27 Marzo 2015, 13:44 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Ieri mattina sono tornato al “belvedere della dogana”.
Per quanto i segnali riscontrati il giorno prima non diano adito al dubbio, per me era, ed è, difficile accettare il convincimento, che mi sono fatto sulla ineluttabilità del destino di quel luogo.
Quel luogo mi piace.
Quel luogo mi è caro.
Mi ricorda un Amico.
La vista della pietra sulla pietra mi fa rivivere un entusiasmo.
Quello, col quale l’Amico mi raccontò del suo rinvenimento.
Quello, che l’Amico riuscì a trasmettermi.
Perciò, ieri mattina, sono tornato in quel luogo per cercare un appiglio alla speranza di sbagliarmi.
Appiglio, che potrei trovare nell’esito positivo di un monitoraggio dell’evoluzione della fenomenologia, già, riscontrata.
Mentre ero intento a capire quale potesse essere il meno rudimentale ed il più idoneo dei monitoraggi che mi consenta di coglierlo, sono stato distratto da due episodi.
Il primo.
Due signori scendevano verso il centro e si sono fermati davanti alla pietra.
La osservavano e ne parlavano.
Io non riuscivo ad afferrare cosa si stessero dicendo.
Temevo, però, ne stessero parlando male.
Mi sono intromesso ed ho fatto da cicerone illustrando la ragione per la quale quella pietra era stata messa là.
I due signori non erano di Cefalù.
Quello dei due, che, sulla pietra, aveva attratto l’attenzione dell’altro mi ha detto che aveva intuito che quella pietra non fosse stata messa là per caso e che l’ultima volta che era passato da lì, l’aveva addirittura fotografata.
Mostrandomi la foto sul suo cellulare, il signore ha aggiunto:
“Qualche anno addietro a Finale abbiamo organizzato un laboratorio di scultura in piazza. Le sculture di quel laboratorio, da allora, sono conservate in un magazzino.
Quando ho visto questa pietra ho pensato che potremmo valorizzarle.
Utilizzandole come arredo urbano in una strada, per una sorta di itinerario di sculture moderne, che introduca ai bassorilievi del Gagini nella Chiesa Madre di Pollina”.
Mi sono compiaciuto e ho ringraziato per l’interesse.
I due si sono congedati ed hanno ripreso la strada per il centro.
Questo primo episodio me ne ha fatto tornare un altro.
Di qualche anno addietro.
Quando mi capitò di vedere la base della pietra imbrattata con la scritta:
“E’ ARTE?”
Il 2 aprile del 2008, ci tenni a dare la mia risposta a quella domanda e, su Cefalunews, scrissi:
“ “E’ ARTE?”
Con questa domanda un artista ha imbrattato la base di pietra che altro artista ha messo per posarvi sopra una pietra.
L’imbratto è “curato”: l’artista lo ha impresso attraverso un normografo che ha filtrato il nero dello spray.
L’imbratto è “decente”: l’artista lo ha relegato, piccolo, in un angolo ed è, poco o nulla, rispetto a quegli scempi con i quali altri artisti imbrattano, monumenti, muri, carrozze ferroviarie, autobus ……..
L’imbratto è una provocazione culturale.
A prescindere dall’arte con la quale è stata esternata, non può lasciarsi cadere.
Almeno così ritengo.
“ARS, ARTIS” per i latini è stata “Ogni abilità materiale o spirituale mirata a progettare o a costruire qualcosa”.
Da quando, alla fine del XII secolo, la parola latina con il suo ablativo ARTE è entrata nel vocabolario italiano, indica “ogni attività umana regolata da procedimenti tecnici e fondata sullo studio e sull'esperienza ………. Svolta manualmente o con l'intelletto é diretta a comunicare i sentimenti e le impressioni dell'artista”.
“È ARTE?”
Alla domanda che l’artista dell’imbratto si è posto, ed ha posto, per “la pietra sulla pietra” cercherò di dare una risposta.
La mia.
Ovviamente.
La pietra e l’acqua, insieme all’aria ed al fuoco, sono “magia della Natura”.
La pietra e l’acqua, nella plasticità e per la plasticità del rapporto con il quale in certi luoghi si propongono,sono sublimazione dell’Arte Suprema: l’Arte della Natura.
Là, alla Giudecca, la pietra sulla pietra ed il mare.
Là, alla Giudecca, la pietra sedile sulla base di pietra ed il mare.
La pietra della natura che l’uomo ha sbozzato per altri uomini.
La pietra lasciata là, dove altri uomini la avevano messa per costruire la “CASA DEL DAZIO”.
La pietra per l’uomo, memoria del passaggio di uomini, lasciata dall'uomo là, nel “BELVEDERE DELLA DOGANA” .
Là, nel belvedere della dogana, per sentire i cobalti del mare e del cielo, i rossi del sole, gli scuri degli scogli e delle case, i colori di un tramonto d’estate, i colori della Natura.
Là, nel belvedere della dogana, la pietra sedile, per sentire il sapore del mare.
Là, alla Giudecca, la pietra della natura che “l’attività delle mani e dell’intelletto dell’uomo” ha messo, per “comunicare i sentimenti e le impressioni” dell’ Artista.
Il più Grande.
“È ARTE?”
La mia risposta: SÌ È ARTE !”
Il secondo episodio.
Non appena i due signori si sono allontanati, neanche, il tempo di posizionare il mio “sistema di monitoraggio” che, da S. Antonio, è sopraggiunto un gruppo di ragazze, di una scolaresca in visita a Cefalù.
Al belvedere si sono fermate.
Dal belvedere si sono affacciate.
A turno sono salite sul “sedile dell’Architetto” per le foto ricordo.
Vedendo le ragazze intrattenersi sul belvedere, il mio pensiero è tornato al dissesto.
Quello geologico.
Ovviamente.
Quello che ne ha compromesso la stabilità, che mette a repentaglio la pubblica incolumità.
Ho ripreso a scrutarne i segnali.
Più preoccupato del giorno prima.
Più a fondo del giorno prima.
Ho notato che la terra è spaccata, pure, dietro le tamerici. La terra mi ha detto “attento stanno scivolando giù insieme a me”.
Ho attenzionato l’inferriata.
La tensione, che lo scoscendimento ha trasmesso alle sue barre, oltre a deformarne il disegno, ne ha tranciato il corrente inferiore, in un punto,
ne ha fatto “scoppiare” il corrente superiore, in più punti.
Rispetto ai segnali del giorno prima, quelli, che ho attenzionato ieri, sono più significativi della gravità delle condizioni del belvedere.
TRANSENNARE È D’OBBLIGO!
Per chi arriva da S.Antonio, non sarà una bella immagine.
Ma il pericolo per la pubblica incolumità c’è.
Eccome, se c’è!
A mio giudizio.
Ovviamente.
Saro Di Paola, 27 marzo 2015
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Articolo correlato:
Giudecca: irrimediabilmente compromesso “il belvedere della dogana” – Saro Di Paola – 26 marzo 2015 (https://www.qualecefalu.it/node/16633)
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Commenti
Angelo Sciortino -
Ci risiamo
Caro Saro, predichiamo nel deserto, perché nessun tecnico del Comune, sia egli ingegnere come te o architetto e persino onniscente, si è posto la domanda: quanto della nostra incuria ha causato il danno? Si sarebbe potuto evitare, se soltanto si fosse provveduto per tempo a bloccare la perdita della condotta idrica?
Che tristezza veder morire giornalmente una parte del paesaggio, che amiamo, anche per colpa di chi dovrebbe difenderlo!
Giuseppe Cassata -
Chi ci salverà?
CARO SARO, SPERO CHE LE TUE PUNTUALI OSSERVAZIONI SULLE DISATTENZIONI DEL GOVERNO LOCALE (SONO DISATTENZIONI?) NON VENGANO CONSIDERATE INUTILI PREDICHE ! SE NON SI PONE UN FRENO ALLA MANCANZA DI MANUTENZIONE AL TERRITORIO CHI CI SALVERA'?