Edificio in Via Mons. Misuraca

Ritratto di Salvatore Culotta

30 Maggio 2013, 16:28 - Salvatore Culotta   [suoi interventi e commenti]

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Giorni fa, il 14 o il 15 di questo mese, ho inviato al Comune una documentazione al riguardo di alcuni lavori che si stavano iniziando nel piccolo edificio in Via Mons. Misuraca, purtroppo - e me ne rammarico - inviata  in maniera informale; comunicazione in cui auspicavo che nel restauro che si stava operando si seguissero i criteri che dovrebbero informare qualsiasi lavoro di restauro.

Prima dell'inizio dei lavori

Restauro di un edificio che, anche se non di eccelsa fattura e rinomanza, tuttavia meritava ben altro tipo di intervento. Mi chiedevo allora, e me lo chiedo ancora, se i lavori sono stati eseguiti in esecuzione di un regolare progetto di restauro: domanda, credo, più che legittima dato che nel cantiere non era presente alcun cartello (se non sbaglio obbligatorio per legge), né, d’altro canto, so se l’edificio sia di proprietà comunale o privata. La precedente comunicazione iniziava:

“Mi fa piacere che finalmente si dia corso al recupero del piccolo edificio di v. Misuraca. Mi auguro ( anche se l’istinto mi dice di no) che questi lavori siano in esecuzione di un regolare progetto di restauro dato che non si tratta di una baracca qualsiasi, o che perlomeno si sia tenuto conto delle condizioni ante-crollo. Spero che non si arrivi a qualcosa di raffazzonato”

A questo aggiungevo delle notizie precedentemente pubblicate riguardanti l’edificio stesso e che presuntuosamente ritenevo potesse essere utile mettere a disposizione per una corretta conduzione dei lavori (vedi: https://www.qualecefalu.it/node/95)

In  seguito ho consegnato una seconda documentazione più ampia contenente anche le foto fatte durante i lavori .

Oggi 30 maggio 2013, mentre i lavori sembrano conclusi, e constatata l’inutilità  di un mio interessarmi nonché l’assenza di una qualsivoglia risposta, questo è il risultato dei lavori realizzati:

Mi sembra evidente che la dignità acquistata dal manufatto in circa 500 anni di vita sia stata repentinamente cancellata da menti e mani ignare, e mi chiedo ancora se per questo “restauro” i vari enti a ciò preposti abbiano o meno rilasciato un  regolare Nulla Osta.

Non trovo nessuna giustificazione al modo in cui sono stati condotti i lavori, non c’era alcuna urgenza perché, ovviamente, una volta avvenuto il crollo non esisteva più pericolo. L’arbitrarietà dell’intervento sembra palese così come la superficialità e l’incompetenza. Una cosa è aggiustare un muretto in campagna altra cosa restaurare un edificio presumibilmente, come già detto, del 1500. Non credo sia esagerato chiedere di sapere quali criteri , quale metodologia di restauro sia stata seguita. Un ultimo appunto : ritengo sarebbe stato corretto, anzi educato, dare una qualsivoglia risposta, pubblica o privata, a chi si è preoccupato di segnalare per tempo una situazione critica, né mancherò di segnalare la stessa qui, semmai dovesse arrivare.

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Articolo correlato: Una urgenza (tra tante) - Salvatore Culotta - 22 giugno 2012 (https://www.qualecefalu.it/node/95)

Commenti

Probabilmente hanno sbagliato ad interpretare le teorie ottocentesche di John Ruskin il quale scriveva: il restauro architettonico è «la più totale distruzione che un edificio possa subire: una distruzione alla fine della quale non resta neppure un resto autentico da raccogliere»

(J. Ruskin, The Seven Lamps of Architecture, 1880 - trad. italiana, Le sette lampade dell'architettura, Jaca Book, Milano, 1982, pp. 226-227).

In realtà Ruskin sosteneva la necessità di conservare l’architettura esistente, ammettendo quegli interventi di manutenzione, come la sostituzione di una singola pietra, ma anche di puntellazione, utili a prolungare il più possibile la vita dell’architettura antica, alla quale, però, riconosceva anche il diritto di morire, quando fosse giunto il momento.

Capisci bene che verrai accusato di non essere contento mai. Ma cosa pretendevi in tempi in cui la logica prevalente è quella dell'apparire; al turista che passa da lì cosa vuoi che gliene importa se il restauro è stato fatto con i dovuti criteri e procedure: quello che conta è l'effetto finale, o nò?
L'altro giorno, alla presentazione della preziosa fatica del dott. Ilardo, all'Ottagono di S.ta Caterina, l'ottimo - peraltro - prof. Musco -, in un enfasi economicista (pro-turismo), ebbe a lanciarsi in questa che ho inteso come una  stimolante "provocazione": "... se noi cominciassimo a dire che sulla Rocca di Cefalù c'è un santuario megalitico ascrivibile probabilmente all'età di Minosse ed affini, vero o non vero che sia intanto da un punto di vista scientifico, ma diciamolo all'inglese <ma, a nuatri chi ninni futti si è bieru o un ghiè bieru?>". Lo scrosciante applauso che ha seguito queste sue parole mi ha gelato il sangue.
Mi ha ricordato qualcosa che - con la stessa logica - avevo visto propagandare in una piccola guida edita, negli anni '80, dalla AAST, a mano di uno "storico" locale: il passaggio del Santo Graal da Cefalù!
Il caro e compianto prof. Domenico Portera, cui chiesi conferma della notizia, semplicemente mi rispose: "Cinema""

Tre domande finali:

1- le quattro pietre dell'anta di destra della finestra (alla sinistra di chi guarda) e lo spezzone (ora mancante) alla base della stessa erano di lumachella? E, in ogni caso dove credi siano finite?
2- così come sono state poste potrebbero svolgere - da sole, cioè "a finestra vuota" - la funzione di sostegno dell'architrave?
3 - perchè la finestra è stata riempita? Questa soluzione fu praticata in un primo momento ai primi cenni di cedimento, "restaurare" anche questo tamponamento francamento mi è sembrato eccessivo.

le due foto: prima e dopo

        

L'unica cosa che posso dirti, ma è già evidente dalla foto, è che l'architrave non può essere retto dalle quattro pietre, è stato posato su quello che tu chiami riempimento ma tale non è stato per chi lo ha realizzato. Non so dirti se erano di lumachella, pietra - come ben sai- molto ambita e di facile evaporazione. Qualsiasi altra domanda avrebbe potuto avere risposta da uno studio e da saggi e analisi propedeutiche al progetto di restauro e recupero dell'intero complesso edificio-grotta, e, come hai potuto verificare, c'è stato un anno o forse più che avrebbe potuto essere impiegato per questi studi, nonchè, e questo è forse l'aspetto più grave, si sarebbe potuto evitare l'ulteriore crollo, senza alcuna spesa, tagliando l'albero cresciuto dentro e, probabilmente, con semplici interventi di puntellatura, adatti a preservare l'edificio nell'attesa di più seri e responsabili interventi. La sciatteria, da sempre serpeggiante a Cefalù, raggiunge sempre più alti livelli, e quell'applauso di cui parli fa veramente male.

Questo un passaggio del breve discorso con cui il Sindaco, Lapunzina, ha salutato la presentazione, oggi 31 maggio, dello spot pubblicitario su Cefalù (Cefalù ti amo - l'ultima Diva), di Francesco Liberto, al cinema Di Francesca.

"Hanno ragione in tanti quando dicono che certe volte toccare quelle vie del centro storico, quei vicoli e mettere mano a quelle pietre che hanno fatto parte della storia della nostra città è veramente un delitto, rispetto poi a come vengono riparate le buche, vengono sistemati i tubi.
 Cefalù è stata più volte violentata da questo punto di vista e dobbiamo recuperare cercando di curarla al massimo, evitando interventi che siano distruttivi rispetto ad una bellezza che è una bellezza che ci invidia tutto il mondo."

Non per fare sfoggio di una grande cultura, che tutto sommato non ho (brandelli raccolti qua e là), ma per aggiungere qualcosa alla tua osservazione  sul distacco tra parole e realtà si potrebbe citare la distinzione che il filosofo Merleau-Ponty fa tra parole “parlate” e parole “parlanti”: le parole “parlate” “sono le parole non pensate, ripetute meccanicamente, e quindi non credibili, non affidabili. Specie di gargarismi linguistici. Parole vocianti. Parole per impressionare. Parole compiaciute di sé.” E forse questa distinzione andrebbe applicata anche alle immagini.

è un compito molto antipatico, ma necessario.

Oggi diventa, anche un atto di vera e propria resistenza contro l'affermazione dell'incultura più becera che, nella pretesa di affermarsi come "Cultura" diventa intollerabile arroganza e premessa di un futuro privo di memoria, di radici, di identità.

Alle dolorose note dell'intervento di Salvatore Culotta e ai commenti di D'Anna e Lo Presti vorrei aggiungere alcune considerazioni spicciole sull'attuale clima culturale (si fa per dire) di Cefalù.

Come tutti sanno sabato prossimo si svolgerà un evento che si potrebbe dire "di riappropriazione culturale di uno spazio alle falle pendici della Rocca che ospitava, una volta, una cava e una calcara e che si configura come una cavea teatrale naturale.

La bella notizia è che lo spazio, a seguito dell'impegno e dell'impulso di cittadini cefaludesi, primo tra tutti Enzo Terrasi, e grazie all'opera di volontariato dei forestali è stato ripulito e risistemato, dopo decenni di incuria e degrado che l'avevano trasformato in una discarica a cielo aperto.

La cattiva notizia è che, sull'evento, ci ha messo le mani l'amministrazione comunale!

Quindi, nella bellissima locandina il teatro naturale è diventato "anfiteatro all'aperto", compare un'Associazione comitato permanente Cefalù eventi" (ma cefalù non avava una Pro-loco, anzi due?!), spicca la presenza di Tom Jobim e la Storia della Bossa Nova (... esticazzi!) e, soprattutto, troneggia al centro un bel cappello da chef con il marchio Amadori!!!!!

Dico io: lo sponsor va bene, ma proprio tutto 'sto risalto bisognava dargli?

Tutto questo senza considerare che, oggi, qualsiasi scemenza che viene pubblicata su un blog o su un social network fa il giro del mondo in pochi secondi. Quindi non stupiamoci se, sabato sera, possa spuntare alle falde della rocca una comitiva di russi, di canadesi, di cinesi che vorranno ammirare l'"anfiteatro all'aperto", cioè qualcosa di simile al Colosseo, all'Arena di Verona, ecc, e che troveranno, invece, di una vecchia cava che, nel gioco tra natura e opera dell'uomo ha assunto la forma di un teatro (invito i portentosi comunicari istituzionali a documentarsi, per esempio su Wikipedia, sulla differenza tra "teatro" e "anfiteatro").

Speriamo che il ritmo della bosssa nova (che, ci scommetterei, sarà sparato a trentamila watt) possa far superare la delusione ai nostri amici turisti!

E' vero, però, che tutti gli animatori dei villaggi turistici chiamano "anfiteatro" il luogo dove si svolgono i loro intrattenimenti a ritmo di "YMCA" e "Mueve la Corita".

Ecco, quindi, spiegato l'arcano! Ecco il modello culturale cui si sono ispirati i portentosi comunicatori istituzionali: quello degli animatori di villaggio turistico! Così come gli ignoti restauratori dell'edificio di cui sopra si saranno certamente ispirati al mitico "Mastru Piddu Manazza" nel condurre la loro pregevole opera.

Con buona pace dell'Architetto Salvatore Culotta che nel 2011 sollevò il problema del degrado del sito di San Calogero sulle pagine dell'Altra Cefalù (http://www.laltracefalu.it/node/4934), di pochi altri saputelli che intervennero in quella ed altre occasioni e con buona pace (eterna) anche dei vicini più prossimi del teatro, che potranno rivoltarsi nella tomba a ritmo di bossa nova! Come saranno contenti!!!!!

Caro Totò, Caro Saro, Caro Pino, Caro Angelo, se questa è la riqualificazione, meglio la munnizza che c'era prima.

Sì, meglio la munnizza di quest'infamia!

Che facciamo, ci arrendiamo?

PS: qualora dovesse succedere che qualche animatore, sfiorando l'inimmaginabile, dovesse imbattersi, anche per sbaglio, nella lettura di questo blog, ci tengo a precisare che non ho niente contro di loro, anzi nutro nei loro confronti simpatia e stima per il lavoro spesso faticoso e, ancora più spesso,  sottopagato che svolgono. 

Se poi dovessi scoprire che almeno qualcuno di loro, ogni tanto, legge un libro ....