16 Giugno 2017, 17:26 - Giuseppe Maggiore [suoi interventi e commenti] |
PROGRESSO O REGRESSO?
Siamo a Giugno e, come ogni anno, bisogna provvedere a diserbare i terreni incolti onde evitare o limitare che la sterpaglia al sole possa alimentare ipotetici incendi.
D'altronde è prevista anche una sostanziosa ammenda per chi non vi provveda.
Dal che ne viene che se uno possiede un terreno di ragguardevoli dimensioni, ma improduttivo e ricoperto da vegetazione secca, che non riesce a vendere ammenochè, dati i tempi, non lo regali e non ha liquidità per farlo pulire, ogni anno si vedrà costretto a contrarre un mutuo con una banca per essere ligio alla legge ("ligio alla legge", così diceva il grande Totò) assolvendo alla bisogna.
Spesa su spesa, quindi: assoluta mancanza di reddito che una volta veniva dal predio, da una parte, e dovuta tassa all'erario sul bene e spesa annuale per farlo diserbare, dall'altra; il tutto in un clima sociale scandito da un carovita sempre più in continua crescita in concorrenza con una inalterata esosa fiscalità.
Secondo me l'aver abrogato l'istituto della mezzadrìa che consentiva la metà del reddito al proprietario del fondo e l'altra metà al colono che lo coltivava (in seguito spartizione variata con la percentuale del 58% a quest'ultimo e del 42% al concedente, a mente della legge 15 Settembre 1964 n.756), istituto che permetteva ai possessori di terreni di farli fruttare e nel contempo di mantenerli puliti grazie alla coltivazione impiantata senza sobbarcarsi ad ulteriori consistenti spese, è stato un errore madornale del quale attualmente risentiamo tutti gli effetti negativi.
Poi, a consolidare le nuove direttive è intervenuta l'altra legge (3 Maggio '82 n.203 artt.25 e segg.) che trasformò tutti i contratti agrari associativi in contratti di affitto, stravolgendo completamente lo spirito della originaria normativa.
Oggi, che per avere un reddito agricolo è necessario l'impiego di una onerosa costante manodopera salariata, essendo venuto meno, appunto, il contratto di mezzadrìa, la maggior parte dei terreni permangono incolti non essendo il cittadino medio in grado di ottemperarvi altrimenti.
Eppure una volta l'economia della nostra città si basava su ben'altri fonti.
L'agricoltura e la pesca, a non voler considerare anche la valenza dell'artigianato, rappresentavano i settori primari dai quali la città traeva il proprio sostentamento; le campagne si presentavano coltivate e "pulite"e non c'era bisogno di diserbarle annualmente con l'entrare dell'estate mettendo doverosamente mano al portafoglio.
Portavamo avanti, allora, un'economìa produttiva.
Col mutare dei tempi e delle leggi, è diventato, il nostro, come tanti altri (per non dire l'Italia intera), un paese di servizi che vive esclusivamente sul turismo; ed ove manchino i turisti noi possiamo ben morire di fame, come si dice o, usando un'altro eufemismo, "attaccarci al tram"..
Avevamo, quindi, prima, una congrua connotazione produttiva; ora offriamo soltanto ricezione e ristorazione ai turisti; e le ditte commerciali che attendono a tale settore ne ricavano un proficuo utile.
In buona sostanza: da attivi produttori siamo diventati attivi servi.
Il termine può apparire duro, improprio, impietoso o ingeneroso, ma è calzante: non fà altro che rispecchiare la realtà della situazione, per quanto il nuovo indirizzo lavorativo rappresenti un vettore trainante, se non unico, nel panorama dell'economìa nazionale.
Il turismo è una bellissima cosa. Ma chi vive di reddito fisso ne fà le spese perché è costretto per sopravvivere a reperire il necessario a prezzi più alti: quelli che dai commercianti vengono praticati agli occasionali ospiti, nazionali ed internazionali.
Già l'incontrollata entrata in vigore dell'euro è stata la prima batosta che ci ha vessati alquanto (per non parlare, poi, di quell'altra fornitaci nel 2012 dalla lungimiranza del governo Monti e dalla plateale commozione della Sig.ra Fornero) ed oggi vivere in un paese turistico, purtroppo, oltre alla inevitabile confusione persistente, indigesta per i nativi, presenta dei palesi inconvenienti; per non parlare, infine, del ricorrente chiasso notturno, sino alle tre, alle quattro del mattino, che i locali dispensano agli infastiditi dormienti o dell'impertinente notturno chiaccherìo di coppie o gruppi di gitanti che transitano per le caratteristiche vie e viuzze del centro storico, a volte anche altercando animati dai fumi dell'alcol.
La nostra economìa ha mutato natura, s'é cambiata la veste, ha subìto una catarsi. Si è adagiata, cioè, su un più duttile impegno lavorativo totalmente tralasciando le antiche fonti di reddito. Dal pesante lavoro della terra e da quello faticoso della pesca (occupazioni che con le attrezzature odierne potrebbero esplicarsi con meno fatica e più profitto) si è passati a quello più redditizio e, senz'altro, più rispondente, della ristorazione e dell'accoglienza.
Alla zappa ed alle uscite in mare la notte si sono sostituiti il grembiule e la scopa, fraseologicamente parlando.
Metamorfosi che abbiamo accettato quasi senza accorgercene, noi che per eleganza e per mimetizzare le connotazioni, con scienza e coscienza abbiamo tentato di ingentilire i termini di identificazione, chiamando, per esempio, la cameriera, "collaboratrice domestica", lo spazzino "operatore ecologico" ed il rappresentante di medicinali "informatore farmaceutico", elevando le dette categorie a miglior considerazione.
L'intervenuto mutamento nell'offerta, redditualmente e socialmente può anche rappresentare una conquista, una evoluzione; moralmente forse no.
Riepiloghiamo. La mezzadrìa, con le sue prerogative sopra ricordate, è stata abrogata; a causa di ciò le campagne rimangono in massima parte incolte ed ogni anno è necessario provvedere onerosamente a farle diserbare onde scongiurare il pericolo anzidetto; ed i proprietari del predio dal quale non ricavano più un bel niente (perché, e mi ripeto, farlo coltivare da una manodopera salariata, con quello che la giornata di un operaio può costare oggi, è un ulteriore insostenibile salasso che il cittadino medio non è in grado di permettersi, oltre a quell'altro del carovita e del pagamento dei plurimi esosi balzelli) debbono altresì sobbarcarsi a sostenere la spesa necessaria per farli pulire.
È un progresso o un regresso l'averla tolta, questa dibattuta mezzadrìa?
Cefalù, 16 Giugno 2017
Giuseppe Maggiore
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Commenti
Enzo Rosso -
mezzadria?
Caro Pippo, una salus manet: trovare un VERO amico che provveda alla bisogna!
Giuseppe Maggiore -
Intanto ti rigrazio.
Intanto ti ringrazio.
Ma è mio costume usare dell'amicizia, non abusare.