26 Marzo 2014, 09:02 - Giuseppe Maggiore [suoi interventi e commenti] |
A SYLVIA “caprinum proeliun” – Varrone. (“I sessi si illudono l’uno a proposito dell’altro: ciò fa sì che essi amino in fondo solo se stessi. Così l’uomo vuole la donna mansueta, ma proprio la donna è essenzialmente inquieta, come la gatta, per quanto si sia esercitata a mostrarsi mansueta”- Nietzsche; “La donna impara ad odiare nella misura in cui disimpara ad affascinare” - Nietzsche) di Giuseppe Maggiore. Sylvia, a che lamenti il secolar costume che vuol la donna in casa ad operare, all’ara familiare dedicata? A che t’affanni contro, con disdicevol pugne, inani, che, riottose e umilianti, fan aspra la vita all’uomo e ne fiaccan gli ardori e ne vessan la fibra? A che bramar quel campo, che, da sempre, fu dell’uom retaggio per divino volere? E non t’avvedi, ignara, ch’è la donna che tesse le amorevoli fila che allaccian la famiglia? E non t’avvedi, ignara, che sol tu puoi placar l’irremovibil fato che s’agita nel petto al tuo compagno, quando, stracco e sfiduciato per l’ardua diuturnal fatica, ritrova, a sera, il suo mondo fra le tue calorose braccia, nella dimora che tu gli appresti, lieta e accogliente? Bramata! Desiata! Agognata! Per volere divino, si, ma anche per uman concerto i ruoli son diversi: uomo, donna. Altrettanto importanti, necessari, vitali. Uguali, ma divergenti; simili, ma contrapposti. Entrambi vessati e vessanti; ma armonici, nell’essenza. Organici, nella linfa. Colonne di granito in un mare di sabbia. Sicuro rifugio in un’era smidollata che rifugge dal passato, che pianifica il presente e che inneggia all’avvenire; che affastella tutto e che tutto diverso vuole. Per noia, per pigrizia spirituale, per trasgressione, per impoverimento culturale. In una parola: per incontentabilità. Così tarpa le ali all’armonia la vana irrequietezza; come tarlo insano corrode e smembra, fiacca e disunisce un rapporto che dovrebbe basarsi sulla complicità dei sentimenti. Senza data. Giuseppe Maggiore |
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