9 Febbraio 2014, 10:22 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
“Sono contento che si sia formato un comitato, ma mi chiedo dove erano i componenti dello stesso quando il consigliere Lapunzina presentava interrogazioni ed interpellanze sull'argomento e il sindaco del tempo pianificava il demanio con assoluto arbitrio?"
Questa la domanda che, sulla Sua pagina di facebook, il Sindaco Lapunzina si è posto dopo aver “letto gli interventi sulla vicenda dei lavori sul lungomare” e dopo avere appreso della formazione di un comitato.
Ebbene, in una delle occasioni, che nella stessa pagina di facebook, Egli ha ricordato, io c’ero.
Era il 13 ottobre del 2004.
Quando, per iniziativa Sua e dei Consiglieri Curcio, Crisafi e Cristina, supportata da una petizione con migliaia di firme di cittadini, venne portato all’attenzione del Consiglio comunale il punto “AFFIDAMENTO IN GESTIONE DEI LIDI E PROBLEMATICHE CONSEGUENTI”.
In quella occasione, Lapunzina, in considerazione del fatto che le concessioni demaniali sulla spiaggia del lungomare andavano a scadere il 31 dicembre dello stesso anno, ebbe a chiedere che l’Amministrazione Vicari riformulasse il piano di utilizzo della spiaggia del lungomare per assicurare una equa ripartizione tra spiagge libere e spiagge in concessione, che non “costringesse la maggior parte dei bagnanti ad accalcarsi nei pochi ritagli liberi, posti, “stranamente”, in corrispondenza di ammassi rocciosi o scoli di torrenti.”
In quella occasione, dopo avere illustrato le ragioni per le quali la Giunta La Grua aveva adottato il primo piano di utilizzo della spiaggia del lungomare, io ebbi a dire :
"….se la ragione di fondo per la quale i colleghi Lapunzina, Curcio, Cristina e Crisafi hanno voluto che si dibattesse l’argomento in Consiglio è, come io credo sia, quella di pervenire a determinazioni che partano dall’analisi delle pregresse esperienze, ed aggiungo io, anche dalla analisi di quanto avviene e non avviene in altre località balneari, non è su una potenziale modifica del piano di utilizzo finalizzata a ritagliare altri tratti di spiaggia libera che dobbiamo puntare la nostra attenzione di consiglieri.
Un nuovo piano di utilizzo ispirato dalla logica dell’ampliamento delle spiagge libere, non sarebbe risolutivo dei problemi lamentati dai firmatari, non sarebbe, soprattutto, risolutivo dei problemi della spiaggia del lungomare, potrebbe risultare rimedio peggiore del male, sarebbe, a mio giudizio, un passo indietro per la città.
Significherebbe, infatti, che la città non avrebbe tratto alcun insegnamento dalle esperienze maturate nel trentennio precedente.
Un trentennio durante il quale la esasperazione della logica populistica della spiaggia tutta libera produsse gli effetti che produsse.
A mio giudizio quindi, é proprio sulle spiagge libere e su quelle che vengono definite libere attrezzate che dobbiamo puntare la nostra attenzione di consiglieri.
Puntare la nostra attenzione con il duplice obiettivo di evitare che nelle spiagge libere i pendolari del mare possano continuare a fare, quanto di sconcio, finora, impunemente, vi hanno fatto e vi fanno e di evitare che nelle spiagge libere attrezzate i concessionari non rispettino l’obbligo sancito nelle concessioni di lasciare, nel loro ambito, quei tratti di spiaggia liberi, il cui venir meno ha fomentato le giuste proteste dei bagnanti residenti nella nostra città.
Dobbiamo regolamentarle meglio tali spiagge, ovviamente, per quanto di competenza dell’Ente locale comune e per quanto potrà essere giuridicamente possibile.
Dobbiamo regolamentarle mediante apposita ordinanza da concertare con l’Ufficio circondariale marittimo di Termini Imprese.
Una apposita ordinanza da pubblicizzare in tutti i modi possibili e soprattutto, una ordinanza da fare rispettare, per rispettare e per tutelare l’ambiente.
Per rispettare e per tutelare i bagnanti residenti e quanti altri frequentano le spiagge, soltanto, per la balneazione e non per il bivacco.
Per rispettare e per tutelare, con le regole, i servizi che la città riesce ad offrire e l’ immagine complessiva della città stessa !”
Saro Di Paola, 9 febbraio 2014
Per quanti dovessero avere l’interesse e la pazienza di leggerlo, riporto, di seguito, il testo integrale dell’intervento che, in quella occasione, ebbi a svolgere in aula:
Signor presidente, signori consiglieri,
signori dell’amministrazione,
La problematica di cui il Consiglio è stato chiamato ad occuparsi,cioè,
quella relativa alla fruizione delle spiagge ed alla gestione dei servizi minimi indispensabili per una balneazione, senza grossi rischi dal punto di vista igienico sanitario e dal punto di vista della sicurezza e della incolumità dei bagnanti,nella loro connessione, non sono per Cefalù,come è stato già detto, una problematica nuova.
Sono una problematica con la quale la Città ed il Suoi amministratori, in particolare, per quanto ha riguardato la spiaggia del lungomare,sono stati chiamati ed hanno cominciato a confrontarsi sin dai primi anni settanta.
Antecedentemente a tali anni, la problematica non si poneva.
Infatti, anche durante i mesi di luglio e di agosto, la frequentazione delle spiagge era molto limitata.
I bagnanti,quasi tutti residenti, erano in numero, veramente, sparuto.
Rarissimi erano gli ombrelloni.
Il tutto, soltanto, nel primo tratto della spiaggia del lungomare Giardina.
Quello più vicino alle case della cortina a mare.
Gli altri tratti di spiaggia del lungomare, restavano invece, pressoché, deserti, per non dire delle altre spiagge del litorale che erano considerate, pertinenza quasi esclusiva dei terreni prospicienti.
Al riguardo, cinquantaquattrenne come sono, ho ancora vivo il ricordo di un personale esercizio giornaliero, che, nei mesi estivi, per me era divenuto un vero e proprio cruccio : la enumerazione degli ombrelloni.
Bambino, dal bagnasciuga o affacciato dalla balaustra del lungomare, mi soffermavo a contare, uno ad uno,gli ombrelloni piantati nella sabbia : diciannove, venti, ventuno …… le domeniche anche trenta.
Per la ammirazione che accendevano in me le immagini televisive o le foto sui rotocalchi, che mostravano i litorali di rinomate località come Rimini, Riccione o Cesenatico, con interminabili file di ombrelloni, ordinati e schierati, in altrettanto interminabili spiagge, mi rammaricavo del fatto che nella spiaggia di Cefalù, sin da allora ritenuta secondo polo turistico della Sicilia,gli ombrelloni si potessero contare sulle dita delle mani!
Il raffronto che, da bambino, facevo tra quanto personalmente vedevo nella spiaggia della mia città e quanto vedevo attraverso le immagini di quelle altre località, a quei tempi certamente più rinomate della nostra, mi procurava dispiacere.
Mi faceva sentire come preso in giro dai grandi, dai politici e da quanti parlavano di Cefalù città turistica.
Finivo per convincermi che di turismo i grandi si riempissero, soltanto, la bocca.
Oggi, che tante volte rimpiango la spiaggia di allora, non posso non riconoscere che, da bambino, ero per non dire diversamente, ancora, più fesso di quanto non lo sia, ora, che da grande mi occupo di Politica.
Il problema del servizio di pulizia e quelli della sorveglianza e del salvataggio, prima degli anni settanta, non si erano mai posti e, perciò, prima di quegli anni, a Cefalù, non erano mai stati affrontati.
Di pulizia straordinaria e ordinaria non vi era bisogno alcuno perché le spiagge, restavano incontaminate dai rifiuti : alla fine dell’inverno e durante la stagione estiva sulla sabbia, soltanto, alghe, rami, radici e tronchi d’albero modellati dal mare, tanta pomice e, qualche volta, tanto catrame.
Dei servizi di sorveglianza e di salvataggio neanche a parlarne.
Per la sicurezza nella balneazione i ragazzi e gli adulti cifalutani, anche quelli che eravamo esperti nel nuoto,avevamo una sola difesa che, poi, era, soltanto, una precauzione : ascoltavamo il monito dei più grandi e non mettevamo piede in acqua in quelle che erano chiamate “i iurnati signaliati” cioè,i giorni delle festività religiose che il calendario fa cadere nei mesi estivi, il Corpus Domini, i Santi Pietro e Paolo, il Salvatorello, il Salvatore e l’Assunta.
Poi, nei primi anni settanta, a Cefalù, la problematica connessa alla gestione delle spiagge, con tutte le sue ripercussioni ed i suoi effetti, negativi o positivi che siano stati e che siano, si propose all’attenzione della sua classe dirigente e dei cittadini tutti per il contemporaneo verificarsi di due fatti.
Due fatti, che, per il radicale mutamento che hanno determinato nei costumi, nelle abitudini e nel modo di vivere complessivo dei residenti e degli ospiti della nostra città, hanno innescato la problematica facendole assumere dimensioni che, soltanto un decennio prima, sarebbero state inimmaginabili.
Il completamento e l’apertura dell’ autostrada Palermo-Catania per un verso, la diffusione dei vuoti e della plastica a perdere, per altro verso.
Due fatti che hanno fatto riversare prima, soltanto, sulla spiaggia del lungomare, poi lungo tutto il litorale cefaludese un numero di bagnanti ed una quantità di vuoti di contenitori in plastica, in vetro ed in latta che, di anno in anno,sono cresciuti in misura esponenziale sino a divenire incontrollabili.
Sicché la pubblica amministrazione, giocoforza, ha dovuto cominciare a misurarsi con una problematica che, a metà degli anni settanta,aveva già assunto quelle straordinarie dimensioni che poi, ai nostri giorni,nella loro straordinarietà, sarebbero diventate ordinarie.
Dopo i primi anni in cui, il Comune fece fronte con personale e con mezzi propri al servizio di pulizia delle spiagge e la Polizia di Stato e/o la Capitaneria di porto fecero fronte ai servizi di sorveglianza e di salvataggio, nel mese di giugno del 1981, per la prima volta, nella storia amministrativa di Cefalù,i due servizi vennero affidati alla “Nettuno”.
Una società cooperativa di giovani cefaludesi, che, nel gennaio dello stesso anno era stata costituita, con finalità che, vedi caso, si attagliavano perfettamente a quelle necessità, che luttuosi annegamenti divenuti ricorrenti ad ogni stagione estiva,avevano reso, anche, drammatiche.
In quegli anni, insieme al collega Cristina, ero alla mia prima esperienza di consigliere comunale e, personalmente, quando venne fatto quel primo affidamento, ero, anche, assessore nella giunta presieduta dal compianto Nino Vazzana.
Le Amministrazioni ed i Consigli comunali che si sono succeduti,andarono avanti con gli affidamenti alla Cooperativa Nettuno, sino all’estate del 1991.
Furono anni in cui tutta la spiaggia era libera, ad eccezione del tratto in concessione allo stabilimento balneare, “Lido Cimino”, poi “Lido Miramare”, poi ancora “Lido Crystal” di tristissima memoria, oggi “Lido Poseidon”.
Furono anni in cui nulla si eccepiva sulla qualità dei servizi resi dalla Cooperativa che, anzi, riscuoteva unanimi elogi dai bagnanti e dalle forze politiche.
Addirittura, il 23 dicembre 1981, il Consiglio comunale rassegnò alla Cooperativa, un solenne plauso pubblico nella sua deliberazione n° 409.
La spiaggia pulitissima , la balneazione sicurissima e nessun annegamento.
Soccorsi tempestivi ai bagnanti in difficoltà e salvataggi, anche difficoltosi, che,in quegli anni, portarono agli onori della cronaca, i soci della Cooperativa “Nettuno” che vennero ribattezzati angeli del mare.
Ma furono, anche, anni di polemiche e di diatribe, che, prima striscianti e sommerse tra i rappresentanti dei partiti e tra i partiti rappresentati in consiglio, finirono, poi, per sfociare, in accese frizioni che si estesero in modo sempre più patente all’esterno del Palazzo.
Per chi non avesse vissuto le vicende di quegli anni, sarebbe sufficiente leggere con le giuste lenti i verbali del Consiglio e quelli della giunta sugli affidamenti che negli anni, vennero fatti, alla Nettuno.
Per un verso, a far discutere e ad alimentare i contrasti, almeno sino al 1988, quando si è conclusa la mia prima esperienza di consigliere, volendo tralasciare altri aspetti, erano le modalità dell’affidamento a trattativa privata con una sola ditta.
Modalità sistematicamente, giustificate, come si legge testualmente in tutte le deliberazioni di affidamento, con la “impossibilità di esperire altro tipo di gara per l’incalzare della stagione estiva”, quasi che l’estate, in quegli anni, non cominciasse, come sempre, il 21 di giugno.
Ma non solo!
Ogni anno, ad alimentare contrasti era, anche, il ricorso a due successive proroghe dei servizi, che la Giunta in carica affidava con i poteri del Consiglio.
Proroghe che, ogni anno, sistematicamente sotto ferragosto, venivano giustificate con la motivazione che, altrettanto sistematicamente, si leggeva in tutte le deliberazioni di proroga : “il suicidio per l’economia cefaludese che avrebbe provocato l’abbandono dei servizi mentre si era al culmine dello splendore della stagione turistica”, quasi che l’estate, in quegli anni, non finisse, come sempre, il 21 di settembre.
Allorché ho riletto gli atti, sorridendo ho pensato, che se in quegli anni il collega Lapunzina fosse stato consigliere comunale, quantomeno,sulla asserita “impossibilità di esperire altro tipo di gara” e sul paventato “suicidio per l’economia cefaludese”, da dire ne avrebbe avuto proprio tante.
Per altro verso, a far discutere, era l’onere economico a carico del Comune, che non indifferente sin dal primo anno andò progressivamente crescendo negli anni successivi.
Per far comprendere a coloro che non lo abbiano vissuto, quanto fosse divenuto esasperato in Consiglio il clima sull’affidamento alla Nettuno dei servizi sulla spiaggia del lungomare, è sufficiente leggere il resoconto del dibattito svoltosi nella seduta del C.C. del primo luglio 1986,sulla deliberazione avente per oggetto la “Ratifica della delibera n° 615 con la quale il 10 maggio 1986, la G.M. aveva prorogato in sanatoria il servizio di salvataggio che la cooperativa aveva reso fino al 15 settembre 1985”.
Non mi sono sbagliato a leggere le date, fu proprio così !
Il primo luglio del 1986 il Consiglio comunale, come allora prevedeva l’ordinamento degli enti locali, venne chiamato a ratificare la deliberazione di proroga, dell’affidamento del servizio di salvataggio, per i giorni dal 27 agosto al 15 settembre dell’anno precedente : il 1985.
Deliberazione, tale ultima, che la Giunta aveva adottato in sanatoria ed assumendo i poteri del Consiglio, cioè, quei poteri, cui, poteva e doveva fare ricorso l’Amministrazione allorquando, paventandosi un potenziale danno per la collettività e per l’Ente,l’urgenza di adottare una deliberazione di competenza del Consiglio non rendeva il tempo per sottoporre la stessa deliberazione al Consiglio medesimo.
In occasione della ratifica di tale deliberazione, in Consiglio, i contrasti emersero molto più palesemente di quanto non fosse avvenuto prima ed in particolare nella seduta del 15 giugno dell’anno precedente, quando lo stesso Consiglio, su proposta della Giunta,aveva affidato, alla stessa cooperativa, mediante trattativa privata, il servizio di salvataggio.
A rileggere quegli atti, che fanno tornare alla memoria le vicissitudini ed il travaglio delle scelte di allora, non viene affatto da pensare che, a Cefalù, siano passati venti anni, una repubblica, tanti partiti, tanti sindaci, tanti amministratori, tanti consiglieri, tanti burocrati.
Per le accuse che, venivano rivolte alla giunta, da consiglieri e da semplici cittadini, soprattutto, sul piano della cristallinità e della trasparenza, quelle vicende sembrano vicende di oggi.
Dal resoconto della seduta del primo luglio 1986 leggo :
““Chiesta ed ottenuta la parola il Consigliere Guarcello Vincenzo (P.S.I.) dice testualmente “Da quando esiste questo servizio, ogni anno puntualmente si verifica la proroga. Noi amministratori incapaci, dopo cinque anni di esperienza non riusciamo ancora a prevedere che il servizio deve andare a finire nel mese di settembre”. Continua poi evidenziando come, a suo dire, la procedura in esame non è altro che un espediente per evadere la legge. Tale sistema non può e non deve continuare. La gestione del servizio, a giudizio di Guarcello, deve essere espletata gratuitamente dagli operatori turistici i quali potranno rivalersi delle spese mediante l’affitto delle infrastrutture balneari quali cabine, ombrelloni, sedie a sdraio, tale sistema peraltro vige in tutte le più famose spiagge del mondo ed un suggerimento in tal senso era venuto tempo fa da parte della cooperativa che attualmente gestisce il servizio. Tale sistema consentirebbe di offrire servizi migliori e farebbe risparmiare al Comune dei soldi da investire in modo migliore. Raccomanda, pertanto, all’Amministrazione di prendere in esame la proposta.
A questo punto, -continuo a leggere dal corpo della delibera- sorse acceso diverbio tra l’oratore Guarcello e l’assessore Vincenzo Cesare””.Guarcello ritenne di avere ricevuto minacce per avere toccato determinati interessi e concluse invitando l’Amministrazione a rivedere la propria posizione in ordine alla pulizia ed alla sorveglianza sulle spiagge.
Dopo l’acceso dibattito la deliberazione di proroga venne ratificata come lo erano state quelle degli anni precedenti.
Oggi, la lettura, con le giuste lenti degli atti amministrativi posti in essere per l’affidamento di quei servizi, consente di affermare che, in quegli anni gli amministratori ed i consiglieri in carica, pur di garantire i servizi minimi ed indispensabili, almeno, sulla spiaggia del lungomare e pur di affidarli alla Nettuno, fecero autentiche acrobazie amministrative correndo, anche, il rischio di pagare di tasca propria, con deliberazioni che andavano alla C.P.C., per tornare, di frequente, annullate.
Si può dire, oggi, che si sia trattato di autentica “incapacità amministrativa” come disse allora Vincenzo Guarcello, o di “disattenzione amministrativa” come ebbe a dire, poi, nel 1995, Giovanni Cristina?
Oggi mi sento di poter dire, che si sia trattato, fondamentalmente, di mancanza di volontà politica.
Quella volontà in assenza della quale, trovare valide alternative ad una scelta istituzionalizzata, da inopportuno che era, diventò impossibile.
La verità, secondo il mio modo di vedere, cioè secondo il modo di vedere di uno come me che, in quegli anni, è stato consigliere ed anche assessore, è che amministrare la cosa pubblica, di per sé difficile, sarebbe stato, allora più di ora, esercizio pressoché impossibile, senza quel minimo di capacità di mediazione e senza quel minimo di compromesso, chiaro ed alla luce del sole, che sono indispensabili in tutte quelle occasioni in cui il soddisfacimento di un “impellente” interesse pubblico comporti il soddisfacimento di un interesse di privati cittadini.
La verità è che le battaglie muro contro muro per difendere le proprie posizioni, ancorché legittime, possono anche servire, anzi servono, alla dialettica democratica.
Però, senza un minimo di mediazione e di compromesso, oltre a lacerare il tessuto sociale e politico di una comunità, difficilmente hanno reso, rendono e renderanno servigi alla Politica.
Contrariamente a quanto possa emergere dalle deliberazioni, adottate, quasi sempre, con voto unanime dei presenti anche se, quasi sempre, con molti assenti, la voce del Consigliere Guarcello non era una voce isolata, non soltanto tra i consiglieri comunali, ma, anche e soprattutto, tra i cittadini di Cefalù.
Per quanto efficiente ed encomiabile venisse unanimemente riconosciuto l’operato della Nettuno, l’onere giornaliero sostenuto dal Comune che, alla fine degli anni ottanta, finì per sfiorare e forse anche per superare i tre milioni di vecchie lire, era, infatti, divenuto oggettivamente insostenibile.
Se oggi, una parte dei bagnanti residenti a Cefalù, mal tollera l’attuale assetto della spiaggia e protesta per gli impedimenti ad una fruizione libera della stessa, non si può, certamente, dire che, in quegli anni, tutta l’opinione pubblica cefaludense accettasse di buon grado la soluzione che la classe dirigente aveva istituzionalizzato.
E le ragioni di quel malcontento, che sotto sotto era più diffuso di quanto non apparisse in superficie, non erano affatto peregrine ed erano, fondamentalmente, riconducibili a quella che il Consigliere Guarcello aveva avuto il coraggio politico di denunziare pubblicamente in consiglio.
Cioè che il Comune per soddisfare servizi, che nelle spiagge dei Comuni a spiccata vocazione turistica, venivano resi dagli stabilimenti balneari gestiti da privati, spendeva risorse che, allora, erano veramente ingenti.
Risorse economiche veramente ingenti che il Comune distoglieva da altri servizi, che istituzionalmente il Comune era preposto a rendere e che, in quegli anni, si era venuto a trovare in condizioni di non potere più rendere, per l’ammanco alle casse comunali costituito dalle risorse spese per la pulizia e per il salvataggio sulla spiaggia del lungomare.
In quegli anni divenne difficoltoso trovare i fondi, financo, per riparare le buche delle strade comunali.
Dei circa due miliardi di vecchie lire cui ammontavano i fondi che la Regione attraverso la Legge 1 assegnava al nostro Comune per servizi, il Comune, finì per spenderne sino a trecento milioni ed, anche, oltre.
Una cifra, per quei tempi veramente ingente, spesa, non già a beneficio degli albergatori, che, generalmente, disponevano e dispongono di tratti di litorale in concessione ma, nella buona sostanza, per consentire la balneazione in condizioni di igiene e di sicurezza ai pendolari della balneazione.
Quelli che, per la sigla CL prevalente nelle targhe dei loro autoveicoli, con una espressione colorita venivano da alcuni definiti californiani e da altri anche, lanzichenecchi.
Con una espressione, certamente, ingiuriosa, ma in taluni casi azzeccata per le devastanti conseguenze, che i pendolari della balneazione, provocavano alla igiene ambientale complessiva ed, in particolare, al servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani.
Il Comune di Cefalù metteva a disposizione dei pendolari del mare, spiaggia pulita, servizio di salvataggio, docce e parcheggi,e, di contro, i pendolari lasciavano a Cefalù, oltre a pochi spiccioli per qualche gelato o per qualche bibita, tanti rifiuti, immondezza di ogni genere, sporcizia e, quel che era peggio, feci in acqua ed in ogni angolo del lungomare e delle zone limitrofe.
Un bagnotto pubblico prefabbricato fatto installare, all’uopo, dal sindaco Muffoletto si rivelò, soltanto, un espediente peregrino.
Per quel poco che potesse servire, funzionò soltanto, per pochissimi giorni, poi, per parecchi mesi, fu lasciato a fare pessima mostra di sé, laddove era stato installato, in prossimità dell’incrocio tra la via Vazzana ed il lungomare.
Tutti i residenti, quanti alla spiaggia andavamo e quanti, compresi i miei nonni allora in vita, alla spiaggia non andavano, pagavamo e pagavano i servizi che la città rendeva sulla spiaggia, due volte.
Indirettamente, per le ingenti risorse economiche che il Comune spendeva per renderli in misura prevalente ai non residenti e, direttamente, per quegli altri servizi che, per il venir meno di quelle stesse risorse, il Comune stesso non era più in condizioni di rendere.
Da tale situazione degli anni ottanta, con la spiaggia tutta libera fatta eccezione per il tratto occupato dal lido Crystal e con le spese per la pulizia, la sorveglianza ed il salvataggio tutte a carico del Comune, passando per altre soluzioni, sempre, con spiaggia libera ma, per la loro estemporaneità, poco significative, si è arrivati alla situazione dei primi anni duemila con stabilimenti balneari o lidi su aree in concessione a privati e servizi di pulizia e di salvataggio garantiti dai concessionari, con tratti di spiagge libere in concessione a privati e dagli stessi attrezzate con i servizi garantiti dai concessionari e con tratti di spiaggia libera con servizio di pulizia a carico del Comune e servizio di salvataggio che, dovrebbe essere garantito dal Comune e che di fatto viene garantito dai bagnini, dei lidi e delle spiagge attrezzate,il tutto nel rispetto del piano di utilizzo predisposto durante la sindacatura del prof. Alfredo La Grua e della nota inviata dallo stesso Sindaco alla Capitaneria di Porto il 20/11/1986.
Il tutto, sono parole testuali, al fine, di “promuovere l’incremento turistico e di rendere un servizio efficiente e di qualità alla nostra Città”.
Situazione ed assetto delle spiagge, nei primi anni duemila che hanno fatto registrare il malcontento di quei residenti, bagnanti e non, che hanno firmato quella petizione, a seguito della quale, alcuni colleghi consiglieri hanno chiesto di dibattere in Consiglio il punto di cui ci stiamo occupando.
Un punto da dibattere, certamente legittimo, ma altrettanto certamente, imprevisto e, per certi aspetti, originale rispetto alle tematiche sin’ora affrontate dal Consiglio in carica, non fosse altro perché, riguardo allo stesso punto, almeno sino all’ultima competizione elettorale comunale del 2002, non si era intravista alcuna avvisaglia di confronto e di dibattito.
Infatti, nei manifesti e nei programmi dei candidati a Sindaco e degli schieramenti che li hanno sostenuti, nessun cenno era stato fatto a quei problemi, a quelle disfunzioni ed a quelle carenze della spiaggia del lungomare che sono stati lamentati dai bagnanti residenti che hanno firmato la petizione.
Problemi e carenze che, se vi sono stati nelle estati del 2002, del 2003 ed in quella appena conclusa, sono rimasti, euro a parte, pressoché uguali a quelli che erano nell’estate del 2001.
Nei discorsi di quanti abbiamo comiziato a Piazza Duomo durante quella competizione elettorale, nessun cenno venne fatto all’attuale piano di utilizzo della spiaggia del lungomare.
In particolare, quanti, come me, abbiamo comiziato criticando l’operato ed il programma del sindaco Vicari, non abbiamo esplicitato critica alcuna per il fatto che il sindaco uscente, tra i successi conseguiti durante il Suo primo mandato elencati nel programma per la Sua riconferma, aveva annoverato proprio quella “creazione dei lidi attrezzati per una reale valorizzazione delle spiagge” di cui il Consiglio è stato chiamato ad occuparsi.
Pertanto, non posso non dire di essere rimasto, personalmente, un pò sorpreso dalla richiesta di dibattere l’argomento avanzata dai colleghi.
Una richiesta per la quale non posso, però, non riconoscere, agli stessi colleghi, il merito di avere portato all’attenzione del Consiglio un argomento, che era stato dibattuto l’ultima volta il ventisette aprile 1995, quando venne discussa e votata una proposta di regolamento comunale per la gestione delle spiagge, presentata, proprio, dalla giunta La Grua.
Una richiesta, quella avanzata dai colleghi, certamente legittima e legittimata dalle firme raccolte, che, però, è stata formalizzata anche al fine di modificare, il piano di utilizzo entro il 31 dicembre di quest’anno, quando vanno a scadere le concessioni rilasciate dalla Capitaneria di porto di Palermo.
La richiesta mi ha sorpreso, anche, per quei tanti motivi di compiacimento e di soddisfazione, che, uno come me che, a mare, prende il bagno da aprile a novembre, ha avuto modo di registrare da quando alla spiaggia del lungomare è stato dato l’attuale assetto.
Per quanto mi riguarda, forse per quel retaggio di bambino fessacchiotto di cui vi ho detto all’inizio e che, verosimilmente e forse anche inconsciamente, mi porterò ancora dentro, devo dire che è stato ed è, per me, motivo di soddisfazione e di compiacimento, vedere i filari di ombrelloni e di sdraio, disposti ordinatamente e con tinte uniformi e diverse nei vari tratti.
Belli gli scenari di ogni lido visti dal lungomare e dal mare, bello lo scenario complessivo che si gode dalle barche e dai punti di vista più lontani.
È stato ed é per me, motivo di soddisfazione e di compiacimento, vedere tanti giovani cefaludesi che nei lidi, negli stabilimenti o nelle spiagge attrezzate che siano, hanno trovato un posto di lavoro che, altrimenti non avrebbero avuto e non avrebbero.
È stato ed é per me, motivo di soddisfazione e di compiacimento,vedere i giovani bagnini dei lidi soccorrere i bagnanti in difficoltà dei tratti di spiaggia libera.
È stato ed é per me, motivo di soddisfazione e di compiacimento, vedere gli stessi giovani impegnati nella cura degli stabilimenti e dei bagnanti per offrire strutture accoglienti e servizi efficienti.
Sono state per me, motivo di soddisfazione fisica, nella accezione letterale della espressione, le occasioni in cui, da bagnante, ho potuto fruire dei servizi igienici di una spiaggia attrezzata per soddisfare un impellente bisogno fisico, che prima avrei potuto soddisfare, soltanto, in acqua o sotto i ponti del lungomare.
È stato ed é per me, motivo di soddisfazione e di compiacimento, vedere le rampe di accesso per disabili, quei palmizi, quelle cicas, quei vasi fioriti e quelle sterlizie giganti che adornano gli ingressi ai lidi ed alle zone attrezzate.
Per me, cittadino e consigliere comunale di Cefalù, quanto di positivo riesco a cogliere nella mia Città è, sempre, motivo di compiacimento e di soddisfazione.
Se poi considero, invero banalmente, che per la nuova immagine e per i nuovi servizi che la spiaggia del lungomare offre ai residenti ed agli ospiti della nostra città,certamente migliori di quelli che la Città non sia riuscita ad offrire negli anni ottanta, il Comune, conti alla mano, negli ultimi cinque anni, abbia risparmiato ben oltre un miliardo di vecchie lire, senza che il mare abbia fatto una sola vittima, il compiacimento e la soddisfazione mi si ingigantiscono dentro.
Compiacimento e soddisfazione che, a mio giudizio, dovrebbero essere di tutti e che dovrebbero dare piena legittimità amministrativa e logistica all’assetto della spiaggia del lungomare come si è configurato negli ultimi anni.
Un assetto che, certamente, non è perfetto, un assetto che può e che deve essere migliorato, per eliminare quegli inconvenienti che, soprattutto nei fine settimana e nei giorni d’agosto, mortificano l’immagine della spiaggia e con essa l’immagine della città.
Inconvenienti per i quali, personalmente, invece, mi dispaccio e per dirla eufemisticamente, mi in…….collerisco.
Inconvenienti che non vorrei vedere e che, purtroppo, nelle spiagge libere, continuo a vedere, proprio come vedevo ai tempi dei californiani.
Personalmente mi dispaccio e mi incollerisco per le spiagge libere trasformate in bivacchi, mi dispaccio e mi incollerisco per i tavoli da picnic, per le tende da campo rons, per gli anelletti al forno, per la parmigiana di melanzane e per quanto di altro i pendolari del mare organizzano sulle spiagge libere, per la loro incuria nel lasciare aperti i rubinetti delle docce, per le fontanelle che loro usano come lavapiedi prima di salire in macchina per tornare a casa, per i rifiuti abbandonati sulla sabbia, per i bicchieri, le bottiglie i piatti e le buste in plastica gettati tra gli scogli, sotto le vruche delle scarpate del lungomare ed abbandonati in ogni dove.
Ebbene, e mi avvio a concludere, se la ragione di fondo per la quale i colleghi La Punzina, Curcio, Cristina e Crisafi hanno voluto che si dibattesse l’argomento in Consiglio è, come io credo sia, quella di pervenire a determinazioni che partano dall’analisi delle pregresse esperienze, ed aggiungo io, anche dalla analisi di quanto avviene e non avviene in altre località balneari, non è su una potenziale modifica del piano di utilizzo finalizzata a ritagliare altri tratti di spiaggia libera che dobbiamo puntare la nostra attenzione di consiglieri.
Un nuovo piano di utilizzo ispirato dalla logica dell’ampliamento delle spiagge libere, non sarebbe risolutivo dei problemi lamentati dai firmatari, non sarebbe, soprattutto, risolutivo dei problemi della spiaggia del lungomare, potrebbe risultare rimedio peggiore del male, sarebbe, a mio giudizio, un passo indietro per la città.
Significherebbe, infatti, che la città non avrebbe tratto alcun insegnamento dalle esperienze maturate nel trentennio precedente.
Un trentennio durante il quale la esasperazione della logica populistica della spiaggia tutta libera produsse gli effetti che produsse.
A mio giudizio quindi, é proprio sulle spiagge libere e su quelle che vengono definite libere attrezzate che dobbiamo puntare la nostra attenzione di consiglieri.
Puntare la nostra attenzione con il duplice obiettivo di evitare che nelle spiagge libere i pendolari del mare possano continuare a fare, quanto di sconcio, finora, impunemente, vi hanno fatto e vi fanno e di evitare che nelle spiagge libere attrezzate i concessionari non rispettino l’obbligo sancito nelle concessioni di lasciare, nel loro ambito, quei tratti di spiaggia liberi, il cui venir meno ha fomentato le giuste proteste dei bagnanti residenti nella nostra città.
Dobbiamo regolamentarle meglio tali spiagge, ovviamente, per quanto di competenza dell’Ente locale comune e per quanto potrà essere giuridicamente possibile.
Dobbiamo regolamentarle mediante apposita ordinanza da concertare con l’Ufficio circondariale marittimo di Termini Imprese.
Una apposita ordinanza da pubblicizzare in tutti i modi possibili e soprattutto, una ordinanza da fare rispettare, per rispettare e per tutelare l’ambiente.
Per rispettare e per tutelare i bagnanti residenti e quanti altri frequentano le spiagge, soltanto, per la balneazione e non per il bivacco.
Per rispettare e per tutelare, con le regole, i servizi che la città riesce ad offrire e l’ immagine complessiva della città stessa !
Una ordinanza chiara, ben articolata e ben congegnata da concertare, lo ripeto, con l’Ufficio circondariale marittimo di Termini Imerese, per migliorare, per perfezionare e per adattare alle caratteristiche fisiche ed alla domanda di balneazione e di servizi della spiaggia del lungomare di Cefalù, la ordinanza n° 5/2003, vigente sin dal 30 aprile 2003.
Cioè, quella ordinanza che di fatto, disciplina la spiaggia del lungomare di Cefalù e tutto il litorale tra la foce del torrente Pilieri ad ovest e la foce del Fiume Pollina ad est.
Una ordinanza che disciplina tutto il litorale a prescindere dalle peculiarità di un tratto rispetto ad un altro.
Una ordinanza, perciò stesso, troppo generica, che contiene alcune prescrizioni, che nel litorale dal molo a santa Lucia, sono inapplicabili e che non contiene, altre prescrizioni che, invece, alle caratteristiche ed alle peculiarità dello stesso tratto di litorale dovrebbero essere adattate.
Una ordinanza con prescrizioni troppo generiche perché si possa affermare che si attaglino alle caratteristiche del tratto di litorale urbano dal molo a Santa Lucia, come a quelle del litorale da “Salinelle” a Fiume Torto.
Per rendersene conto è sufficiente leggere i primissimi articoli della ordinanza medesima.
Una ordinanza che, proprio per la assoluta genericità delle prescrizioni in essa contenute, tante diatribe ha alimentato tra utenti, da una parte,e concessionari, dall’altra parte, tanto contenzioso ha innescato tra utenti e concessionari, da una parte e Capitaneria dall’altra parte.
Una ordinanza che per la pratica inapplicabilità di alcune prescrizioni tanto altro contenzioso potrebbe innescare,addirittura, tra la stessa Capitaneria ed il Comune di Cefalù che detiene la titolarità o la concessione delle spiagge libere.
Una ordinanza, quella vigente, da rielaborare perché, per quanto possibile sul piano del diritto, preveda, anche pesanti sanzioni per i trasgressori, utenti e concessionari, e nel contempo, se e per quanto possibile sul piano del diritto, preveda ogni agevolazione che possa consentire ai bagnanti residenti nella nostra città, cioè a quei bagnanti che nella nostra città pagano le tasse, una balneazione meno onerosa dal punto di vista economico, per quanto possa attenere ai servizi che vengono erogati dai gestori delle spiagge libere attrezzate, meno caotica e più confortevole dal punto di vista del relax nei tratti di spiaggia libera.
Una nuova ordinanza, però, che per contenere quanto non può non essere nei legittimi auspici di noi consiglieri comunali e dei nostri concittadini, non potrà essere dettata ed improvvisata direttamente da noi Consiglieri in quest’aula, perché dovrà rientrare in un ambito segnato, per restare in tema, da gavitelli saldamente ancorati a tutte quelle leggi, a quelle circolari ed a quei decreti che disciplinano l’uso delle spiagge e delle zone di mare destinate alla balneazione, e che, solo ad essere, quelli elencati nella ordinanza vigente, sarebbero di già veramente tanti, troppi per potere escludere che da parte nostra li si possa conoscere tutti.
Una nuova ordinanza che l’amministrazione ha il dovere di elaborare per proporla poi alla Capitaneria di porto, una nuova ordinanza rispetto alla quale il ruolo e la funzione del Consiglio non potranno che essere quelli di indirizzo e di controllo,che il Consiglio è, istituzionalmente, chiamato ad assolvere.
Grazie per avermi ascoltato.
(Saro Di Paola, Consiglio comunale del 13/10/2004, punto all’o.d.g., “AFFIDAMENTO IN GESTIONE DEI LIDI E PROBLEMATICHE CONSEGUENTI”).
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