23 Settembre 2014, 07:09 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Il Responsabile del settore lavori pubblici ed edilizia privata del Comune di Cefalù, ing. Ivan Joseph Duca, in data 18 settembre 2012, è addivenuto alla “determinazione di avviare il procedimento di rigetto della domanda di sanatoria e dell’annullamento in autotutela del permesso di costruire n° 52 rilasciato il 30/11/2005 per la costruzione dell’edificio da adibire ad albergo”,
oramai noto come “l’incompiuta del lungomare”, e “della successiva variante autoassentita”.
La “determinazione” dell’ing. Duca è stata dettata, per farla breve, dalla “imperiosa necessità, per la collettività, di perseguire l'assetto urbanistico congegnato nel momento della variante approvata con il piano particolareggiato”.
Un assetto urbanistico, che, secondo l'ing. Duca, è garantito, ancora per farla breve, dal rispetto degli standard urbanistici, cioè, di quei rapporti massimi tra le aree destinate alle residenze e quelle destinate a servizi, che sono stati, e sono, “violati” nel progetto autorizzato, nella successiva variante auto assentita e nel progetto di completamento presentato.
Ciò perché, secondo il Funzionario comunale, nei tre progetti “sono stati erroneamente computati quali superfici su cui calcolare l’indice fondiario volumetrico al fine di determinarne il volume massimo assentibile sul lotto, 510 mq circa di spazi pubblici previsti nel PP approvato in variante al PRG”.
Spazi pubblici, che “per intervenuta inefficacia del vincolo decaduto, sono, ed erano, equiparabili a “zona Bianca” ”, che, “allo stato non hanno destinazione urbanistica” e, sui quali, invece, “ricade parte del piano interrato dell’edificio” realizzato.
Invero, nel caso del PP Urbani, “l'assetto urbanistico congegnato nel momento della variante approvata con il piano particolareggiato” è ben altro rispetto a quello garantito dagli standard urbanistici o, più propriamente, rispetto a quello, che gli standard urbanistici dovrebbero garantire in fase di elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale come il PP.
Un PP, che, per la ZONA F3 nella quale ricade l’albergo, giusto quanto è scritto nel relativo paragrafo a pagina 7 del suo Decreto di approvazione, non è, affatto, in variante alle previsioni del PRG.
L’assetto urbanistico è o, meglio, sarebbe dovuto essere, quello che il Prof. Urbani ha disegnato nel suo piano.
In particolare, nella fascia a ridosso del lungomare, in cui ricade l’albergo in questione.
Fascia nella quale il Prof. Urbani ha spinto la pianificazione particolareggiata sino alla progettazione urbana con l’indicazione, precisa, delle sagome plano altimetriche degli edifici per residenze (R), per alberghi (A, Ra) e per servizi pubblici (Sa, S, Sp)
Oltre che, con l’ubicazione planimetrica delle strade, pedonali e carrabili, delle aree destinate alla pubblica fruizione, di quelle a parcheggio per autobus (Pbus) e per autoveicoli (PMa, PMas, Pp), di quelle a verde pubblico (Vp, Vup), di quelle a verde privato (Vr), nonché di quelle per attrezzature sportive (N) e parco.
Un assetto urbano, con il quale il Prof. Urbani, dall’urbanistica tradizionale dei numeri (standard, limiti di altezza, di superficie coperta, di cubatura, distanze minime, ….) è passato all’urbanistica del progetto urbano, arrivando, addirittura, a disegnare il fronte a mare della Città nuova, che estende, sin quasi a Santa Lucia, la cortina a mare del centro antico.
Emblematica al riguardo è la tavola 3 del PP, da cui è tratto lo stralcio della zona nella quale ricade l’albergo de quo.
Peccato che l’assetto urbano di quella porzione di territorio disegnato nel PP era, ed è, irrealizzabile.
Tanto irrealizzabile da essere rimasto, dopo un trentennio, pura utopia.
Tanto irrealizzabile da indurre il Consiglio comunale del quinquennio 78-83 a non adottare quel piano che, inopinatamente, è proprio il caso di dirlo, venne, invece, adottato da un commissario ad acta.
Fui io, che, in quegli anni, dopo essere stato assessore all’urbanistica, ero consigliere componente la Commissione Edilizia, a fare rilevare le criticità, che avrebbero reso irrealizzabile quell’assetto.
Ho evidenziato le più eclatanti delle criticità rilevate in quello stesso stralcio della tavola 3:
- cerchiate in rosso due grandi costruzioni sulla sabbia;
- cerchiati in magenta due edifici esistenti sulla via Roma ai quali il prof. Urbani aveva messo le ruote per arretrarli rispetto alla sede carrabile;
- cerchiata in verde la porzione di verde privato nella quale venne allocato il nuovo edificio postale;
- delimitato in blu ed indicato con quattro frecce dello stesso colore un edificio (S) per “servizi a carattere urbano” e (Ra) per residenze alberghiere, la cui realizzazione avrebbe reso necessaria la demolizione di due edifici esistenti, con non meno di 15 unità immobiliari.
Un assetto irrealizzabile, anche, per le carenze di una legislazione urbanistica, incardinata alla legge fondamentale del 1942, che definire assolutamente superata ed obsoleta è puro eufemismo.
Una legislazione che privilegia lo jus proprietatis rispetto allo jus communitatis.
La particella catastale rispetto al comparto.
Ciò nella misura, in cui quella stessa legislazione disconosce la perequazione come strumento attuativo indispensabile per mettere d’accordo i proprietari di terreni ricadenti in uno stesso comparto e la concertazione come strumento fondamentale per conciliare lo jus proprietatis con lo jus communitatis.
L’una e l’altra per far sì che le previsioni degli strumenti urbanistici si traducano in realtà territoriali, che non siano agglomerati di edifici ma, porzioni di Città.
Detto ciò,
se è vero, come è vero, che il PP Urbani, anche, nella zona F3 del PRG, con il disegno, puntuale, di servizi e di opere di urbanizzazione secondaria, era andato ben oltre la mera precisazione dei relativi standard, che, in troppi strumenti urbanistici, non solo di Cefalù, sono risultati, soltanto, numeri sterili, assolutamente inefficaci per una valida strutturazione ed organizzazione dell'urbanizzazione secondaria;
se è vero, come è vero, che nella zona F3 il PP medesimo non è stato approvato in variante al PRG;
se è vero, come è vero, che, dopo che, grazie ai PRUSST, è stato realizzato l’ASTRO SUITE HOTEL,
il terreno, sul quale ricade l’edificio de quo altro non è se non un lotto intercluso, che fa “comparto” a sé e che nessun altro tributo alle urbanizzazioni secondarie può pagare se non quello, previsto dal PP, di destinare ad uso pubblico 510 mq della sua superficie;
se è vero, come è vero, che tale destinazione non è, affatto, pregiudicata dalla sottostante costruzione di parte del piano interrato dell’edificio;
l’avvio del procedimento di rigetto di cui alla “determina” del Responsabile del servizio, ove non sia, addirittura, in contrasto con l’articolo 21 nonies della Legge 241/90 al quale è stato ispirato, appare assolutamente infondato e, perciò, assolutamente rischioso per l’Ente ed autolesionistico per il Responsabile medesimo.
Ciò perché, qualora dovessero sussistere “le ragioni di interesse pubblico” che lo hanno ispirato e qualora, per quelle stesse ragioni, il Responsabile del servizio dovesse essere certo e convinto, come pare sia, della illegittimità del permesso di costruire già rilasciato e della successiva variante auto assentita, la via da intraprendere, dopo oltre due anni dall’avvio di quel procedimento, non può che essere una sola: l’ordinanza di demolizione dell’immobile.
Qualora, invece, il Responsabile dovesse avere un solo dubbio sulla sussistenza delle ragioni per le quali ha avviato il procedimento di rigetto,
se è giusto, come è giusto, che, nel dubbio, “meglio un colpevole fuori che un innocente dentro”, la via obbligata è un’altra, addirittura, opposta alla prima: il rilascio del permesso di costruire per il completamento del fabbricato.
Al riguardo l’ordinanza,con la quale il TAR, lo scorso 21 agosto, ha intimato al Comune di Cefalù di produrre, entro trenta giorni, “una relazione contenente documentati chiarimenti” non è un salvagente.
Quell’ordinanza è una scialuppa di salvataggio, la più sicura, sulla quale l’Ente Comune deve avere l’intelligenza di salire.
Per non affogare nel “mare” di quella “determinazione”, che le disquisizioni tecniche e giuridiche e le citazioni di sentenze di TAR di più Regioni, hanno intorbidito a tal punto da non fare distinguere nel nero del suo fondale, le “zone bianche” del PP del lungomare di Cefalù.
Ai Magistrati del TAR per la Sicilia.
Addirittura.
Saro Di Paola, 22 settembre 2014
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Commenti
Angelo Sciortino -
Contro i diritti quesiti...
...in nome di fantasiose interpretazioni di un burocrate qualunque, ancorché tecnico. Le tue osservazioni, caro Saro, sono inoppugnabili e chiare, ma forse le orecchie raggiunte soffrono di sordità. Vediamo cosa risponderà il burocrate, quando risponderà ai consiglieri, che ne hanno chiesto l'audizione. Oppure, aspettiamo di conoscere le sue illuminate risposte ai giudici del TAR.
Salvatore Curcio -
L'opera è regolare
Caro Saro, nella qualità di co-progettista dell’opera ti ringrazio per la limpidezza del tuo intervento.
Vorrei solo chiarire alcuni aspetti che mi riguardano personalmente e, in particolare, condividere con te alcuni passaggi che hanno portato all’approvazione del progetto della presente opera incompiuta.
Durante il periodo di elaborazione progettuale, il disegno preliminare è stato sottoposto all’attenzione del responsabile dell’ufficio tecnico edilizia privata del Comune di Cefalù, il compianto arch. Mario Scavuzzo, le cui qualità professionali ed etiche non sono mai state messe in discussione da nessuno. Per tale ragione la sala conferenze del nostro ordine degli architetti di Palermo, nel 2008, è stata intitolata a Mario Scavuzzo.
Detto ciò, per dovere di cronaca, gli incontri con l’arch. Scavuzzo sono stati molteplici, dal momento che lui stesso, vista la problematicità dell’area, ha chiesto consulenze informali ad alcuni dirigenti dell’Assessorato del Territorio ed Ambiente della Regione Sicilia. Sì, l’arch. Mario Scavuzzo, nonostante la sua pluriennale esperienza professionale, ha avuto l’umiltà di confrontarsi con i colleghi dell’assessorato, per non sbagliare strada, per interpretare bene le norme, per non lasciare niente al caso. Il progetto è stato elaborato seguendo la legge, nessuno di noi ha mai messo in secondo piano gli interessi della comunità. Poi, per una questione di cambio di responsabile dell’ufficio tecnico, la concessione edilizia è stata firmata dall’Arch. Giovanni La Barbera.
Ho voluto sottolineare questi passaggi, poiché in questi ultimi anni, si è insinuata nell’aria un’idea malsana di irregolarità dell’opera, che ha messo in dubbio anche la serietà e l’onorabilità dei progettisti, e che ha prodotto anche delle ripercussioni negative nella mia attività professionale.
Mi auguro sempre che questa opera possa essere completata al più presto, per ridare dignità alla città di Cefalù e a tutti coloro che, in questa vicenda, hanno subito ingenti danni.
Salvatore Curcio