Cefalù- PRG (1950-2000)

ritratto di Luigi Piazza

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Il periodo compreso tra il 1950 ed il 2000 è cruciale per lo sviluppo urbanistico di Cefalù.
Fino ai primi del ‘900, per secoli, l’abitato era sempre rimasto confinato all’interno della cerchia di mura, presentando un insediamento compatto e ben distinto dal circostante contado .

Nei periodi di espansione demografica che la città attraversò, si procedette più per saturazione degli spazi interni che per espansione verso l’esterno.
Solo dopo il 1600 si ebbe una prima estroversione verso Ovest a congiungere l’attuale convento di S.Francesco con la città.

Confrontando il dipinto del Bevelacqua, “Alba a Cefalù” esposto al Museo
Mandralisca, con un panorama del 1932 ben poche sono le differenze “urbanistiche” che possiamo notare anche se tra i due panorami possono temporalmente collocarsi due grossi interventi edilizi ed infrastrutturali che costituiranno i fuochi di una prima espansione extra moenia.

Nel 1877 fu realizzata la Caserma Botta, che potremmo considerare il primo grande edificio laico che sia sorto extra moenia subito al di fuori della porta Ossuta (fig.4).

Essa calamitò attorno a sé la prima espansione edilizia del XX secolo, configurandosi come elemento terminale di un isolato triangolare che dal mare si spingeva verso monte e che rendeva conto, con questa sua geometria, anche della diversa conformazione morfologica della costa immediatamente ad ovest dell’abitato che, abbandonando la direzione N-S voltava decisamente ad Ovest. La Caserma Botta assume, quindi, un ruolo di cerniera urbana nel contesto della nuova espansione della città impostando giaciture ed orientamenti che saranno poi ripresi.
Appena dieci anni dopo, nel 1887, si realizzò un altro grande intervento: la
costruzione della Stazione Ferroviaria a completamento della linea Palermo-Termini-Cefalù, che divenne ben presto un fulcro della nuova espansione edilizia della città verso Ovest.

Proprio facendo perno attorno alla Stazione Ferroviaria, un piano del 1912 per l’ampliamento della città di Cefalù,

redatto dall’Ing. S.Pernice, prevedeva un ampliamento della città verso occidente, da attuare secondo schemi urbanistici di tipo ottocentesco, con blocchi edilizi quadrangolari a corte. All’interno di un reticolo di strade parallele e ortogonali alla linea di costa, il piano riprendeva, nel suo concetto, l’impianto stradale della parte più consistente del Centro Storico – quella che conserva tuttora l’impianto antico di tipo ippodameo – e costituiva a ovest di essa un sistema modulare ripetibile.
Il piano Pernice non fu mai applicato, se non in qualche esempio sulla via Libertà, oggi Via Roma.

Nel 1940 la strada prevista dal piano e realizzata per collegare la Stazione con l’abitato sarà già tutta edificata, ma in totale difformità da esso.
Nel 1933, lungo questa stessa via, all’incrocio con la futura strada statale, era già stato trasferito l’Ospedale cittadino.
L’abitato si espandeva decisamente verso ovest invadendo e sostituendo gli orti e gli agrumeti del pomerio.
Ciò è indice anche di un cambiamento di tipo economico-sociale. Gli orti ed i giardini che garantivano l’autosufficienza alimentare (unitamente alla
pesca) vengono abbandonati perché non rappresentano più la risorsa economica primaria e si prevede un diverso tipo di uso del suolo.
Vengono eretti i primi alberghi e realizzate le prime attrezzature turistico balneari.

Sono in pratica quei primi effetti di un turismo che, dopo il 1950, innescherà dei fenomeni di profonda modificazione del territorio e dell’uso del suolo.
Il 1950 è una data importante per Cefalù.
Nell’autunno di quell’anno giunge a Cefalù, il Dott. Paul Morihien, Presidente del Club Village Magique.
Questi dovendo spostare il villaggio dall’Aspra, vicino Bagheria, aveva deciso, seguendo le indicazioni dell’artista Jean Cocteau, di venire ad insediarlo a Cefalù.
Alla fine la scelta ricadde sul fondo dei Baroni Agnello sul promontorio di Santa Lucia. Qui, dove durante la seconda guerra mondiale vi era la tendopoli dell’esercito anglo-americano, nel 1951, venne inaugurato il Village Magique.
La struttura ricettiva era abbastanza spartana. Infatti riprendeva la tipologia della tendopoli, immergendola nell’uliveto, ed offrendo ai suoi fruitori una sorta di ritorno alle “origini”. I turisti venivano immersi in un mondo “altro” fittiziamente bucolico e come tale rappresentato nelle cartoline ricordo al pari della paesaggistica odeporica del XIX sec., anche se alcune strutture interne al villaggio, come il Bar Grande, si inserivano all’interno di alcune sperimentazioni linguistico-architettoniche, di
matrice organica, sperimentate in quegli anni a livello nazionale da Michelucci, Ricci, ecc.
Nel 1957 al Village Magique, che arrivò a contare ben 41.000 presenze stagionali, subentrò il Club de la Méditerranée, oggi Club Med, la cui presenza ebbe un effetto enorme sullo sviluppo urbano e sociale di Cefalù.
Il Prof. Arch. Marcello Panzarella, definendo Cefalù “città di più fondazioni”,
identifica con il Club de la Méditerranée la quinta fondazione di Cefalù.
In effetti il Club Med incise profondamente sul territorio.
La rinomanza turistica che esso diede a Cefalù contribuì a far avviare l’attività alberghiera che dovette sopperire alla sua limitata, rispetto la domanda, ricettività.
Il primo imprenditore locale ad inventarsi albergatore fu il vivaista Giuseppe De Gaetani che ebbe l’intuizione di trasformare la stalla che possedeva, posta in prossimità dell’entrata al Club, in un bar, il Bar Sicilienne, che fu il primo nucleo, inaugurato nel 1951, di quello che nel 1961 diverrà l’Hotel Santa Lucia, il primo albergo al di fuori del perimetro urbano della città, cui ben presto si affiancherà l’Hotel Sabbie d’Oro.
Analogamente a quanto accadeva sul promontorio di S.Lucia, anche sul promontorio della Caldura, ad Est della Rocca, cominciarono ad insediarsi delle strutture ricettive (l’Hotel Kalura, il Coast House, Le Calette, il Pink Hotel, l’Hotel Siesta d’Oro) che diedero impulso allo sviluppo urbano anche in questa parte della città in cui, un precedente tentativo operato negli anni’50-60 (il Villaggio Diana) non andò a buon fine perché la zona era considerata troppo fuori mano rispetto la città.

Ma l’effetto principale del turismo si ebbe sul territorio.
L’intensa attività edilizia, che si sviluppò a partire dagli anni ’50 e che vide la sua punta massima intorno agli anni ’60-‘80, stava trasformando il territorio di Cefalù.
Essa fu la diretta conseguenza di una forte domanda di abitazioni prodotta sia da un fenomeno di immigrazione da parte di abitanti dei centri madoniti più interni che venivano ad insediarsi a Cefalù, abbagliati dal fatto che il Turismo potesse garantire loro migliori condizioni socio-economiche ma anche culturali e ludico-ricreative, sia di una sorta di migrazione interna di parte della popolazione che, a seguito delle mutate condizioni socio-economiche e di costume, abbandonava le proprie abitazioni nel Centro Storico, spesso insalubri, per abitare in una delle nuove abitazioni con condizioni igienico-sanitarie e comforts certamente migliori.
Tutto ciò produsse un depauperamento del territorio della città che vide aggrediti proprio quella natura e quei paesaggi che ne avevano determinato la notorietà internazionale.
Nel 1963 Pasquale Culotta, ancora studente di Architettura, insieme ad altri pubblicò su di un periodico locale un accorato appello indirizzato al Sindaco ed alla Giunta municipale del tempo affinché vegliasse sulle ricchezze ambientali e paesaggistiche del territorio cefaludese adoperandosi per fermare lo sfrenato sviluppo edilizio del periodo, che si stava realizzando “…all’insegna del disordine e dell’improvvisazione…” e irreggimentarlo all’interno di un Piano.
Il Sindaco, il Dott. Giuseppe Giardina, in seguito a ciò, chiamo Pasquale Culotta a far parte della sua Giunta con delega all’Urbanistica con l’incarico di adoperarsi affinché fosse avviato l’iter per dotare Cefalù di un Piano Regolatore Generale.
Nel suo discorso di insediamento il Sindaco Giuseppe Giardina esplicitò la presa di coscienza della caotica trasformazione messa in atto dal Turismo nella città, ma dichiarò anche che quella era la via da seguire ed a cui subordinare ogni altra scelta.
Uno degli interventi eseguito dall’Amministrazione del Sindaco Giardina per seguire la “vocazione turistica” della città fu quello di creare una strada litoranea, il Lungomare, in sostituzione delle dune costiere, in modo da poter connettere in maniera più diretta ed immediata l’abitato con il Club Méditerranée.

Alla giunta del Sindaco Giardina, ed all’attività assessoriale di Pasquale Culotta, si deve anche l’affidamento dell’incarico della redazione del Piano Regolatore Generale al Prof. Arch. Giuseppe Samonà, il quale chiamò a coadiuvarlo il Prof. Arch. Roberto Calandra, l’Arch. Antonio Bonafede ed il Dott. Carlo Doglio.
Il PRG elaborato destinava al turismo tutta la fascia costiera ad ovest della Rocca, tra il promontorio di S.Lucia e il CS e parte del territorio posto ad Est. La nuova edificazione veniva prevista nella sella a cavallo della Rocca, in modo da bilanciare l’espansione verso Ovest della città riportando il CS e la Rocca al centro (fig.11).

Discosta dalla città veniva prevista un’ulteriore zona di espansione a S.Lucia. La maggior parte del territorio più interno e collinare era, però, destinata a Parco ed a verde agricolo, scelta questa che mal si adattava alla vocazione turistica della città e che di fatto bloccò gran parte del territorio cittadino vocandolo all’abbandono ed all’incuria in quanto le leggi del mercato agricolo non favorirono il mantenimento di un’agricoltura di tipo artigianale nè la natura e morfologia del territorio cefaludese avrebbe potuto consentire la conversione della conduzione agricola con metodologie di tipo industriale e/o meccanizzato, così come, per esempio, è avvenuto nel ragusano.
Il PRG ebbe una gestazione travagliata e fu oggetto di numerose modifiche da parte del Consiglio Comunale.
Nel 1977, in occasione di uno dei seminari estivi che il figlio Alberto teneva nella villa familiare della vicina Gibilmanna, Giuseppe Samonà si interrogò in merito al Piano da lui stesso elaborato:”E’ mia convinzione che se il piano regolatore fosse stato adottato dal consiglio comunale di Cefalù nel 1967, secondo il nostro disegno programmatico, la sua attuazione, malgrado la carica realistica del suo programma e della sua regolamentazione generale, non sarebbe stata sufficiente a vincere i gravi ostacoli che vi avrebbe frapposto una realtà ostile alla sua pratica attuazione.”
Analoga fine ebbe il progetto del piano di Edilizia Economica e Popolare elaborato dal Prof. Arch. Vittorio Gregotti nel Vallone S.Elia.

Il progetto prevedeva la realizzazione, lungo il corso del torrente S.Elia, di otto coppie di edifici, a quote diverse, che si impostavano trasversalmente al corso dello stesso, a mo’ di diga, “in grado di costituirsi quale sistema difensivo del centro storico a fronte dello sfrangiamento della periferia verso il lato opposto”.
Lo scopo dichiarato di questa scelta insediativa, dimensionata alla scala geografica, era quello di riportare il baricentro dell’abitato, sempre più spostato verso ovest, verso il centro storico e la Rocca; Inoltre, il progetto era inteso quale portatore di un principio di insediamento da potersi riprendere nell’espansione verso ovest, in modo da concentrare l’edificato e ridurne l’azione invasiva sull’elemento naturale.
Mettendo a paragone le metodologie insediative delle fasi espansionistiche della città, quella degli anni ‘50/’60, quella degli anni ‘70/’80 e quella degli anni ’90, possiamo notare come in quest’ultima si sia perso qualsiasi tipo di principio insediativo che non fosse quello della mera speculazione edilizia.

La nuova espansione muta il suo modo di insediarsi e si disperde nel territorio senza un piano di riferimento che ne detti i modi e le regole. E’ la fase dei residences che vanno a configurare attorno alla città una vera e propria sprawltown di periferia che nega qualsiasi rapporto diretto con la storia e la tradizione insediativa, anche solo a livello tipologico, andando a riprendere forma e tipologia del suo insediarsi in realtà lontane da quella tipicamente mediterranea quale quella anglosassone o quella americana.
Malgrado ciò, però, almeno nella parte, compresa tra il Centro Storico e la profonda incisione del Vallone Spinito, sembrano riconfermarsi quelle regole insediative del Centro Storico.
L’abitato, infatti, compreso tra “mura naturali” (il Vallone Spinito ad Ovest ed il S.Elia a Sud) si bipartisce in una parte a valle della ferrovia, in cui l’edificato, ordinato in blocchi edilizi più o meno ortogonali alla linea di costa, con strade parallele e perpendicolari ad essa, richiama lo schema ippodameo della parte ellenistica del Centro Storico ed in una parte a monte della ferrovia in cui l’edificato e le infrastrutture viarie si sviluppano assecondando le curve di livello del terreno, al pari di quanto avviene nel quartiere Francavilla, a monte del Corso Ruggero.

L’espansione della città, nell’arco di appena un secolo, di fatto ha decuplicato la superficie di territorio urbanizzato, portandola dai venti ettari dei primi del ‘900 agli attuali duecentoquaranta;

a questa notevole espansione, però, non corrisponde un analogo aumento della popolazione, e in effetti il numero degli abitanti stabilmente residenti è rimasto pressoché immutato negli ultimi cento anni.
Ciò è dovuto sia a un diverso andamento demografico, sia al fenomeno della emigrazione verso il settentrione o all’estero; di fatto – sia per l’emigrazione, sia per il trasferimento nei quartieri “moderni” di una quota consistente dei suoi residenti – il centro storico ha azzerato la condizione di sovraffollamento, che aveva toccato un picco a fine ‘800.
Tale operazione ha operato delle notevoli trasformazioni del territorio e del
paesaggio cefaludese, anche se la sensibilità di alcuni progettisti, che nei modi più vari si riallacciano alle esperienze condotte da Culotta e Leone, ha sempre indotto ad operare delle scelte insediative che, pur trasformandolo, valorizzassero il luogo.
In quest'arco temporale, 1950-2000, mentre l'edilizia spicciola operava, con il suo insediarsi in maniera caotica, il depauperamento del territorio e del suo aspetto paesaggistico, si è anche però iniziata una discussione sulla città, con attenzioni alla parte di nuova edificazione e anche alla parte antica.
Gli architetti Culotta e Leone, e quelli che alla loro frequentazione più o meno diretta si sono formati, cominciano, in questi anni, nell'ambito di alcune commesse professionali, a ri-tessere un sistema di sequenze spaziali e di percorsi tra spazio pubblico e spazio privato.
In questo quadro, ogni nuovo intervento, sia nella nuova espansione sia nell'ambito del centro storico, non si impone tout-court ma cerca relazioni e collegamento con il tessuto circostante. Si tratta di una "strategia di riammagliamento", di architetture e percorsi pensati su scala urbana, un modus operandi che si estende presto ad altre realtà siciliane e che viene indicato, in ambito regionale e nazionale, come la “Scuola di Cefalù”.
Ma, malgrado ciò, la storia di Cefalù appare oggi piena di tanti “vorrei…ma non posso”:
Vorrei essere una città turistica, ma mancano le attrezzature e le infrastrutture;
Vorrei essere un centro culturale, ma mancano i luoghi per fare un convegno e quelli che ci sono o sono chiusi (v. teatro Comunale) o sono diventati Teatro dei Pupi (v. Corte delle Stelle) o abbandanoati a se stessi e lasciati in balia di beceri vandalismi;
Vorrei valorizzare il diportismo, ma il Porto che abbiamo (ancora incompleto dopo ben 50 anni) non è idoneo ed è soggetto ad un progressivo insabbiamento;
Vorrei un Centro Storico liberamente fruibile a piedi per tutto l’arco della giornata, ma mancano i servizi che consentano di non penalizzare i residenti;
Vorrei vedere meno macchine in giro, ma mancano i parcheggi;
Vorrei un Lungomare efficiente e funzionale, che sia luogo di incontro e di socializzazione, ma qualsiasi progettualità è impedita sia dalla mancanza di risorse economiche sia dalla legislazione sul distacco dalla battigia, considerando il fatto che la perimetrazione urbana di Cefalù è ferma agli anni ’70;
Vorrei delle infrastrutture ludiche e sportive che tolgano i nostri ragazzi dalla strada e da tutti i rischi che ciò comporta;
Vorrei che quelle che già sono state realizzate (Palazzetto dello Sport) funzionino e non diventino l’ennesima cattedrale nel deserto.
Tanti i desideri, tanti i sogni, tante le necessità che la città esprime ad ognuno di noi che la fruiamo da cittadini, purtroppo però oggi il futuro di Cefalù è una incognita ma con una grande unica certezza: ciò che negli
anni ’60 era una scelta cui ogni altra doveva essere subordinata, oggi quella scelta è una direzione obbligata. Vocandosi al Turismo si è operata una scelta da cui non è possibile tornare indietro. La natura stessa del territorio ci indirizza a ciò con i suoi terreni impervi e quindi inadatti ad un tipo di agricoltura che per essere concorrenziale sul mercato deve
necessariamente essere “industrializzata”.
Oggi il nuovo PRG, che dopo 12 anni ( e sarebbe opportuno interrogarsi se in questi 12 anni non sia cambiato qualcosa nell’assetto urbano di Cefalù, rispetto alle indicazioni fornite al progettista dal Consiglio Comunale nel ‘96) era giunto in Consiglio Comunale come Schema di Massima, è bloccato per doversi sottoporre alla nuova e recente metodologia della VAS (Valutazione Ambientale Strategica); conseguentemente le speranze, che riponevamo su questo aggiornamento dello strumento urbanistico, di un miglioramento dello status quo sembrano dilatarsi nel tempo.
Mi ero augurato, invano, che l’attuale Consiglio Comunale, che i tempi della storia avevano posto di fronte a questo importantissimo compito, vitale direi per il benessere della nostra cittadina, fosse stato più attento e preveggente di quello degli anni’60.
Mi ero auspicato che, se negli anni ’60 gli amministratori del tempo scelsero la vocazione turistica per Cefalù, adesso questi nuovi amministratori avessero avuto la forza, il coraggio di operare scelte, anche impopolari, per attrezzare Cefalù per il turismo e, finalmente, arrivare a sbozzare il diamante grezzo.
Oggi rimane solo amarezza, rabbia, delusione ed un piccolo barlume di speranza…che le cose cambino presto.

fig. SEQ fig. \* ARABIC 1 - Pianta di Cefalù, 1645 (Passafiume)

fig. SEQ fig. \* ARABIC 2 - Pianta catastale (1901). In rosso il centro storico, in blu l'espansione del '600

fig. SEQ fig. \* ARABIC 3 - "Alba a Cefalù" , Bevelacqua 1850 e cartolina dei primi del '900

fig. SEQ fig. \* ARABIC 4 - La Caserma Botta (1877) in una cartolina degli anni ‘50

fig. SEQ fig. \* ARABIC 5 - La Stazione ferroviaria (1887) in una cartolina degli anni '50

fig. SEQ fig. \* ARABIC 6 - Il Piano Pernice, 1912

fig. SEQ fig. \* ARABIC 7 - La Via Libertà ( oggi Via Roma) nel 1930

fig. SEQ fig. \* ARABIC 8 - Il Jolly Hotel e lo stabilimento "Diana"

fig. SEQ fig. \* ARABIC 9 - Il promontorio della Calura, in una cartolina degli anni'50 ed oggi

fig. SEQ fig. \* ARABIC 10 - Il litorale di Cefalù, primo e dopo la realizzazione del Lungomare

fig. SEQ fig. \* ARABIC 11 - Il P.R.G. di Samonà

fig. SEQ fig. \* ARABIC 12 - Il progetto di Edilizia Popolare di Gregotti

fig. SEQ fig. \* ARABIC 13 - Espansione Urbana: anni '50, '70, 2000

fig. SEQ fig. \* ARABIC 14 - i principii insediativi

fig. SEQ fig. \* ARABIC 15 - Il territorio edificato: in rosso l'edificato al 1940, in giallo 1940-1960, in blu 1960-1980, in rosa 1980-2000

N.B.
Le foto storiche utilizzate nel presente articolo sono state gentilmente messe a disposizione dalla Fototeca Varzi.

ritratto di Saro Di Paola

UN ULTERIORE OMAGGIO ALLA MEMORIA DI PASQUALE CULOTTA

Una retrospettiva sullo sviluppo edilizio di Cefalù che, tra le righe, esalta la strordinarietà della figura e del ruolo dell'Uomo Politico Pasquale Culotta.
Una retrospettiva che, perciò, va letta come un ulteriore omaggio alla Sua memoria nel terzo anniversario della Sua scomparsa.
Grazie,
Saro Di Paola