Candidati senza candore.

Ritratto di Angelo Sciortino

1 Ottobre 2012, 18:37 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Due politici regionali, tra l'altro ricandidati alle prossime elezioni regionali, non hanno trovato niente di diverso da dire, se non quello che da almeno due decenni la classe politica regionale ripete come se ascoltassimo un disco, che ripete sempre la stessa musica. Una musica simile a quella delle discoteche, che sortisce soltanto l'effetto, con le sue onde sonore particolari, di colpire la prostata negli uomini, rendendoli impotenti, e le ovaie nelle donne, rendendole sterili.

Come se l'esperienza non avesse ormai dimostrato ad abundatiam l'inutilità di finanziare una pletora di finti lavoratori, il tanto onorevole Aricò ha dichiarato di voler chiedere lo stato di calamità e, contemporaneamente, il finanziamento degli stipendi dei 30.000 operai forestali. Che dirgli? Davvero non ha capito? Davvero non ha capito che finora i governi regionali hanno sbagliato tutto e che le loro scelte hanno prodotto soltanto spese improduttive e ormai non più sostenibili?

Davvero l'altrettanto onorevole Apprendi chiede la testa di qualcuno? Per esporre il teschio nella sua tenda, come facevano i guerrieri primitivi? Davvero non si rende conto che non serve un capro espiatorio, per coprire le responsabilità vere, che sono di tutta intera la classe politica, egli compreso?

Davvero l'incendio, spento nei boschi, cova ora negli animi dei rappresentanti delle Istituzioni, al punto che la trasmissione di ieri a CRM è sembrata in alcuni tratti un dibattito fra lavandaie, fra la Mussolini e la Santanché?

Il privato, che ha subito danni dall'incendio, può pure sfogarsi come un bimbo arrabbiato, che colpisce con un bastone tutto ciò che gli capita davanti, ma chi rappresenta le Istituzioni non può. Egli ha a disposizione mezzi diversi, che altre Istituzioni gli mettono a disposizione per richiamare e magari punire chi ha sbagliato. Non siamo di fronte a una stupida partita di calcio, il cui arbitro viene giudicato dai tifosi nei programmi televisivi; siamo di fronte a qualcosa di più serio e gli errori dei “giocatori”, che comunque vanno resi pubblici, non vanno discussi come se si fosse contemporaneamente accusatori e giudici, come se si fosse tifosi idolatranti.

Comunque sia, sarebbe ora di smetterla di fare come dice Oscar Wilde in un suo aforisma: “Gli uomini politici non sanno di che cosa parlano, ma ne parlano sempre”. Sarebbe ora che coloro ai quali abbiamo affidato le nostre Istituzioni, le rappresentino con consapevolezza e tornino a essere degni della nostra fiducia. Tornino a meritarsela, lasciando da parte l'improvvisazione, l'agitazione e la tronfia ignoranza (persino dei loro errori) e ridando spazio a un impegno intelligente e studioso.

Altrimenti se ne vadano a casa, a fare quello che i Greci definirono così bene: gli idiotès, quelli, cioè, che s'interessavano soltanto dei loro fatti privati e tralasciavano d'interessarsi di quelli pubblici. Anche se giudicati negativamente dai loro contemporanei, erano migliori dei nostri, che del pubblico s'interessano, ma così male, che finiscono con il diventare quella che Goethe definì una ignoranza attiva.