo studio del relitto, notò che, non solo numerose ancore di ferro bizantine circondavano il giacimento, ma soprattutto che i tronchi, lasciati grezzi, erano in realtà lavorati nei punti d’intersezione, all’altezza di quello che avrebbe potuto essere l’incintone (fascia lignea in corrispondenza della coperta) di una nave antica, tra i bagli ed i madieri. Anche nel relitto bizantino del IV sec. d.C. di Yassi Ada II in Turchia, per economizzare sul costo della manodopera, era stato realizzato uno scafo lasciato grezzo in alcune parti esterne. Un’altra circostanza fortuita è valsa a nascondere nel tempo il vasto giacimento archeologico che tuttavia è stato oggetto di recuperi occasionali già fin dall’età più antica: il fatto cioè che ne XVII sec. , quando era vicerè di Sicilia Emanuele Filiberto (1622 -4), si era ritenuto possibile utilizzare il cumulo rappresentato dalla nave bizantina per intraprendere la costruzione di un molo, scaricandovi sopra ulteriore pietrame. Il devastante progetto era stato poi per fortuna abbandonato, ma ciò era stato utile per mascherare a bassa profondità parte dei resti della nave forse da guerra, proveniente dal Mar Nero, legata all’oscura vicenda della conquista giustinianea della Sicilia in occasione della guerra Gotica (547 – 551 d.C.).

L’attracco della Caldura
In base alla documentazione subacquea, l’insenatura della Caldura era stata frequentata almeno dall’età ellenistica come ancoraggio. Non solo lo dimostrano le numerose ancore litiche (di pietra), alcune spezzate e quindi abbandonate in quanto inutilizzabili, ma anche quattro notevoli frammenti di ancore lignee in eccezionale stato di conservazione. Una menzione sicuramente merita la parte superiore di un fusto ligneo con colletto plumbeo per l’inserimento di un ceppo oggi mancante. Il fusto era stato ricavato da un legno di reimpiego, probabilmente la pala di un remo. Si può indicare qualche vago riscontro per reperti di questo tipo, che restano senza precisa datazione, da riferire comunque al periodo greco-romano.

I reperti del relitto bizantino
Una data sicura – la metà del VI sec. d.C.- la offrono invece gli abbondanti, coerenti ed omogenei reperti ceramici che circondano il cumulo, tra cui una lucerna con vistose tracce d’uso.
La varietà dei tipi d’anfora e la scarsezza del numero di esemplari reperibili per ciascun tipo inducono a pensare più ad un carico di un’imbarcazione militare, che di commercio. Frequenti sono le iscrizioni greche e latine, prevalentemente di nomi propri (lereus, Aimes, vinum Silvani, etc.).
La presenza di ceramica sigillata chiara africana di pregio, come nel caso di un grande bacino, le cui due metà sono state rinvenute a distanza di quattro anni l’una dall’altra, conferma l’impressione di agiatezza che danno i reperti di bordo. Il modello originario della raffigurazione del grande bacino tendeva forse a rappresentare i titolari affrontati delle due partes imperii con i simboli della regalità (la stella) e della pace (la colomba).
Nel sito si ritrovavano – e si ritrovano tutt’ora sepolte – numerose travi lavorate nei punti d’intersezione, anfore, attrezzi di ferro concrezionati (incrostati) – come una vanga bidente – frammenti di zolfo, strumenti nautici, come uno scandaglio, che è stato recuperato.
Una spada rievoca il probabile carattere militare del giacimento, ribadito da palle di pietra e da un enigmatico reperto litico, che potrebbe essere stata la ghiera di tenuta delle molle di torsione di un’antica catapulta.
Ancora più difficile è interpretare correttamente un tubo di ferro, incastonato in un incavo ad U per l’intera lunghezza di una massiccia trave. Si potrebbe pensare ad un cannone quattrocentesco, ma reperti di tale età sono in loco assolutamente assenti. Non è mai stato ritrovato il tubo lanciafiamme alimentato da un mantice che dalla prua di un dromone bizantino scagliava l’inestinguibile fuoco greco (foto in basso), mistura a base di zolfo, minerale curiosamente presente nel sito.


E’ però evidente che un’ipotesi di tale rilevanza non può essere formulata in assenza di un recupero, che resta attualmente ancora possibile. Ma l’ipotesi che i primi cannoni quattrocenteschi abbiano potuto non a caso aver avuto una struttura analoga e modellarsi su più antichi strumenti di guerra, adesso appare più fondata.
Una recente ed importante novità offerta dal giacimento della Caldura è costituita dalla natura delle pietre di zavorra presenti nel sito. Non solo la zavorra era costituita da pietre di tipo particolare ( granito rosa, pietre micacee, marmo bianco), ma formata anche da elementi architettonici di pregio, forse resti dello spoglio di edifici diruti (rovinati): parte di una colonnina, un capitello, la cornice di un ambone intarsiata con pietre colorate divelte, frammenti di lastre di marmo, un frammento di un panneggio di una statua. Si potrebbe supporre che il grande scafo, di oltre una trentina di metri di lunghezza e con un elevato coefficiente di finezza, sia stato pesantemente zavorrato anche con materiali edilizi di risulta, abbandonati in prossimità degli scali d’alaggio dell’ignoto porto di partenza, dopo un evento disastroso come un terremoto. Poco prima dell’invio di una flotta di trecento dromoni (v.foto seguente) per la riconquista Giustinianea della Sicilia sotto il comando dell’anziano funzionario Liberio, Costantinopoli e le zone adiacenti erano state danneggiate da un forte scuotimento della terra.

Altri naufragi in località Caldura
Dopo il recupero – fin dall’epoca del naufragio e nei secoli successivi di molti elementi utili per l’identificazione dello scafo della nave bizantina, finito praticamente sulla riva – e la millenaria devastazione del mare, un altro naufragio nel riparo della Caldura ha contribuito ulteriormente a confondere e nascondere il giacimento del VI secolo d.C.
Infine è stato ritrovato un forziere, probabilmente del XVI –XVII sec. d.C. , in pesanti lastre di marmo ripiegate ed imbullonate (55 x 42 x 30 cm.), con ogni probabilità pertinente ad un veliero spagnolo. Era certamente destinato a contenere reperti di valore (preziosi, documenti o armi) che si volevano preservare con un originale sistema di chiusura, forse già in antico violato.
Dopo l’asportazione del contenuto era stato gettato in mare, nonostante il valore intrinseco, probabilmente per fare sparire una prova compromettente della ruberia effettuata. Occorre ricordare che proprio nei pressi del cumulo di pietrame del relitto bizantino è stato in precedenza rinvenuto un frammento di un grande lingotto tronco-conico di rame purissimo del peso di circa ventotto chili.

MTM_Barchino.jpg

Durante la seconda guerra mondiale infine due barchini esplosivi di tipo MTM (v.foto in alto)come quelli partecipanti all’impresa di Malta, di stanza a Cefalù in previsione di attacchi a navi nemiche in transito – mai effettuati – erano stati autoaffondati nell’insenatura della Caldura al momento dello sbarco alleato nel luglio del 1943. Con un intervento piuttosto discutibile da uno dei due scafi è stato asportato il motore Alfa Romeo 2500, alimentato ad acetilene, per condurlo nel museo Storico Navale della Marina a La Spezia.
(Didascalia Antiquarium di Himera, loc. Buonfornello SS. 113 Km. 206)

ritratto di Pino Lo Presti

Bravissimo Nicola

stai facendo un lavoro davvero utilissimo per tanti

ritratto di Salvatore Culotta

Mi piacerebbe che questo ed

Mi piacerebbe che questo ed altri interventi sull'argomento (l'archeologia)spingessero sulla strada di una consapevolezza della necessità per Cefalù di avere un degno Museo Archeologico.E sarebbe davvero una svolta per un tipo di turismo ben diverso dall'attuale e che comunque a questo si affiancherebbe.