Gibilmannae Disputationes

ritratto di Daniele Tumminello

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Da qualche giorno la comunità cefaludese viene informata e tenuta costantemente aggiornata, con resoconti puntuali e quanto mai precisi, su alcuni incontri ospitati da una non meglio precisata villa di Gibilmanna. Tema delle Gibilmannae Disputationes (Cicerone mi perdoni per l’improprio calco): “Preparazione alla tornata elettorale comunale prossima ventura”.
A fronte della precisione con cui il dotto cronista riporta il programma degli incontri, il contenuto dettagliato delle opinioni espresse, i propositi per il futuro, manca tuttavia all’ignaro e incuriosito lettore un’informazione basilare: chi sono i protagonisti di questo dibattito? Appreso dell’infinito amore che i convitati di Gibilmanna nutrirebbero per la città, appurato della volontà di riportare la politica cittadina ad una dimensione di totale cefalutanità, come mai questi incontri così chiari nei propositi, rimangono anonimi riguardo alle identità dei promotori e partecipanti? Come mai si conoscono così bene le idee sviluppate nei suddetti incontri e se ne ignorano invece i soggetti, celati dietro un quanto mai abusato “si impersonale”? Come si concilia la volontà di portare chiarezza nella politica cefaludese con la scelta di non parlare apertamente e pubblicamente alla città? Mi si potrebbe obiettare: “Non si può forse discutere di politica tra amici e privatamente?” Certamente, ma allora perché informare la stampa con note anonime ai più? In questo modo però non si tratta più di parlare di politica tra amici, ma di fare politica. E la politica si fa pubblicamente, con il proprio nome davanti alla propria idea! Altrimenti sono solo piacevoli dissertazioni che un’informazione scrupolosa e trasparente non dovrebbe proporre ogni giorno alla città, fungendo, nel piacere dello scoop, da cassa di risonanza e da fonte di accreditamento del pensiero anonimo, generando attese di palingenetiche rivelazioni, alimentando aloni di mistero e un’atmosfera di “beautifulliana” suspense, della serie “il seguito nella prossima puntata”.

ritratto di Pino Lo Presti

Io solo c'è l'ho, io solo lo sò!

Una disfunzione egocentrica - quale può essere una eccessiva considerazione sacrale della propria persona - può non solo produrre un atteggiamento solipsista (in base al quale il soggetto pensante si pone come la sola realtà rispetto al mondo esterno ridotto ad una sua, solo momentanea, percezione), ma può per converso indurre a “creare realtà” che stanno solo nelle fantasie del proprio desiderio.
“Io solo sò qual’è la verità”, e il conseguente valore relativo dei dati del mondo esterno (transitoria percezione), giustificano la manipolazione di “comunicati”, la censura di lettere di cui vi è certezza dell’autore a favore di altre in cui questa certezza non c’è, la rimozione di notizie o il gonfiamento di altre, in funzione della emersione di quella realtà che il proprio Io-sacro (quindi in tutta buona fede) sente propria o a lui rivelata, in ogni caso la “più vera”!
Vi sono tante patologie prodotte dalla propria attività lavorativa; questa tende a colpire soprattutto chi fa troppo a lungo l’attività di insegnante-professore, isolato nella propria torre d’avorio, astenuto da ogni vero confronto!
Certo noi non sappiamo se quella realtà esista o meno veramente, ma certi modi di parlarne fanno pensare più una sindrome psicopatologica che a una deontologia accettabile del fare informazione.