"Homo mundus minor"

Ritratto di Giuseppe Maggiore

29 Gennaio 2014, 08:54 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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“HOMO MUNDUS MINOR” (l’uomo è un mondo in miniatura: “De Santacolomba”)
di Giuseppe Maggiore

 

Che Cefalù sia una patria d’artisti, un vivaio, una riserva, un contenitore, una raccolta, un cenacolo, un parco, è ormai argomento tanto pacifico che nemmeno sarebbe il caso di dibatterlo.

Il fatto si è che tu li vedi spuntare come i funghi prataioli a Novembre in terreni già abbondantemente concimati con lo sterco delle vacche; o come i girini in una vasca che, fibrillando, turbano il vergine pelo dell’acqua  risalendo alla superficie.

Ciò, tanto per dare una larvata idea del pullulare di una certa compagine culturale in un comprensorio preminentemente votato al turismo dove potrebbe sembrare strano che l’animo, distratto da un ambiente rutilante e variegato, possa contemporaneamente anche immergersi nella considerazione della profondità del proprio “io”.

Ed è questo uno degli aspetti più curiosi del nostro esistere: il contrasto, la “coincidentia oppositorum”, il coesistere di più pulsioni diametralmente diverse l’una dall’altra, opposte, spesso discordanti e (in senso traslato) l’“ubiquità” di certi accadimenti che si manifestano contestualmente condividendo la stessa realtà carismatica.

Quindi “patria d’arte”,  la nostra Cefalù.

Lasciamo stare, perché risaputi e tante volte già osannati, i grandi monumenti storici che adornano la città, opera della sapiente mano dell’uomo e che rappresentano una inderogabile meta del turismo universale: monumenti che già, di per sé, fanno di Cefalù un centro rinomato e il cui capostipite non può che ravvisarsi  nella ruggeriana millecentesca cattedrale  che svetta verso il ceruleo cielo le guglie delle sue due imponenti torri campanarie quasi a volerne squarciare l’uniformità.

Né tale insigne manufatto è il solo a dar lustro alla millenaria urbe  carca di storia e di tradizioni; infatti oltre alla cattedrale non si può non ammirare la Chiesa di S. Maria della Catena, l’Osterio Magno, la Chiesa della Arciconfraternita dell’Annunziata, quella di S.Srefano o delle Anime Purganti, l’ex Monastero di Santa Caterina, il palazzo Piraino, il Maria, la medievale cornice architettonica del Monte di Pietà; e, ancora, l’oratorio del SS. Sacramento, il palazzo Legambi e il Martino Atanasio (mi pare proprio di parafrasare il compianto Nico Marino, di sana memoria), il lavatoio medievale.

E lasciamo pure stare le grandi espressioni artistiche fornite dalla prodiga natura, quali l’originale paesaggio costiero impreziosito dal promontorio di Santa Lucia, dalla Caldura e dalla imponente Rocca soprattutto: rupe immane, prestigioso agglomerato di pietra calcarea che sovrasta  la diseguale distesa dei tetti rossi del centro urbano e focalizziamo l’argomento espresso nell’incipit e che muove questa sommaria prolusione: dell’emergere, cioè, di sempre nuovi talenti, più o meno giovani, che indubbiamente dànno un immancabile lustro a questo nostro avito habitat.

Infatti, fra i tanti, mostra una sua spiccata dimensione l’amico Giuseppe Santacolomba, che con le sue miniature scultoree si è delineato un suo ben definito spazio. 

Trattandone, diamone una rapida descrizione con un leggero tocco di pennello: personaggio di mezza età, Carabiniere per mestiere, dall’aspetto bonario, di stazza tendente ad una contenuta pinguedine, d’umore gioviale nei rapporti, padre di famiglia inteso nel senso migliore del termine, amante degli animali; ha due cagnolini (affiatati come “Castore e Polluce” o come “Eurialo e Niso” o come “Oreste e Pilade” o come “Davide e Betsabea” e potrei anche continuare sino all’esaurimento di siffatti personaggi) che porta giornalmente con infinita pazienza fuori per diporto e per l’espletamento delle loro fisiologiche necessità. 

Chi mai l’avrebbe detto che costui, perfettamente integrato in un’esistenza abitudinaria e contegnosa, covi nel petto e da tempo un sentimento artistico che si esplica nella creazione di piccoli manufatti dalle gradevoli linee armoniche, raffiguranti volti, colonnine, portacerneri, portagioie, bassorilievi e quant’altro; figure ricavate con estremo amore ed esperta manualità da materiali di risulta (pietre morbide, d’arenaria, di gesso, di pomice) che lui trova un po’ dovunque ma preminentemente in un terreno ubicato dietro la cattedrale o intagliate nel legno, in radici contorte, aggrovigliate come i tentacoli di un polpo, che il mare non lesina di portare a riva nei giorni in cui il fortunale alligna? 

Chi l’avrebbe mai detto o potuto dire?

Eppure (sotto la cenere cova il fuoco) quest’uomo pacifico e direi anche apparentemente soddisfatto della sua tranquilla esistenza sente l’imperioso richiamo interiore che lo spinge sulle sponde di una ulteriore conoscenza, di un ulteriore raggiungimento, sorretto dalla frenesia inquietante che solo il sacro spirito dell’arte sa dare.

Questa sua eterogenea produzione oggettistica, di chiaro stampo naif, per la sua estrema semplicità s’impone ad una attenzione non superficiale in manifestazioni e mostre collettive su una ribalta dove  l’estro è sempre tenuto in grande e costante considerazione.

Né, d'altronde, la sua versatilità (che fa di lui un artista) si limita soltanto al campo considerato; ma egli è anche realizzatore di originali presepi in miniatura.

In tale veste lo abbiamo già apprezzato al Santa Caterina negli anni scorsi con delle scenografiche ricostruzioni che hanno trovato un gradito riscontro da parte di quanti  le hanno visionate.

D’altro canto, non credo sia pretenzioso affermare che  proprio l’Ottagono di S. Caterina ormai per Cefalù rappresenti il “sacrario”, il “banco di prova”, il “trampolino di lancio”, se vogliamo, ribalte tendenti ad ulteriori traguardi per chi con le sue opere  ha raggiunto un certo “tono”; infatti, per l’autore che vi abbia esposto le proprie opere è come se avesse ottenuto il “pallio”, la laurea “honoris causa”, la conferma della propria valenza.

Almeno, in linea di massima.

In buona sostanza, Santacolomba è  un artigiano-artista che si è fatto da sé, come si dice, che non segue alcuna corrente culturale o di maniera e le cui creazioni sono semplicemente frutto della sua operosa spontaneità.

Egli rincorre l’estro del momento. E’ un improvvisatore. Un non costruito. Sono, appunto, la forma e le linee del pezzo  da lavorare che gli forniscono l’idea dell’immagine da tirarne fuori. Come Michelangelo (“si parva licet componere magnis”) che asseriva che la figura è già contenuta nel blocco della materia e che bisogna soltanto estrarla e portarla alla luce.

L’arte del Nostro, pregna d’intenti e di espressione, sta, appunto, nella estrema  semplicità di esecuzione dell’opera; esecuzione che, di per sé, forgia il so stile..

Uno dei tanti, Santacolomba, che, con le sue  creazioni senza pretese e senza fronzoli ma permeate da riscontrabile personalità e da immancabile senso artistico, onora Cefalù. 

Faccio una piccola digressione (“Cicero pro domo sua”).

Mi è stato chiesto da taluno perché mai le mie recensioni siano quasi sempre laudative nei confronti degli autori da me selezionati.

La motivazione è semplice: io non faccio il critico per mestiere, ma semplicemente per hobby o, forse, anche per elezione dello spirito, esprimendo, com’è normale in tutta la dimensione umana, soltanto il mio personalissimo parere, diretto discendente del mio gusto, della mia cultura, della mia sensibilità e di quant’altro; eppertanto indulgo solamente a trattare di quelle opere e di quegli autori che destano in me un certo positivo interesse.

Ciò non toglie che delle insufficienze,  delle lacune, delle carenze possano anche allignare nelle creazioni da me focalizzate; ma poiché di gran lunga tali aspetti negativi sono superati da innegabili pregi io non li considero affatto e tratto semplicemente di questi ultimi.

Tutto qui.

Cefalù, Gennaio 2013.                                                                                                                                               Giuseppe Maggiore