19 Novembre 2016, 09:09 - Rosalba Gallà [suoi interventi e commenti] |
OTTAVIANO AUGUSTO
di Rosalba Gallà
Perché parlare oggi di Ottaviano Augusto? Non c’è un’evidente ragione, non c’è un anniversario (i duemila anni dalla morte sono stati celebrati nel 2014), è una figura lontana, i tempi sono molto diversi dai fasti del principato. Eppure…
Eppure, in questi giorni, anzi da un po’ di tempo, Ottaviano Augusto, figlio adottivo di Giulio Cesare e fondatore del principato, prima fase dell’impero romano, è nei miei pensieri, e la sua compagnia è, in certi momenti, un po’ scomoda, come un tarlo che dà un sottile fastidio.
L’aristocratica repubblica romana era sorta all’indomani della cacciata dell’ultimo re di Roma, il famigerato Tarquinio il Superbo, nel 509 a. C. La fine della monarchia aveva portato all’istituzione di magistrature che, con i caratteri della gratuità, della temporaneità, della collegialità e dell’elettività, garantivano equilibrio e alternanza nei ruoli di potere.
Certo, la gratuità era dovuta al fatto che inizialmente solo i patrizi potevano partecipare al cursus honorum e loro potevano consentirsi di non essere retribuiti. Ed è stato giusto, nel tempo, correggere questo aspetto degli incarichi politici ed è giusto ancora oggi ricevere un compenso per il servizio che si volge a beneficio del popolo, ma forse ci si è lasciati prendere la mano e si è esagerato un po’…
La temporaneità impediva di ‘affezionarsi’ al potere e la collegialità consentiva un reciproco controllo: due consoli, due censori, due pretori, addirittura quattro o anche più questori perché, quando si ha a che fare con il denaro (l’erario dello stato), è sempre meglio che il controllo sia maggiore. Il dittatore, chiamato a risolvere situazioni straordinarie, rimaneva in carica solo sei mesi: il tempo necessario.
L’elettività è sicuramente valore portante di ogni res publica ed è stato sempre auspicabile, e lo è ancora, che l’elezione dei rappresentanti del popolo o di chi abbia responsabilità politica a vario titolo avvenisse, e avvenga, senza troppe mediazioni.
Con il passare degli anni il sistema repubblicano cominciò a deteriorarsi: venne il tempo del protagonismo e dei triunvirati, accordi privati per la spartizione del potere. Singole figure cominciarono lentamente a derogare dalle norme, ad avere ‘poteri eccezionali’: Sila fu dittatore a tempo indeterminato, Pompeo fu console senza collega, Cesare ancora dittatore a tempo indeterminato (in realtà a vita) e, in generale, iniziò il processo di concentrazione del potere nelle mani di una sola persona.
E poi Ottaviano, sconfitto Marco Antonio ad Azio nel 31 a. C., divenne l’unico protagonista della storia romana e con lui le istituzioni repubblicane furono svuotate di tutto il loro significato. L’annualità e la collegialità delle cariche avevano già ricevuto colpi mortali prima del suo avvento. Egli, da abile uomo politico, seppe sfruttare il bisogno di pace dei Romani dopo gli anni delle guerre civili e seppe presentarsi come il restauratore delle istituzioni repubblicane: in apparenza tutto rimaneva come prima, le magistrature vennero mantenute, solo vennero concentrate in un’unica persona. Ottaviano fu tribuno della plebe, fu console, fu censore, fu il primo del senato (princeps): ottenne da questo il titolo di Augusto e concentrò altre cariche, fino al pontificato massimo. Il ruolo del senato venne lentamente sminuito: il numero dei senatori venne ridotto da mille a seicento: inoltre, il legame personale con molti senatori gli diede la possibilità di controllare la loro attività politica. Le antiche magistrature e tutto l’apparato repubblicano furono ridotti ad un ruolo puramente formale e se a parole Ottaviano era solo un primus inter pares o un semplice magistrato di livello superiore agli altri, in realtà si comportò da monarca, un re che, però, manteneva viva la finzione della repubblica.
Altro strumento fondamentale della politica augustea fu la propaganda. Certo, non è quella dei nostri giorni; almeno al suo fianco c’erano figure come Mecenate, Virgilio, Orazio… Mancava la televisione, sia pubblica che privata.
E il popolo? Certo, lavori pubblici per alleviare il problema della disoccupazione, ma soprattutto elargizioni di grano, giochi e spettacoli pubblici: distrazioni che creavano consenso.
Sicuramente i Romani non ebbero piena consapevolezza delle grandi trasformazioni istituzionali operate da Ottaviano: il passaggio dalla repubblica all’impero non fu repentino e dei cambiamenti spesso ci si accorge a processo concluso, quando il lento percorso si può guardare a distanza. Si procede con piccoli ritocchi, con qualche rattoppo, proclamando situazioni di straordinarietà, una spallata da una parte, un colpo dall’altra, un accordo con questo, una concessione a quest’altro.
Le trasformazioni, talvolta, sono lente ma inesorabili, gli equilibri istituzionali vengono spostati, tutto appare come sempre, ma tutto in realtà è diverso: una fiducia oggi, un’altra domani, qualche legge ordinaria al momento giusto, qualche articolo costituzionale modificato. Bisogna essere vigili e stare sempre in guardia, soprattutto se si comincia a pensare e a dire che non c’è rischio di deriva autoritaria. Lì si annida il pericolo…
Dopo la dinastia giulio-claudia, con i Flavi, si parlò esplicitamente di impero, del glorioso impero romano, fondato da Ottaviano Augusto, modello autorevole dell’era fascista e di Benito Mussolini, che nel 1937, in occasione dei duemila anni dalla nascita, gli tributò celebrazioni solenni e ricchi festeggiamenti.
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Commenti
Saro Di Paola -
Duemila anni addietro come oggi
Già "elargizioni di grano, giochi e spettacoli pubblici: distrazioni che creavano consenso......Si procede con piccoli ritocchi, con qualche rattoppo, proclamando situazioni di straordinarietà, una spallata da una parte, un colpo dall’altra, un accordo con questo, una concessione a quest’altro.".
Duemila anni addietro come oggi.
A tutti i livelli.
Angelo Sciortino -
Augusto
Devo complimentarmi con Rosalba Gallà per questo suo lucido intervento e devo, altresì, condividere la sua vena di tristezza, quando se ne può e deve farsene un parallelo con la situazione attuale.
Di diverso tra allora e ora ci sono soltanto la velocità del decadimento culturale - dove sono Orazio e Virgilio? - la maggiore forza degli strumenti di controllo e di dominio sul popolo, la scuola che chiude le menti e che allora non c'era come strumento dello Stato per ottenebrare le menti, una religione rivelata che accetta qualsiasi imposta sui poveri in cambio dell'otto per mille.
Un requiem non soltanto per la democrazia e la libertà, ma anche per la nostra civiltà, attaccata dai barbari burocrati, con in testa l'elmo cornuto.
Salvatore Solaro -
Illuminante il Tuo articolo,
Illuminante il Tuo articolo, perfettamente calzante con l'attuale condizione politica che l'Italia sta pericolosamente vivendo.
Bisogna fermare il nuovo Caudillo di Rignano. Il 4 dicembre c0n il voto sulla Schiforma della Costituzione, gli italiani decideranno se continuare a vivere in un paese democratico, oppure consegnarsi nelle mani del dittatore di turno.
La nostra Costituzione, ancora vigente, ci ha garantito 70 anni di democrazia e bisogna difenderla da chi, solo per questioni di potere, la considera un intralcio.