10 Settembre 2012, 08:20 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Si era a metà degli anni sessanta, quando, la Politica di Cefalù ebbe ad affidare al prof. Giuseppe Samonà le sorti del suo territorio.
Eppure, in quegli anni, Cefalù non avrebbe avuto l’ obbligo della formazione del PRG.
Quando poi, alla fine del 1974, il PRG venne definitivamente approvato, Cefalù si ritrovò,ottavo Comune di Sicilia, a gestire il suo territorio con quello strumento che il Legislatore aveva istituito con la Legge urbanistica del 1942.
Oggi, nel 2012, dopo quasi 40 anni di vigenza e di attuazione di quello strumento, la Cefalù nella quale ci ritroviamo è, certamente, diversa, molto diversa, da quella che era negli auspici della Politica che, sul PRG, ebbe a puntare e da quell’altra Cefalù che Giuseppe Samonà aveva prefigurato nel suo progetto di piano.
Le ragioni sono molteplici, complesse e di varia natura.
Da quelle che, in fase di adozione, da parte del Consiglio, indussero l’insigne urbanista a ritirare la firma su quel piano, a quelle che, in fase di attuazione, hanno rallentato, quando non definitivamente interrotto, l’iter approvativo dei piani particolareggiati di iniziativa pubblica.
Dalle carenze e dai limiti strutturali,contenutistici e progettuali del PRG, come strumento di pianificazione concepito ed istituito dal Legislatore nel 1942, alle iniquità ed alle sperequazioni di quella zonizzazione alla quale il Legislatore ha demandato la organizzazione dell’assetto dei territori comunali.
Dalle difficoltà di procedere ad espropri da parte della Pubblica Amministrazione, alle possibilità di difesa dall’esproprio, anche del più piccolo fazzoletto di terreno, che il Diritto concede ai privati.
Dagli avvicendamenti, continui se non frenetici, delle Pubbliche Amministrazioni locali, alla elefantiaca lentezza della macchina burocratica comunale e sovra comunale.
Dalla obsolescenza della legislazione urbanistica vigente, alla incapacità della politica sovra comunale di adeguarla alle condizioni dei territori comunali che sono assolutamente mutate rispetto a quelle nelle quali e per le quali, nel 1942, venne concepita la legge urbanistica fondamentale.
Dalla obsolescenza e dalla inadeguatezza del PRG vigente, alla incapacità della politica locale di elaborarne una variante generale, alla impossibilità, per la politica locale medesima, di elaborare uno strumento urbanistico di nuova concezione.
Uno strumento che la politica sovra comunale non è, ancora, riuscita a dare ai Comuni per soppiantare l’urbanistica della zonizzazione, delle macchie di leopardo, dei parametri edilizi e dei numeri con l’urbanistica del progetto.
L’urbanistica della sperequazione con l’urbanistica della perequazione.
Quella della conflittualità con quella della concertazione.
Sono ragioni intrinseche al PRG di Cefalù ma, sono, anche, ragioni estrinseche a quello stesso PRG.
Sono ragioni la cui disamina, dopo quasi 40 anni, sarebbe lunghissima.
Solo a considerare che oggi, nel 2012, nessuno ha, più, la contezza, piena, di quello che era il PRG nella stesura originaria del prof. Samonà, sarebbe, anche, una disamina pressoché impossibile a farsi.
Nella complessa molteplicità di tali ragioni e nella varietà della natura delle stesse, una, però, può essere colta con certezza.
Ed assai agevolmente.
Attraverso la semplice rilettura delle “Norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale del territorio comunale di Cefalù”, così come vennero modificate nel Decreto Assessoriale con il quale quel piano venne definitivamente approvato.
È quella ragione cui, dopo circa 40 anni, può essere ascritta
la più grave delle responsabilità politiche
per le quali la Cefalù nella quale, oggi nel 2012, ci ritroviamo è una città compromessa dal punto di vista delle infrastrutture e dei servizi.
Irrimediabilmente, o quasi.
A Cefalù, la Pubblica Amministrazione ha “inseguito” i privati.
Sempre!
A Cefalù, non è stata la Pubblica Amministrazione ad indirizzare l’attuazione del PRG.
A dettarne i tempi.
Ad indicarne le direttrici e i luoghi.
A Cefalù, è stata la frenetica e quasi inesauribile domanda di abitazioni, di prime e di seconde case, a determinare, l’assetto urbano e quello complessivo del suo territorio.
Concretizzandoli come li ha concretizzati
A Cefalù, così è stato.
Sempre!
Allo Spinito come a Santa Barbara.
Alla Calura come a Mazzaforno.
A Cefalù, così continua ad essere.
Eppure, a Cefalù, così, non sarebbe dovuto essere.
Perché, per Cefalù, così non avrebbe voluto fosse un articolo delle norme di attuazione del PRG.
È l’articolo 21.
Quell’articolo che, sotto il titolo “PROGRAMMA DI ATTUAZIONE DEL PIANO” nella sua perentorietà, così recita :
“L'Amministrazione Comunale formerà all’ inizio di ogni esercizio finanziario un "programma di attuazione del piano" che dovrà contenere:
a) le indicazioni delle opere stradali, dei parcheggi, dei servizi, delle zone verdi e delle opere edilizie da realizzare per iniziativa del Comune e di altri enti.
b) le dimensioni delle espansioni residenziali nelle varie zone.
c) la localizzazione dei settori nei quali si intendono predisporre i progetti urbanistici per mettere in agibilità i terreni necessari alle espansioni di cui sopra attraverso piani particolareggiati e convenzioni.
d) l’ individuazione delle zone edificate nelle quali si intendono predisporre progetti urbanistici per la ristrutturazione attraverso piani particolareggiati e convenzioni”.
Un articolo che le Amministrazioni Comunali che si sono succedute a partire dal 1974 non hanno tenuto nella giusta, anzi in alcuna, considerazione.
Un articolo di cui, a Cefalù e per Cefalù, nessuno si è accorto.
Mai!
Saro Di Paola, 10 settembre 2012
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Commenti
Angelo Sciortino -
Ricordo ancora!
Si era negli anni Settanta e lo schiaffo al paesaggio cominciava a essere più sonoro. Ero giovane, ma mi rendevo conto che il risultato sarebbe stato quello che è sotto i nostri occhi.
Si era prossimi a una campagna elettorale e credetti doveroso mettere in allarme l'opinione pubblica, perché scegliesse meglio i suoi rappresentanti in Consiglio, che allora era composto da 30 consiglieri. Ebbene, dalle elezioni risultarono eletti ben 24 fra imprenditori edili, ingegneri, architetti e geometri.
Insomma, a volere il loro territorio distrutto, furono i cittadini stessi, che lo vendettero per meno di un piatto di lenticchie.