L’incompiuta del lungomare, le zone bianche ed il Piano Particolareggiato Urbani (2)

Ritratto di Saro Di Paola

6 Ottobre 2014, 16:49 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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La “partita” politico-amministrativa e giudiziaria della “incompiuta sul lungomare”

si gioca tutta sugli “spazi pubblici equiparabili alle cosiddette "zone bianche" ”, cioè, di quelle aree, che il P.P. ha destinato ad usi pubblici “con il vincolo sovraordinato all’esproprio decaduto”.
Lo si intende, assai chiaramente, leggendo l’ordinanza, che il Tar per la Regione Sicilia ha pronunziato lo scorso 21 agosto.
Un’ordinanza, con la quale la Magistratura amministrativa “ai fini del decidere, ha ritenuto necessario acquisire dal Comune di Cefalù una relazione contenente documentati chiarimenti, in primis, proprio, “sugli spazi pubblici equiparabili alle cosiddette  "zone bianche" ”.

Spazi pubblici e zone bianche, che hanno ingenerato confusione, persino, agli stessi Magistrati del Tar.
Se è vera, come è vera, la discrasia, che emerge da quella ordinanza, proprio, nella richiesta di chiarimenti su tali spazi.
Quella discrasia, per la quale il Tar ha chiesto i chiarimenti pergli spazi pubblici equiparabili a zone bianche entro cui ricade, in parte, il lotto interessato dalla costruzione”, cioè per il Lungomare, la Via Vazzana e la via Pintorno, che, di fatto, includono per intero il lotto interessato dalla costruzione, e non, piuttosto, per la parte - questa sì - del lotto interessato dalla costruzione, su cui il P.P. del lungomare ha previsto spazi pubblici.

Orbene, sarebbe dovuto essere, proprio, su tale discrasia il primo chiarimento o la precisazione preliminare, che avrebbe dovuto contenere la relazione del Comune in risposta all’Ordinanza del Tar.
Ciò per mettere i Magistrati, che non conoscono “il lotto interessato dalla costruzione”, come, invece, al Comune lo conoscono, nelle condizioni di decidere su ciò, che è, e non su ciò, che, attraverso  “gli atti della causa”, hanno ritenuto e, con tutta probabilità, per la mancanza di tale chiarimento, continueranno a ritenere sia.

Chiarimento, che, però, non si riscontra nella risposta al “punto 1 della richiesta” del Tar, nella quale il Responsabile del settore lavori pubblici ed edilizia privata del Comune di Cefalù esordisce così:

Un esordio, quello dell’ing. Duca, nel quale l’incidentale  -“per scelta dell’ente”- e la conclusione, -“diversamente non sarebbe stato necessario il predetto decreto ma si sarebbe seguita una procedura di approvazione interna all’ente”-, sono emblematiche, in senso assolutamente negativo, della valenza delle “ragioni di ordine giuridico”, che il Comune ha “fatto conoscere” al Tar.

Infatti, se dovesse essere il Comune di Cefalù “l’ente”, cui si riferisce Duca, quell’esordio è totalmente privo di fondamento.
Nell’incidentale e nella conclusione.

Ciò perché, la storia e le vicissitudini politico-amministrative del P.P. del lungomare dimostrano che “l’ente” Comune è stato artefice di una sola “scelta”.
Quella del Prof. Urbani progettista del piano medesimo.

Per il resto, nel marzo del 1985, il Consiglio Comunale del tempo, a conclusione dei dibattiti per controdedurre al voto del CRU, dopo avere ribadito l’illegittimità del decreto di nomina del Commissario ad acta per l’adozione del P.P., altro non ebbe facoltà e possibilità di fare se non eccepire la nullità di tutto l’iter seguito dall’Assessorato e dal CRU e fare propri tutte le considerazioni e tutti i rilievi formulati dall’UTC e da una Commissione speciale di Consiglieri, appositamente nominata dal Consiglio, della quale venni chiamato a fare parte.
Considerazioni e rilievi, che vennero formulati, al fine di indurre l’Assessorato Territorio e Ambiente a non approvare il piano.
Ciò perché, a giudizio del Consiglio, la sua approvazione ad altro non sarebbe servita se non a determinare una condizione di impasse amministrativo nella gestione di quel piano, che, come ebbi a dire in uno dei miei interventi nel corso di quelle sedute, più che strumento di attuazione del PRG, sarebbe finito per essere “strumento di confusione”.
Ahimè! Anche sul P.P. Urbani ci avevo azzeccato.

Delle altre “scelte” sul P.P. gli artefici sono stati altri.
Della sua adozione, come già detto, un Commissario ad acta.
Della sua approvazione, l’Assessorato Regionale del territorio e dell’ambiente.
Cioè, quell’ “ente” cui la Legge Regionale 71/78 (art. 12 comma 7, lettera a) demanda l’approvazione dei “piani particolareggiati che interessino centri storici, artistici e di interesse ambientale” escludendo, perciò, la “possibilità di seguire una procedura di approvazione interna all’ente - Comune -” come asserito dall’ing. Duca.
Ciò a meno che non si ritengano Cefalù e la porzione del suo territorio interessato dal P.P. privi di interesse ambientale.

Il che significa che, contrariamente a quanto sostenuto da Duca, non è, affatto, “incontrovertibile” che il P.P., nel suo complesso, costituisca variante al PRG, per il semplice fatto che sia stato approvato con decreto assessoriale.

Il che significa che non esiste il presupposto fondamentale della determinazione dell’ing. Duca, che ha dato origine al contenzioso, e della relazione, con la quale Egli ha risposto all’ordinanza del Tar.
Il che significa che il “castello” della determinazione di avvio del procedimento di autotutela e della relazione contenente i chiarimenti al Tar è edificio senza fondamenta.
Edificio, perciò, destinato a crollare.

Tutto il resto sono chiacchiere.

Chiacchiere oscure, rispetto alle quali gli scritti filosofici di Ermete Trismegisto, evocati da Angelo Sciortino, risultano chiarissimi.

Chiacchiere impreziosite da ricercatezze linguistiche e da neologismi degni di miglior causa, quali sono, solo per citarne alcuni: “le tavole sostituite/bucate”, “la costruzione di standards”, “la compenetrazione di opere pubbliche con il tessuto edificato”, “la riespansione  dello jus edificandi” …...

Chiacchiere sterili, manco discorsi di lana caprina, irriguardose del travaglio, che, dopo il conferimento dell’incarico al Prof. Urbani e sino al decreto di approvazione del suo piano, vissero “l’ente” Comune e la sua Politica.
Travaglio, che, non appena ne avrò il tempo, affiderò alle pagine di questo blog, con la pubblicazione degli atti ufficiali, che lo hanno consegnato alla storia Politico-amministrativa di Cefalù

Chiacchiere irriguardose del travaglio, che, nel 2005, ha portato al rilascio del permesso di costruire n° 52.

Chiacchiere, che potrebbero avere conseguenze nefaste per il Comune.
Non fosse altro perché, a disconoscere la validità, la valenza e la legittimità di un atto amministrativo, che ha, già, esplicato i suoi effetti, il rischio, per la Pubblica Amministrazione, è grande.
Troppo grande.
EGV CENTER DOCET!

Saro Di Paola, 6 ottobre 2014

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Commenti

Caro Saro, sono preoccupato per te, perché come Giordano Bruno hai decifrato le elucubrazioni del moderno Trismegisto e questo potrebbe farti finire sul rogo. Ma non preoccuparti, perché non sarai solo fra le fiamme. Ti farò compagnia io che condivido tutto e ti sono grato per avermi fatto capire.

Perfettamente d'accordo con l'ing. Di Paola...ci sarebbe da chiedersi: é incompetenza quella che regna in certi uffici del Comune oppure si fanno gli interessi ed i comodi di certi signorotti? Come si spiegano quelle innumerevoli pratiche giudiziarie (TAR ecc.) che giacciono pendenti come una ghigliottina sul comune e quindi sulle nostre teste... abbiamo il coraggio di dire che a Cefalù vi è una "manus longa" che fà quello che vuole, come e quando vuole...per curare i propri interessi....invito i cittadini a guardarsi intorno...osservare...e trarre le dovute conseguenze...