IL CRIMINE AMBIENTALE PIÙ EFFERATO CONTRO IL TERRITORIO DI CEFALÙ

Ritratto di Saro Di Paola

3 Settembre 2022, 21:25 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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Il tracciato originario del raddoppio ferroviario tra Ogliastrillo e la stazione di Castelbuono, che, a metà degli anni ottanta del secolo scorso, le Ferrovie dello Stato avevano sottoposto al voto del Consiglio Comunale di Cefalù e sul quale il Consiglio aveva espresso il suo voto favorevole, era quello che, nella planimetria che segue, ho disegnato in verde, ovviamente, con il grado di approssimazione consentito dalla scala della planimetria medesima.

Era un tracciato che prevedeva la stazione ad Ogliastrillo, che si sviluppava tutto in galleria e che, nella complessità idrogeologica del sottosuolo da Ogliastrillo a Fiume Carbone, acclarata nel corso dei lavori di realizzazione delle gallerie autostradali, sottopassava il territorio di Cefalù ad una distanza e ad una profondità, rispetto al sedime delle case disseminate nella campagna cefaludese e degli edifici che hanno finito per saturare le sue zone d'espansione, tali che avrebbero reso remotissimo, se non del tutto scongiurato, il rischio di danni a quelle case ed a quegli edifici.

Successivamente all'approvazione del Consiglio, il tracciato è stato modificato in quello che, nella stessa planimetria, è segnato in rosso-arancio..
La modifica per far sì che "Cefalù non avesse una stazione qualunque ad Ogliastrillo" ma ne avesse una "di tipo metropolitano, nel cuore del centro urbano, come quella di Sanremo".
Come sostenevano gli esponenti del Comitato cittadino "Cefalù Quale Ferrovia", che si era intestata la campagna per modificarlo e per riportare nel cuore di Cefalù, la stazione che “avrebbe devastato le valenze ambientali di Ogliastrillo”.

Tale modifica è il CRIMINE AMBIENTALE PIÙ EFFERATO, che sia stato, mai, perpetrato contro il  territorio di Cefalù.
Resterà nella storia di Cefalù.
Potrebbe restare nella storia delle grandi incompiute del Bel Paese.

Lo scrivo senza peli sulla lingua.
Lo scrivo senza mezzi termini.
Lo scrivo assumendomene tutta la responsabilità.
Con l'auspicio che le Istituzioni interessate e le parti in causa riprendano il toro per le corna.

Lo scrivo dopo quanto, nei giorni scorsi, è accaduto a Vallone di Falco.
Non è stato un semplice campanello d'allarme.

Per quel che se ne sa, una voragine profonda circa 4 metri che ha inghiottito una cisterna idrica insieme ad un albero d’ulivo, la deformazione del pavimento di una casa vicina e fratture nel terreno che hanno indotto ad interdire al transito veicolare una strada privata interpoderale, sono state, e sono, più, molto di più di un campanello d’allarme.
Sono il suono sinistro di una sirena.

Lo scrivo nella fondata certezza che dalle parti di Spinito, Pacenzia e Pietragrossa la idrogeologia del sottosuolo è molto più complessa di quella del sottosuolo di Vallone di Falco.
Con acqua e sabbia molto più abbondanti e, per di più, in porzioni di territorio urbanizzate e con una densità edilizia molto più alta di Vallone di Falco.
A Spinito, Pacenzia e Pietragrossa, l’acqua e la sabbia potrebbero fare aprire voragini molto più grandi di quella che si è aperta a Vallone di Falco.

Voragini che potrebbero inghiottire, fabbricati, strade, fognature, acquedotto e reti di sottosuolo, come purtroppo è accaduto in tante località del territorio nazionale.

Continuate a darmi dell'allarmista e del catastrofista.
ME NE STRAFOTTO.

(La foto della voragine di Vallone di Falco è stata pubblicata su Facebook da Rosario Fazio a commento di un post di Giovanni Bianca)

Saro Di Paola, 3 settembre 2022

Commenti

Caro Saro, abbiamo finalmente sfidato la fortuna anche in questa occasione. L'abbiamo sfidata e continuiamo a sfidarla nel silenzio più assoluto della nostra Amministrazione, che non protesta e non chiede spiegazioni a chi oltraggia il suo territorio. Ma tacciono anche i suoi cittadini e quelli che sono stati disposti a tutto pur di avere una stazione ferroviaria accanto al loro letto.

Abbiamo ormai un'età per renderci conto che le nostre sono voci clamantes in deserto, voci che disturbano la strafottenza di chi offende i doni della natura al territorio di Cefalù. Gli unici a trarne vantaggio da queste denunzie siamo noi, che possiamo guardarci allo specchio non biasimandoci.