“I dieci passi” - Piccolo breviario sulla legalità” - Teatro Comunale, 10 gennaio
12 Gennaio 2011, 00:54 - Pino Lo Presti [suoi interventi e commenti]
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Presenti gli autori, il Sindaco e il Vicesindaco di Cefalù e il sostituto Procuratore Nino Di Matteo
Una occasione utile ed interessante in sè - per lo spessore degli intervenuti e del libro presentato - ma anche per una imprevista “finestra aperta” dall’intervento del prof. A. Franco, su una problematica che forse sfiora in questi giorni anche la mente e la sensibilità di qualche nostro Amministratore a seguito delle recenti vicende giudiziarie di un suo noto Funzionario.
L’intervento del prof. Franco - a mio avviso non casuale - mi sembra sia stato volto a fornire - sebbene indirettamente -, attraverso la risposta del Procuratore Di Matteo, infatti al Sindaco e al Vicesindaco presenti spunti di riflessione al riguardo.
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Nel suo “semplice saluto” il Sindaco ha ricordato che:
“Cefalù non è nuova a questo tipo di iniziative, di temi che, tra l’altro, soprattutto la legalità. In passato abbiamo ospitato dei convegni - proprio molto importanti - che riguardano proprio questo tema che è un tema che per la società è molto importante perché, soprattutto, trasmettere a tutti, a tutti gli individui della società, il concetto di legalità è qualcosa di molto importante, qualcosa che ci può fare vivere sereni, tranquilli. Bisogna - in un certo qual senso - con queste iniziative o con questi libri cambiare quello che è il DNA della nostra cultura, soprattutto nella nostra cultura siciliana; e ci vogliono tanti sforzi, e con l’aiuto soprattutto di queste, di magistrati, giornalisti e di tutti noi - ognuno nei propri settori di lavoro -, possiamo tutti portare avanti questo tema della legalità e uscire da quel, - diciamo - da quella “situazione particolare”, in cui si trovano tutti i siciliani che spesso veniamo additati come mafiosi, ma non è così perché c’è molta gente che è onesta e ha bisogno soprattutto di coraggio per potere portare avanti le proprie iniziative - come ho detto - in tutti i settori.
Io ringrazio il Giudice Mario Conte e Flavio Tranquillo per questo libro. Io lo ho acquistato qualche giorno addietro, e faccio i miei complimenti perché è un libro che si legge facilmente, scorre benissimo la lettura, e che tratta i temi che tutti noi conosciamo, che tutti noi sentiamo ogni giorno in televisione, sui giornali, però vengono - in un certo qual senso - puntualizzati determinati termini come il “diavolo”, “i soldi”, ...diciamo... “la funzione del giudice” e tanti altri termini.
Io mi congratulo ancora una volta con il dottore Mario Conte per il fatto che lui, con le sue iniziative, porta avanti questo tema della legalità, e l’augurio che io faccio a lui e anche al dott. Flavio tranquillo è quello di continuare in un prossimo futuro a portare avanti, a diffondere - soprattutto nelle scuole, nella società -, il tema della legalità.
Un invito anche a tutti gli altri magistrati, ai professori e ai giornalisti nel dare - proprio alla società - quei principi che possono portare avanti proprio la legalità perché con la legalità viviamo tutti tranquilli”.
Gli ha fatto seguito la presentazione degli Autori e del libro da parte del Vicesindaco R. Corsello, nonchè Assessore alla Legalità:
L’ Amministrazione comunale di Cefalù, l’Assessorato alla Legalità che io rappresento -, ha, negli ultimi mesi, voluto effettuare una serie di incontri e approfondimenti su tematiche connesse alle questioni che riguardano la Giustizia, e casi particolari più o meno specifici. L’incontro di questa sera è un incontro invece assolutamente originale perché originale è il testo che noi presentiamo.
Si tratta di una conversazione a quattro mani tra due amici - innanzitutto -, che sono Mario Conte e Flavio Tranquillo, che è un’amicizia che parte da una condivisione comune che è l’amore per lo sport, e la pallacanestro in particolare. Chiunque si si è occupato, da tifoso o a qualunque titolo, di pallacanestro, in Italia, almeno una volta, si è imbattuto nella voce di Flavio Tranquillo che da molti è stato definito ”la Voce della Pallacanestro”, italiana.
Mario Conte invece è un illustre giurista. Gli avvocati un tempo dicevano che solo chi è stato un grande civilista può essere un buon penalista.
Conte è un Giudice per le indagini preliminari di Palermo ma ha un passato da civilista, un giurista a cui mi legano antichi profondi rapporti; il suo Saggio sulle “Prove civili” - perché è uno scrittore provetto - per tanti di noi che svolgiamo la professione di avvocato, è uno strumento importante per lo svolgimento di questa attività.
Mario Conte è stato anche arbitro di basket con fortune alterne.
Di questo libro, questa sera, ci parlerà Nino Di Matteo, Sostituto Procuratore alla DDA di Palermo, Segretario provinciale distrettuale della ANM e soprattutto un’autorevole rappresentante di quella magistratura palermitana che rappresenta un baluardo per quanto attiene le questioni sulla legalità e il rispetto della legge.
Il dott. Di Matteo si è occupato - è cronaca di tutti giorni - di alcune delle inchieste scottanti degli ultimi anni (basta citare le inchieste sulle stragi); è un magistrato “di punta” che rappresenta quella classe di magistratura palermitana che un contributo così alto ha pagato negli anni, e che lui rappresenta in maniera eccellente.
Credo che nessuno meglio di lui potesse parlarci di questo libro.
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Della lunga e partecipata esposizione del dott. Di Matteo riportiamo solo alcuni parziali passaggi (per chi fosse interessato, informiamo che possiamo fornire la registrazione audio completa dell’incontro) utili a dare una idea di un libro “I dieci passi” che ovviamente va soprattutto letto (si può trovare presso le librerie “Misuraca” di Cefalù).
Il Relatore ha intanto espresso compiacimento per il fiorire di libri sugli infiniti aspetti della mafia.
È nel silenzio, nella disattenzione, nella ignoranza, che, da sempre, la mafia - i sistemi illegali in generale - trovano il loro luogo ideale per svolgere e sviluppare i loro affari illeciti. La conoscenza è necessaria per la formazione delle giovani generazioni e in particolare per quegli anticorpi che tante generazioni passate non hanno avuto occasione di sviluppare per tempo.
Ciò perchè quindi si possa essere in una posizione non da suddito, che recepisce le prese di posizioni che altri gli vogliono inculcare, ma da cittadino libero ed informato.
In questo panorama (meritorio) questo libro si distingue per peculiarità che lo fanno davvero unico.
Intanto per la chiarezza e la semplicità del linguaggio - pur nella profondità dei concetti espressi - piacevole e fruibile da tutti. Ulteriore merito gliene deriva in quanto sul terreno del generale rischio di una frattura insanabile tra la magistratura e la società, le accorate parole del collega Conte contribuiscono ad innescare una operazione che definirei una vera e propria operazione “verità”.
Campagne sistematiche ben organizzate dipingono i magistrati, da troppo tempo, come “classe di privilegiati” fannulloni quando non addirittura di loschi figuri che godono nell’infiggere o nel richiedere la privazione delle altrui libertà, quando non definiti “criminali e cancro” della democrazia e della Repubblica.
Campagne mistificatorie e con effetti destabilizzanti per l’equilibrio della nostra democrazia.
In questo libro, il Conte - rispondendo alle domande di Flavio Tranquillo -, con una disarmante sincerità, arriva - rispetto a queste campagne mistificanti - a una “operazione verità” , rivelando aspetti inediti della vita privata e quotidiana del Magistrato, con le sue passioni, i sui tormenti non escludendo persino quelli della vita privata degli stessi familiari.
Ancora: il dispiegarsi di molti dei concetti espressi dagli autori nel binomio sport-legalità, sport-giustizia.
Un’intuizione questa veramente felice che ancor di più provocherà nel lettore - soprattutto giovane -,coinvolgimento ed entusiasmo rispetto ai temi trattati con un parallelismo pensato in maniera mirabile.
Lo sport quindi come educazione alla legalità, al rispetto delle regole del vivere civile, al rispetto dell’avversario che, nella vita pubblica, dovrebbe essere il rispetto per “la minoranza”, per “il diverso” soprattutto.
Ma anche come educazione al coraggio, in assenza del quale rischiamo oggi di ritrovarci in un generale decadimento della vita sociale.
Questo e anche tanto altro è questo libro.
A seguire, Di Matteo ha affrontato molti dei temi, oggi all’ordine del giorno, sulla “Giustizia“ e sulla “Legalità”: la eccessiva durata dei processi, la presunta politicizzazione di parte della Magistratura, la necessità di una reazione al fenomeno del racket (che non sia semplicemente frutto di coraggiosi slanci individuali ma di un’organizzata forma associativa).
Un’altra parte del libro è dedicata - attraverso le risposte di Mario Conte al coautore, Tranquilllo - alle infiltrazioni, sempre più subdole e significative, della mafia nel tessuto imprenditoriale “che conta” nella nostra società - soprattutto nella nostra società siciliana - attraverso l’immissione di sempre più ingenti capitali “sporchi” in attività apparentemente lecite.
I giovani devono pur comprendere che la mafia non è solo quello delle “coppole e delle lupare”, delle armi o delle estorsioni ma, purtroppo, anche quella che tende a legalizzarsi investendo in attività apparentemente lecite.
Il tutto con un argomentare partecipato e appassionato ma anche assolutamente logico che rende assolutamente chiaro il pensiero del collega.
Di Matteo ha aperto infine una riflessione su alcune considerazioni e passaggi del libro che lo trovano concorde e su altri che invece no, che sarebbe interessante riportare ma temiamo di impegnare oltremodo il lettore.
Delle condivisioni, ci piace però citare:
Quella dei mafiosi o dei collusi che si riparano sotto l’ombrello delle sterili affermazioni di una antimafia soltanto parlata, attraverso convegni, congressi o iniziative più o meno estemporanee per nascondere la loro realtà di appartenenza o collusione con la mafia.
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Dell’ampiezza e delle implicazioni di quanto affrontato nell’incontro, forse può dare sufficiente conto lo stralcio della esposizione finale del dott. Di Matteo, che riportiamo integralmente:
...però, rispetto a determinati disegni di legge, io credo che la magistratura (che gode, diciamo, di una autonomia che non è paragonabile a quella delle FF.OO., sempre inquadrate in una struttura gerarchica che fa capo ai vari ministri), il Magistrato “deve” dire: guardate che se approvate questa legge poi non vi venite a lamentare perché aumenta la incidenza del fenomeno mafioso, del fenomeno corruttivo, del fenomeno delle turbative d’asta, degli appalti e quant’altro.
Questo non significa “fare politica”, però viene fatto passare come “fare politica”. La “politica” la fanno di più quelli che stanno zitti ma vanno a braccetto col parlamentare di turno, del territorio, cercando anche una sua spinta per essere nominati Procuratore di qua o Presidente del tribunale di là.
Il Magistrato “che parla” ovviamente non parla di indagini, di processi e non critica le leggi che ci sono ma le applica, egli si permette però di fornire un contributo tecnico nella fase del dibattito sulle leggi. In questo svolge un ruolo e un ruolo secondo me importante e irrinunciabile.
Oggi, mistificando, troppo spesso si dice che i magistrati che parlano di intercettazioni, di processo breve, che intervengono nel dibattito che si è svolto - per esempio - negli ultimi anni, sono quelli che “fanno politica”; non dobbiamo starci a questa cosa, questo non significa “fare politica”!
Noi dobbiamo essere autonomi ed indipendenti ma non perché questo (mi rivolgo soprattutto ai giovani) è un privilegio dei giudici, della magistratura, ma perchè è una garanzia dei cittadini. Ecco perché anche il PM deve essere autonomo ed indipendente da qualsiasi altro potere. Perché se io sono un cittadino di destra, in un momento in cui c’è un potere esecutivo rappresentato dalla sinistra o viceversa, se io sono un cittadino di sinistra in un momento in cui il potere esecutivo è rappresentato da un governo di destra, io debbo sapere che il Magistrato che mi trovo di fronte, fin dal primo momento, fin da quando la Polizia mi ha arrestato e mi porta davanti al Pubblico ministero per l’eventuale richiesta di convalida, è un Magistrato che non deve temere dal Governo nulla, rispetto alla decisione che prenderà, che deve poter reagire non per ingraziarsi qualcuno da cui dipende ma soltanto secondo “scienza, coscienza e codici”.
Ecco perché autonomia e indipendenza della Magistratura non sono privilegi della Magistratura ma una garanzia dei cittadini!
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GLI INTERVENTI
In attesa dell’intervento richiesto dal prof Antonio Franco, Corsello scambia qualche battuta col dott. Di Matteo:
Mi permette una domanda? Io, purtroppo, la mia verve polemica non riesco a domarla, ma credo che i Presidenti dei tribunali li nomini il CSM, che non è fatto da “politici”
Di Matteo: è fatto da laici e togati, e sarebbe opportuno che questi laici e togati decidessero ...
Corsello: non in nome delle correnti
Di Matteo: “non in nome delle correnti” - sfonda una porta aperta - non in nome delle correnti e non in nome dei partiti che nominano i laici ...
Corsello: che sono una sparuta minoranza al CSM
Di Matteo: sono entrambe le cose; entrambi i fattori sono pericolosi quando esasperano le loro...
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L’intervento del prof. Antonio Franco:
Ringrazio Roberto Corsello, Vicesindaco, e il Sindaco per avere voluto questo momento che mi sembra particolarmente significativo.
Cefalù è una piazza un poco difficile per determinate tematiche, soprattutto in particolari momenti dell’anno. Certamente avrei voluto che le parole del Giudice Di Matteo risuonassero davanti ad una platea molto più ampia.
Sono un docente che, da cinque anni ormai, sperimenta a scuola un percorso di educazione, formazione alla legalità, nel quale abbiamo avuto dei momenti molto significativi (con la presenza del dott. Ingroia, Messineo, Morvillo, persone come Rita Borsellino, familiari di Libero Grassi, Vincenzo Conticello) particolarmente apprezzati dai ragazzi proprio per la loro carica di testimonianza umana prima ancora che di carattere professionale o per quello che fanno.
Credo che in questa città, così come in tutta la nostra terra di Sicilia, ci sia bisogno certamente del contributo delle agenzie educative - e su questo credo che siamo tutti d’accordo -, però credo non basti; c’è bisogno anche della testimonianza di coloro che hanno responsabilità di carattere pubblico.
Come docente mi sento molto vicino ai Magistrati perchè credo - soprattutto in questo periodo - che abbiamo qualcosa in comune: cioè quello di “essere attaccati” come delle aree della società italiana in cui c’è “l’eversione, la sovversione” rispetto al potere.
La Scuola la Università sembrano essere dei “covi di eversori”, così come le Aule dei tribunali o le Procure.
E, questo mi fa molto piacere che lei lo abbia ricordato, dottor Di Matteo, perché credo che ce ne sia bisogno, sia a livello culturale ma soprattutto politico (con la “P” maiuscola).
Mi piace l’idea di una Magistratura che sia non “nella politica” ma “politica” nel senso antico del termine, cioè “faccia parte” della comunità, sia perfettamente integrata nella dimensione della Polis e ne sia pienamente espressione!
Ecco, in questo contesto, la Magistratura - così come la politica (e, in questo, sottolineo anche il fatto che sono Consigliere comunale e non sto dalla stessa parte del Sindaco e del Vicesindaco) - credo che sia, dicendolo in termini sportivi, l’unica realtà del nostro paese che abbia l’autorizzazione ad essere “dopata”.
Infatti, mentre non credo che sia da nessuno tollerabile l’idea di un Magistrato corrotto - o che sia, diciamo così, nel fumus che possa essere in condizione di corruzione - che rimanga al suo posto, per cui viene subito sospeso; se c’è una medico che si teme possa fare male il proprio dovere, viene subito sospeso; un atleta che sia - diciamo così - indagato per doping, viene subito sospeso, in politica non è così!
In politica non è così, perché nella politica invece il doping sembra essere lecito o addirittura per alcuni casi apprezzato dagli elettori, i quali sembra quasi prediligano chi sia più furbo, chi sappia dotarsi degli strumenti migliori per arrivare ai vertici del potere.
Questo credo che sia uno dei mali della nostra società che maggiormente allontana i cittadini, in particolar modo i giovani, come poco fa si diceva.
Certezza della pena e certezza del diritto, certamente, ma c’è anche una necessità non solo di prevenire, non solo di perseguire ma anche di “distinguere” perché, soprattutto in Sicilia, un uomo politico, un educatore, un magistrato, qualunque componente a qualsiasi titolo della società, deve anche sapersi “distinguere e distanziare” da coloro che vivono in una realtà vicina a chi opera nell’illegalità, o - come lei ben diceva - perseguono delle finalità illegali anche attraverso strumenti legali o imprese legali.
Ecco, io credo che una buona politica - che significa riconciliarsi e ricollegarsi con i cittadini, riavvicinarli per renderli più partecipi di tutto quello che è la realtà come quella di una città o della regione - significhi anche questo: cioè prendere le distanze da politici e funzionari corrotti, sapere bene che cosa significa testimoniare - davanti ai cittadini - non solo nella legalità ma anche nella “credibilità” dei propri comportamenti.
E, in questo, credo che la lezione di questi anni dei magistrati - che sono giunti fino al sacrificio della loro vita, ma anche dei politici che hanno saputo prendere le distanze (e proprio per questo hanno pagato con la propria vita gli atti che hanno compiuto) - credo che sia non solo “una celebrazione” da fare.
Mi piaceva quello che lei ha colto: cioè il fatto che spesso ci attardiamo in memorie, partecipazioni, momenti celebrativi ma poi la prassi è molto diversa. E’ chiaro che la prassi è molto più impegnativa della celebrazione degli eventi; la prassi significa ogni giorno compiere qualcosa per distinguersi e distanziarsi da ciò che in Sicilia ormai non si può neanche forse più chiamare né mafia né cosa-nostra, in questo indistinto calderone nel quale si opera nella e per la illegalità.
Volevo anch’io dire una mia battuta “da cittadino”: ho paura della separazione delle carriere non solo per quello che diceva il procuratore Di Matteo (certamente i suoi argomenti sono per me condivisibili) ma anche per un’altra cosa, cioè non c’è solo l’eccesso di specializzazione del PM, secondo me c’è anche l’intenzione, da parte del potere politico, di operare nel senso antico del “dividi e impera”, cioè giudici, pubblici ministeri separati sono una realtà più condizionabile, e probabilmente non solo i pubblici ministeri potrebbero diventare dei super poliziotti, come diceva il procuratore di Matteo, ma anche i giudici potrebbero alla lunga diventare oggetto di una trasformazione, una trasformazione “in emanazione” della politica, così come lo è in Diritti anche diversi di altre nazioni in cui vengono nominati dal potere politico o addirittura vengono eletti dai cittadini. Credo che in Italia ci sia qualcosa di diverso, che abbia funzionato, e soprattutto, in molti momenti della nostra storia, abbia anche costituito per il cittadino un punto di riferimento. Punto di riferimento in cui la credibilità della Magistratura e l’amore dei cittadini per la Magistratura erano al top; e proprio questo forse ha dato fastidio al potere politico e, da quegli anni in poi, si è martellato costantemente per ridurre la fiducia dei cittadini nei confronti della Magistratura.
Di Matteo
Un aspetto dell’intervento del Professore mi ha fatto venire in mente, venire la voglia di sottolineare un dato.
Lei si riferiva al fatto che, molto spesso, l’unica responsabilità che in Italia viene fatta valere - quando si riesce a farla valere - è la responsabilità penale. Di fronte a dei comportamenti che costituiscono reato, la Magistratura emette delle sentenze di condanna e, quando passano in giudicato, vengono eseguite.
Mi sembra di cogliere, nel suo intervento, il richiamo ad altri profili di responsabilità.
Una responsabilità penso “politica”, che impone alla politica sana di isolare coloro i quali - al di là della commissione di reati -, comunque colludono con i mafiosi, frequentano i mafiosi, fanno affari con la mafia e fanno affari nella illegalità.
Esiste una responsabilità politica che è cosa diversa e non necessariamente non-coincidente con la responsabilità penale. Esiste una responsabilità disciplinare!
Penso per esempio a quello che dovrebbe essere il potere dei vari Consigli, degli Ordini, rispetto a comportamenti che non sempre costituiscono reato ma che sono indicativi di un approccio al fenomeno, certe volte anche mafioso, assolutamente disinvolto da parte di professionisti, medici e ingegneri, architetti, avvocati. Bene oggi noi ci troviamo in una situazione in cui, addirittura, queste responsabilità non vengono fatte valere spesso nemmeno di fronte alle sentenze di condanna.
Io dico che ci sono vari profili di responsabilità che non devono essere tutti necessariamente connessi e dipendenti dalla responsabilità penale.
Noi giudichiamo di reati ma il disvalore di una condotta, di un comportamento, un contributo alla illegalità e alla mafia si può dare certe volte anche non commettendo reati. Dobbiamo pretendere che la nostra democrazia, il sistema dei controlli e della responsabilità funzioni al di là e ancor prima della repressione penale e delle sentenze di condanna in sede penale.
L’ultima cosa volevo dirvi sul punto, proprio perché della politica io penso che noi tutti dobbiamo avere una concezione alta.
Fare politica - in maniera alta, pulita - è rendere un servizio alla Polis, è fare una delle cose più belle che possa fare un uomo per la propria collettività.
Io ho avuto una fortuna (voglio concludere con questa considerazione).
Ho avuto una fortuna professionale, o meglio una fortuna umana e culturale dettata da una esperienza professionale. Mi sono occupato, tra gli altri processi, anche di un processo relativo ad alcuni esecutori materiali; niente di particolare, esecutori materiali che poi sono stati definitivamente condannati all’ergastolo per l’omicidio di Pio La Torre e di Rosario Di Salvo, nel 1982.
Perché fortuna culturale e personale?
Perché ho avuto l’occasione di recuperare tutta una serie di scritti, di interventi e di trascrizioni di comizi dell’On. Pio La Torre, che precedettero, naturalmente, gli anni della sua uccisione, nel 1982.
In particolare, ho recuperato una relazione di “minoranza” della Commissione parlamentare antimafia a firma sua e di Cesare Terranova, del 1976, in cui “politici” (non mi interessa in questo momento se erano del Partito comunista; la stessa considerazione avrei fatto se fossero appartenuti alla Dc o al Msi) scrivevano - chiamandoli per nome e cognome: Vito Ciancimino, Pietro Mandalari, e altri che poi sarebbero venuti all’onore delle cronache giudiziarie dopo anni -, scrivevano, dei “politici”, denunciando chi erano i mafiosi, quale era il sistema mafioso di spartizione degli affari a Palermo e in Sicilia, facendo nomi e cognomi.
Ecco la Magistratura in quel momento era assente, non c’erano rapporti dei Carabinieri della Polizia della Guardia di finanza su quei soggetti, ma la politica è spesso - voi me lo insegnate -, il politico la situazione dell’illegalità la riesce a conoscere, ad annusare prima che arrivi nelle stanze del Procuratore della Repubblica!
Ecco la “politica” che, riscoprendo il valore altissimo della sua funzione, è capace di agire contro la mafia ancor prima e a prescindere dalla Magistratura.
Troppo spesso oggi di fronte a qualsiasi situazione, da parte della politica, da parte dell’imprenditoria, da parte degli ordini professionali, si sente semplicemente dire: ”lasciamo che la Giustizia faccia il suo corso poi vedremo che cosa fare”. No, esistono responsabilità di tipo diverso che una società sana deve fare valere anche a prescindere dal fatto che quelle condotte costituiscano reato.
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Puntualizzazione sul mio intervento
Caro Pino, nel ringraziarti per il rilievo offerto al mio ben modesto intervento, mi preme però puntualizzare che esso intendeva avere un respiro più ampio di quello per cui è stato inteso. Sono le questioni convincentemente affrontate, con lucidità competenza e passione civile, dal procuratore Di Matteo, alle quali mi sono permesso, nei miei limiti, solo di fare qualche sottolineatura e qualche applicazione, che investono direttamente i modi e gli aspetti della politica locale (e non solo). Il mio intervento voleva esprimere il convincimento personale sull'intima relazione fra etica e politica, ma pure la necessità che quest'ultima non sia solo fattiva bensì anche credibile in ogni sua persona e in ogni suo comportamento, questo fuor da ogni ipocrisia.
Non nego di aver fatto un cursorio riferimento anche alle vicende di attualità locale, sulle quali è ben nota la mia convinzione, che ribadisco: il funzionario, a cui tu ti riferisci, cioè quello dell'ufficio urbanistica del comune, l'arch. La Barbera, doveva essere sospeso dalle sue mansioni subito, già soltanto perché indagato, come il gruppo PD ha invano richiesto mesi fa, e questo per assicurare la massima limpidezza e credibilità al lavoro dei servizi di urbanistica, lavori pubblici e pianificazione; se questo era discrezionale per il sindaco qualche mese fa, adesso, con il rinvio a giudizio del funzionario, ciò diventa un obbligo di legge, che va assunto con la massima tempestività, altrimenti, non solo per aspetti penali quali la reiterabilità del reato e il possibile inquinamento delle prove, verrà totalmente meno la credibilità non solo degli atti dei servizi afferenti alle mansioni, ma soprattutto del supremo strumento urbanistico, che è quel Piano Regolatore Generale di cui il funzionario in questione è addirittura il progettista!
La mia posizione quindi è chiara, ma nel mio intervento si apriva a un panorama più ampio, purtroppo non edificante, che è quello dell'attuale questione morale nella politica, locale e non; questo anche per dire che non è nel mio stile "approfittare" di un'occasione così alta per farmi sentire su una questione locale specifica: credo di avere altre occasioni e strumenti per farlo. Un intervento il mio, insomma, certamente "non casuale" ma che sarebbe troppo limitante restringere ad un solo aspetto. Grazie ancora, comunque, e complimenti per il puntuale e sentito reportage.
A volte si colgono relazioni
in funzione di ciò che occupa in quel momento la propria mente, quindi semmai io ho "approfittato" del tuo intervento per evidenziare meglio una relazione di significanti che auspicavo piuttosto fosse colta - come è stata certamente colta - dai nostri due maggiori rappresentanti Civili.
Ho derogato alla funzione di cronista mettendo in rilievo una parte a discapito dalla maggiore ampiezza del tutto, certo; hai fatto bene quindi a puntualizzare.
Mi scuso per averne in qualche modo creato la necessità e ti ringrazio per ciò che comunque hai inteso apprezzare.
Grazie
Non hai nulla di cui scusarti, è tutta Cefalù a doverti gratitudine per l'insostituibile lavoro di informazione (talora giusta controinformazione) e di documentazione che tu compi, in modo gratuito e zelante, insieme allo Staff de L'altra Cefalù. Speriamo di liberare la tua, le nostre menti e quella di tanti altri cefaludesi...