Memorie

Ritratto di Totò Testa

17 Gennaio 2013, 00:13 - Totò Testa   [suoi interventi e commenti]

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Pochi giorni fa se n’è andata Lia Livecchi.

Ha seguito di pochi mesi il fratello Lillo.

Insieme sono stati due punti fermi di un meraviglioso paesaggio animato che ha reso felice la mia infanzia, in quella Cefalù del novecentocinquanta che profumava di azzolo, gelsomini e sarde salate, dove siamo cresciuti in una sorta di incubatrice diffusa, affidati alle cure d’un’intera comunità chiacchierona, sorridente, volenterosa, colta, educata, umile, ma fiera di essere cifalutana.

In quel tempo Lia e Lillo lavoravano nella merceria di famiglia, sul Corso, anche quella un punto fermo, a metà strada tra “u Priatoriu” e  “a Matrici”, all’angolo alto della via Gioeni.

Di fronte c’era lo spaccio di frutta e verdura di Giovannino Cerami, all’altro angolo della traversa il forno Alcarese.

A monte c’era la popolosa tribù dei Guercio: i due Saro (pannieri); Nino (pasticciere); il tabaccaio; Pasquale, Peppino e Turi (i macellai d’u Priatoriu), poi venivano Gianni Miceli (abbigliamento), Lillo Serio (salumiere), Battaglia (calzature), l’altro pasticciere, Pietro Cangelosi …

In quella zolla privilegiata di crosta terrestre noi bambini ci muovevamo in una sensazione di piena libertà, che, però, mille occhi attenti vigilavano costantemente.

Finisco di leggere, adesso, su Facebook, un accorato post di Angelo Maggio sulla “sua” Grecia: è stata la mia casa ed io mi sentivo a mio agio, stavo proprio bene...la musica, la cultura, il cibo, il modo di divertirsi, il rispetto per gli anziani e sopratutto un profondo e vivo senso di comunità e tradizioni !.”...

Ecco, la nostra Cefalù di allora era come la Grecia di Angelo.

Per noi bambini anche svolgere le piccole commissioni era una sorta di gioco didattico che ci faceva assumere senza sforzo i fondamentali della vita, prima dei numeri e delle parole scritte.

Io ho imparato a far di conto prima di imparare a leggere.

Da Lillo e Lia andavo a comprare spagnolette, bottoni, scapparello a metraggio.

Lillo mi dava il resto sbagliato apposta, per costringermi a contare.

Ho ancora negli occhi il suo sguardo sornione e, nelle orecchie, la risata argentina di Lia, quando, con i modi delicati che mi hanno caratterizzato fin dalla più tenera età rummuliavo : “Livecchi, cca mancanu cincu liri!”

Con gli anni mi è capitato di potere abbandonare l'incombenza di comprare spagnolette, ma l'incontro con Lia e Lillo era sempre occasione di lunghe e appassionate conversazioni.

Sono contento di averli sempre ritrovati là, nella merceria sul Corso, anche dopo tanti anni.

Sono contento che abbiano conosciuto i miei figli e li abbiano trattati con la stessa dolcezza e la stessa allegria che hanno donato a me.

E sarò sempre grato a loro per il senso di appartenenza comune, profondo ed indissolubile, che abbiamo condiviso.

Commenti

Caro Totò, sei riuscito a farmi piangere.
Grazie!
Di Lia e Lillo Livecchi, anch'io, custodirò, nel profondo del mio cuore, il ricordo.
Insieme a quello della loro mamma e del loro papà.
Il ricordo della mamma seduta dietro "la bancata", tra gli scaffali con pile di gomitoli e matasse di lana colorata, con cassetti di spagnolette e bottoni, è di quelli che, ogni qualvolta passo davanti a quelle che prima erano due porte, mi fa rivivere gli anni della mia infanzia e della prima adolescenza.
Gli anni delle prime "scinnute 'nt'ò cursu p'accattari" e quelli delle "scinnute e acchianati n'tò cursu" di sabato pomeriggio.
"Pi passiari" con le compagne ed i compagni di scuola.

Entravo nella "putia ri Livecchi" e respiravo aria di casa mia.
Sentivo, forte, il calore umano che i Livecchi mi trasmettevano.
Con i loro occhi, con il loro sorriso, con le loro parole,con la vivacità delle loro battute.
Era aria di casa mia.
Aria della Cefalù dei "cifalutani".
Un'aria che, senza i "Cannuna", u "Cuccu", mastru "Ciuzzu", Gianni Miceli, Ninu "Viecciu", i "vucciera", "ron Pietru", "a vadduna", "a Nasca"  ....... da anni, tanti anni, non riesco più a respirare.

Grazie signorina Lia e grazie Lillo.
Per esserci stati come ci siete stati.
Vi accomuno nel grazie come Vi accomuno nel ricordo, non riesco a pensare a Lia senza pensare a Lillo.
No! Non ci riesco!