La Legge, il Piano Urbano del Traffico e Cefalù

Ritratto di Saro Di Paola

13 Agosto 2023, 10:33 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

Nell’ottobre del 2001, i Consiglieri, che allora rappresentavano “La Margherita”, indirizzarono al Prefetto di Palermo un esposto, contro l’inefficienza dell’Amministrazione Vicari, che non aveva, ancora, ottemperato all’obbligo di Legge di dotare Cefalù del PUT, acronimo di Piano Urbano del Traffico.
Quei Consiglieri erano convinti che tale piano sarebbe potuto essere risolutivo delle problematiche che, da sempre, affliggono la circolazione veicolare nel tessuto viario del centro urbano e lungo i due assi, che, da Occidente e da Settentrione, consentono di immettervisi.
Un piano, che, ancora nel 2023, viene invocato dai cittadini sui social ed al quale la politica cittadina non ricorre.
A mio giudizio, GIUSTAMENTE!

Dopo l’esposto degli allora Consiglieri di opposizione, l’Amministrazione Vicari ottemperò all’obbligo di Legge conferendo  al Prof. Corriere, esperto in materia, l’incarico di elaborarlo.
Vennero spesi 60.000 euro, forse più, di pubblico danaro, per il più inutile dei piani sul traffico, che il Legislatore avrebbe potuto concepire.

Infatti, cos’era e, cos’è il PUT?

Il PUT, è lo strumento che, il Legislatore ha previsto nel D.L. n° 285 con il quale, il 30 aprile 1992, ha emanato il nuovo codice della strada.
Nell’articolo 36 del predetto D.L., il Legislatore ha fatto obbligo di dotarsi del PUT ai Comuni con popolazione residente superiore a trentamila abitanti ed a quegli altri comuni, come Cefalù, che registrino in periodi dell’anno, una particolare affluenza turistica o risultino interessati da elevati fenomeni di pendolarismoed ha precisato che il PUT deve avere la duplice finalità di “migliorare le condizioni di circolazione e della sicurezza stradale” e di “conseguire una riduzione dei gradi di inquinamento atmosferico ed acustico”,  che la circolazione stessa produce nell’ambiente urbano.

Due finalità che, essenzialmente, trovano la loro sintesi in una sola: “il contenimento o la minimizzazione del tempo totale impegnato dai veicoli” sulla rete di trasporto.
Quel tempo da cui dipende, essenzialmente, il costo globale del sistema di trasporto urbano: costo in termini energetici, costo in termini di perdita di ore lavorative, costo in termini ambientali.
Costi tutti che, per l’uso del sistema dei trasporti, i cittadini paghiamo due volte: direttamente attingendo, ciascuno, alle nostre risorse economiche e psico-fisiche e, indirettamente, in termini di risorse socio-economiche e di risorse ambientali complessive.

Secondo le “direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei PUT” predisposte nel 1995 dal Ministero dei lavori pubblici, di concerto con il Ministero dell’ambiente e con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, gli interventi che il PUT può prevedere devono essere “a breve termine” e, per la loro attuazione, devono “richiedere un modesto impiego di risorse economiche”.

Ciò perché il PUT è stato concepito come piano di gestione della mobilità urbana nelle condizioni infrastrutturali e di servizi per il trasporto pubblico, di cui i centri urbani dispongono nell’attualità.

Un piano di immediata realizzabilità che, partendo dall’esplorazione e dall’analisi dell’attuale assetto della mobilità urbana, intesa come l’insieme della domanda e della offerta di trasporto in ambito urbano, partendo dal modello di offerta attuale lo rielabora per  prospettarne uno nuovo, con l’obiettivo di abbassare i livelli di criticità della circolazione e degli effetti della circolazione, ottimizzando gli spostamenti di tipo sistematico, rispetto ai quali, il PUT, conforma le sue previsioni.

Spostamenti di tipo sistematico, che sono quegli spostamenti casa-posto di lavoro, casa-ufficio, casa-scuola che, nel periodo invernale, sono spostamenti dovuti, anche, al pendolarismo,
         
e che, nel periodo estivo, in una città come la nostra, sono, anche, quelli determinati da quella affluenza turistica e da quel pendolarismo balneare, per i quali il Legislatore ha imposto, anche al nostro Comune, l’obbligo di dotarsi del PUT.
     
    

Il nuovo modello di offerta prospettato dal PUT dovrebbe abbassare i livelli di criticità della circolazione e dei suoi effetti, nella ipotesi di mantenimento delle attuali condizioni dei mezzi di trasporto urbano, nonché nella ipotesi di invariabilità delle infrastrutture, quali strade, parcheggi, snodi e, nel contempo, nella ipotesi di invariabilità delle condizioni che determinano la domanda di trasporto.

In sintesi, nella ipotesi di invariabilità di tutte quelle condizioni che, interagendo, disegnano il quadro complessivo della mobilità urbana, nella attualità.

Il PUT è, perciò stesso, uno strumento con efficacia e validità a termine.
Infatti, dal punto di vista dell’assetto delle infrastrutture per il trasporto, soltanto per esemplificare in modo piuttosto banale ma efficace, l’apertura di una nuova arteria o di un nuovo parcheggio, lo spostamento delle sedi di un importante ufficio pubblico, di una scuola o di grandi esercizi commerciali in zone urbane diverse da quelle in cui sono ubicate, e, in città come la nostra, l’apertura di un grande complesso turistico-ricettivo, sarebbero, singolarmente, sufficienti per determinare nuove condizioni di mobilità e, conseguentemente, per renderne necessaria la rielaborazione per quell’ aggiornamento del PUT che il Legislatore ha stabilito debba essere fatto ogni due anni.

In estrema sintesi e nella sostanza, il PUT è un piano che, deve prefigurare i correttivi per migliorare l’attuale assetto della offerta di trasporto urbano:
nulla di più!
Un piano che ha una valenza assolutamente diversa da quella di un piano urbanistico, che con le sue previsioni può, almeno sulla carta ed ove possibile, introdurre modifiche all’ assetto delle infrastrutture esistenti.

A CEFALÙ, per risolvere i problemi della sua mobilità urbana serve ben altro che non il PUT.
Per Cefalù, IL PUT È POCO O NULLA.
ANZI, IL PUT 
È PIU' NULLA CHE POCO!

Ciò per quei limiti fisici del tessuto viario ed infrastrutturale della nostra città che il PUT non può eliminare e, neanche, migliorare. 
Ciò per quei limiti contenutistici che il Legislatore ha dato allo strumento medesimo.

Cosa servirebbe a Cefalù per migliorare la sua mobilità urbana?
Non oggi, e neanche, domani.
Ovviamente!
Dovesse andar bene, dopodomani.
Ne ho già scritto troppe volte.
INUTILMENTE!
Persino la Variante Generale al PRG se n'è fatto un baffo!

Saro Di Paola, 13 agosto 2023

Commenti

il primo passo, potrebbe essere l'abolizione del passaggio alivello della gallizza; un secondo passo, potrebbe essere il prolungamento del lungomare (é da anni che se ne parla!); eppoi, la creazione della rotonda a S. Lucia (anche se piccola!); parcheggio in via Roma, da un solo lato a partire da sotto i portici e sino al passaggio a livello

Il "primo passo", l'abolizione del passaggio a livello di Gallizza, si farà.
A raddoppio ultimato: tra una ventina d'anni, dovesse andare bene.
Servirà ad evitare la fila dietro le barre.
Procurerà beneficio  in uscita.
In entrata non cambierà nulla:  la fila inizierà sempre all'imbocco della via San Pasquale.
 
Il "secondo passo", il prolungamento del lungomare, non si farà.
Dovrebbe, prima,  essere previsto in una variante alla variante generale al PRG, adottata, ed ancora in itinere e, poi, realizzato.
Non sarebbe una variante di poco conto perchè comporterebbe la trasformazione della "passeggiata a mare" in una sorta di circonvallazione urbana a mare.
Difficoltà realizzative a parte -dovrebbe svilupparsi in galleria, con una pendenza che per essere accettabile dovrebbe farlo sfociare in un'area libera che non esiste- avrebbe ripercussioni, urbane ed urbanistiche, talmente gravi da fare rimpiangere, a chi dovesse vederlo realizzato, il cul de sac nel quale il lungomare si conclude siin da quando venne concepito e relizzato. 

La realizzazione della rotonda a Santa Lucia e la soppressione dei posti auto lungo uno dei lati della "via Roma da sotto i portici e sino al passaggio a livello" servirebbero quanto servono i pannicelli caldi ad un malato che ha una febbre da cavallo.