Un Maestro

Ritratto di Giuseppe Maggiore

20 Aprile 2014, 21:52 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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“UN  MAESTRO”
(…longum iter est per praecepta, breve et efficax per exempla… –  Seneca.  “ Lunga è la strada dei precetti; breve ed efficace quella degli esempi!”)

di  Giuseppe Maggiore

 

“Per stima, deferenza, affetto e anche intellettuale riconoscenza da parte di un alunno, opportunamente rimaneggiata con qualche acconcia variazione riprendo in mano una memoria da me scritta e pubblicata su “Il Corriere delle Madonie” 13 anni fa in occasione della morte del Prof. Steno Vazzana, insegnante di lettere al Liceo-Ginnasio Mandralisca di Cefalù, personaggio universalmente conosciuto ed apprezzato negli ambienti letterari, nonché critico d’arte, scrittore, poeta, commediografo e, non ultimo, preclaro dantista”.

 

Il suo era un originale modo di interrogare, a scuola: unico nel suo genere. Aveva intestato ogni pagina di un quaderno col nome di ogni allievo di ciascuna classe e in cattedra poneva il quaderno in posizione verticale, col dorso a taglio sul piano della scrivania e poi lo lasciava improvvisamente libero. Il quaderno, cadendo sul tavolo, si apriva a caso e l’alunno, intestatario di quella pagina, veniva interrogato. Il che determinava che gli allievi non potessero prendersela comoda e non studiare più per qualche tempo dopo aver subìto già una interrogazione, perché la casualità del sistema di apertura del quaderno traditore poteva far sì che l’indomani stesso si venisse nuovamente interrogati. In più, per scoraggiare le impreparazioni, pretendeva che qualora un allievo si presentasse impreparato alle lezioni doveva dichiararlo subito, all’inizio della lezione stessa; non solo, ma, in tal caso, doveva anche presentare una giustificazione scritta da parte dei genitori o di chi ne facesse le veci, affinché la famiglia ne fosse consapevole. E che faceva, allora, Egli, della lettera? Astutamente la poneva dentro il famigerato quaderno in corrispondenza della pagina intestata all’alunno impreparato; cosicché, quando il quaderno veniva lasciato libero sul piano del tavolo, per forza di gravità inevitabilmente si apriva alla pagina dove c’era il rigonfiamento prodotto dalla lettera di giustificazione e così, continuativamente ogni giorno, l’alunno in questione veniva ripetutamente interrogato. Questo sistema rappresentava un ottimo deterrente all’impreparazione.

 

Il prof. Steno Vazzana mentre riceve il "Premio Mandralisca" da M. Peri , 30/10/1994

 

Il Prof. Vazzana è stato mio insegnante di italiano al Mandralisca di Cefalù al 1° e 2° liceo nel biennio 1954 / 1955. Serio, disponibile, benevolo sino al giusto, acuto osservatore e deciso nel propugnare le proprie convinzioni sia nel campo letterario che in quello esistenziale, ma soprattutto, per la sua solida cultura e la sua innata gentilezza e signorilità, aveva il sommo pregio di considerare l’interlocutore al proprio livello, parlandogli semplicemente da pari a pari e, comunque, non preponderava mai nel dialogo: con la logica del suo stringato ragionamento riusciva a persuadere l’interlocutore senza mai prevaricarlo.

Un signore delle lettere, insomma, che dibatteva e spiegava con energia appassionata le proprie prese di posizione culturali. Aveva anche un suo modo particolare di insegnare, un suo personalissimo stile, un suo criterio di comportamento; come ognuno, d'altronde, ha il suo. E il suo atteggiamento di docente lasciava una traccia profonda. Era un critico, non un narratore; come egli stesso ebbe a definirsi nella lunga intervista inserita nello specialUna città, un uomo”, film da me realizzato nel ’94 per conto della Fondazione Culturale Mandralisca.

Ad una specifica domanda portaGli dalla giornalista Maria Laura Crescimanno sul perché avesse scelta la strada della critica anziché quella della narrativa, rispose con estrema lealtà intellettuale che non era “scattata” in Lui la molla della narrativa, ma soltanto quella della critica. Tutto qui. Questa sua estrema serenità di giudizio, supportata da un’ampia intima oggettiva considerazione del reale, veniva in Lui favorita dall’abbinamento della sua “paesanità cefaludese” con il rutilante acquario dell’ “urbanesimo romano”.

 

Incontro con V. Consolo , Cinema  Di Fancesca 29 /11/1993

 

Ricordiamoci, infatti, i suoi due periodi di vissuto professionale: quello cefaludese (città, Cefalù, ov’Egli nacque, studiò ed insegnò, periodo che va dal 1923 al 1958) e quello romano (si trasferì a Roma, appunto nel 1958),  dove praticamente visse sino al giorno della sua prematura scomparsa. L’incontro sociale col magma culturale di una molteplice umanità cittadina, l’impatto con un diverso modo di concepire la realtà e con diverse, se non opposte, abitudini di comportamento, affinò indiscutibilmente le sue nobili qualità intellettuali aprendole a maggiori prospettive e stabilizzando il suo slancio nei riguardi della poesia, verso la quale il Nostro era intimamente portato e alla quale Egli già attendeva.

Il Prof. Steno Vazzana era un fine poeta. Le sue raccolte, edite ed inedite, alcuna delle quali ho avuto il piacere di apprezzare, dànno nell’immediatezza la percezione della sua anima sensibile.

Egli stesso, sempre nel filmato di cui sopra, stigmatizza la matrice da cui prende le mosse questa sua vena lirica; e dice testualmente che “…il sentimento della bellezza percepito nella natura è l’anima della poesia….così come pure lo stesso sentimento della bellezza percepito nel sentire e nell’azione dell’uomo è pure l’anima della poesia….”

Perspicace intuizione espressiva che caratterizza l’indole, la cultura e la coscienza di un uomo. Ma soprattutto critico fu Vazzana, come si accennava prima e come Egli stesso amava definirsi. Pare che questa sua attitudine letteraria, questa sua particolare tendenza Egli l’abbia recepita proprio durante le impartite lezioni sulla Divina Commedia; e non è, certo, un caso che il suo primo grosso lavoro in tal senso sia stato proprio “Il contrapasso nella Divina Commedia”.

La sua triplice personalità di “Uomo-Docente-Scrittore”, in fondo rispecchia una sola natura, quella dell’Artista alla ricerca del bello e della purezza del linguaggio; due aspetti dell’animo suo, complementari ed univoci. Nel Marzo del 2001, poco prima che venisse a mancare, ho ricevuto un plico dal Prof. Steno, con una delle sue fatiche letterarie,  se non l’ultima: una copia della rassegna bibliografica dantesca “L’Alighieri”, con una rivisitazione del Medesimo sul canto XIV dell’ “Inferno”. Critica stringata, analitica e appassionata, la sua, esposta in maniera capillare, nella quale gli aspetti tematici e letterari del “canto” emergono con evidenza e vengono dipanati e porti al lettore con uno stile diretto, semplice e per ciò coinvolgente.

 

Sulla Cattedrale di Cefalù , 17 /08 / 1978

 

Il testo inviatomi senza alcun preavviso o richiesta da parte mia, la dedica apposta sul medesimo “..al caro e non dimenticato alunno, G. Maggiore…” hanno in certo modo ingenerato una sincera commozione: quella che insorge per gratitudine verso una persona che si stima, quando ci si vede immeritatamente innalzati alla sua considerazione. Per me quel gesto, quell’inviarmi per posta quel testo (prima mi aveva gratificato dei suoi scritti soltanto in occasione d’incontri nella varie sue sortite a Cefalù, soprattutto nei periodi estivi quando veniva in villeggiatura) e quella dedica, ripeto, mi hanno commosso, fomentandomi nell’animo una qual malinconia, quasi volessero rappresentare un saluto particolare, presagendo un addio.

Non so perché, ma è la seconda volta che mi capita. Ho avuto questa stessa sensazione quando, circa quarant’anni fa, Thomas Valentin, l’amico e famoso scrittore tedesco che in tante estati ha soggiornato a Cefalù nella casa dell’Avv. Salvatore Martino alla Gallizza con la compagna Jutta, di bel nuovo ebbe ad inviarmi una sua foto scattata su un set cinematografico e un saluto; e dopo qualche mese venni a sapere che non era più. L’analogia di questi due gesti, di questi due accadimenti, mi ha indotto a riflettere sul vero valore dell’amicizia e della premonizione. Per me e, credo, anche per quanti hanno avuto la fortuna intellettuale di essere stati alunni del Prof. Steno Vazzana, Egli rimane un punto di riferimento indelebile, una personalità integerrima ed estremamente preparata; un “Maestro di vita”, a buon diritto è stato da qualcuno giustamente definito.

Uno dei professori di una volta, insomma, quando i metodi di insegnamento erano, si, molto “borbonici”, ma, sicuramente, a mio parere, molto più efficaci.

 

Cefalù, Aprile 2014                                                                                                                                                 Giuseppe Maggiore

Commenti

Io non ne sono stato alunno in senso stretto, ma con Lui commissario ho sostenuto i miei esami di maturità. Egli insegnava già a Roma e a me, che vivevo a Palermo, fu data una sola occasione d'incontrarlo ancora a Cefalù. Avevo letto il suo splendido Cefalù fuori le mura, che me lo fece stimare ancora di più per lo studio della nostra storia, ma soprattutto per l'affetto dimostrato per Cefalù.

Ecco, dici bene caro Pippo, fu un maestro, che insegnò non soltanto la storia di Cefalù, ma anche l'amore per Cefalù. Quell'amore ormai soltanto nel cuore di pochi eletti, che guardano più al valore piuttosto che al prezzo.

Anche io non ho avuto il BENE di avere il Prof. Steno Vazzana come insegnante al "Mandralisca".
Però del Suo "Il contrapasso nella Divina Commedia" non v'era occasione dantesca, nella quale il Prof. Gianbattista Palamara non ci parlava.

Steno Vazzana e Gianbattista Palamara : Uomini ed Insegnanti d'altri tempi!

Dal volume di poesie inedite “De senectute”
 
Vi son quelli che chiudon soddisfatti, 
 
come attori bravissimi cui batti
 
le mani, mentre inchinano, "E' finita,
 
dicendo, la commedia della vita,
 
di equivoci, di scambi, di infinite 
 
combinazioni e astuzie. Su, applaudite
 
chi interpretò con spirito e bravura 
 
ridendo questa fragile avventura".
 
I più son quelli come me, cui l'arte 
 
non bastò a nulla, ebbero una parte
 
minima senza plausi né corone,
 
recitaron l'orgoglio o l'illusione
 
d'essere vivi e uscirono di scena 
 
piangendo, gladiatori di un'arena
 
deserta, ove si recita un dolore 
 
reale e realmente s'urla e muore.
 
Steno Vazzana  31-5-1996