27 Gennaio 2014, 11:16 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
In attesa di una prossima decisione giudiziaria su un diverso problema, in cui il nostro Comune con ogni probabilità sarà vincente, non è male ricordare e approfondire un'altra questione, in cui a mio modesto parere il nostro Comune dovrebbe risultare soccombente, con grave nocumento delle tasche dei cittadini.
Alludo alla questione “vecchia posta”, per la quale l'Amministrazione si è buttata a capofitto in un ginepraio più confuso e pericoloso del ricorso contro la Corte dei Conti, che ne aveva decretato lo stato di dissesto.
In nome di un “interesse pubblico” - un centro di aggregazione per i giovani – l'Amministrazione ha ritenuto di poter negare un diritto acquisito da parte di un privato.
Cercando le ragioni giuridiche del suo diniego nel nostro codice amministrativo, non ha però tenuto conto dello sviluppo che tale diritto ha subito negli ultimi due decenni in forza del diritto comunitario e delle sentenze, che vi si richiamano esplicitamente.
Una considerazione è indispensabile: nell’ordinamento nazionale il principio di legittimo affidamento è stato per lungo tempo estraneo al diritto amministrativo, che ha tradizionalmente privilegiato la tutela dell’interesse pubblico, consentendo alla P.A. di agire in autotutela a discapito del privato, anche a fronte di situazioni giuridiche consolidate, ove ciò sia imposto dall’esigenza di assicurare il soddisfacimento delle finalità di interesse pubblico.
La Corte di Giustizia, però, fin dagli '70, ha stabilito che il principio del legittimo affidamento fa parte dell’ordinamento giuridico comunitario e la sua inosservanza costituisce una violazione del Trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, tale da inficiare, quindi, la legittimità dell’atto. In ambito europeo, il legittimo affidamento è di pertinenza non solo degli atti amministrativi, ma anche degli atti legislativi ed agisce nei rapporti fra gli stati membri, fra questi e le istituzioni comunitarie, tra queste ultime ed i cittadini.
Chiarisco che il legittimo affidamento sorge in seguito a un comportamento della P.A., che ha determinato un vantaggio per il privato cittadino. Un vantaggio che esige tutela.
Qualora la P.A., con suoi atti o comportamenti (come per esempio il silenzio-assenso), abbia creato legittime aspettative nel cittadino, queste non possono essere sacrificate all'interesse pubblico né può essere sanzionato dall'Amministrazione. Un principio fatto proprio dal Consiglio di Stato con la sentenza sezione IV, 19 marzo 2003, n. 1457. Per non dire dell'articolo della Costituzione. Si tratta della tutela dei cosiddetti vested rights (diritti quesiti, nella versione italiana), che, una volta riconosciuti dall’autorità amministrativa attraverso un atto che si presuppone legittimo, non possono essere in un secondo tempo sacrificati.
A questo punto bisogna decidere se la nostra Amministrazione ha rispetto dei diritti dei suoi cittadini e se vuole creare con essi un rapporto di reciproca fiducia e se vuole rispettare le legittime aspettative, che essa ha creato. Se non vuole farlo, sappia che i livelli della tutela del legittimo affidamento sono plurimi e la sua violazione può nascere non solo da un atto illegittimo, che è possibile sindacare sotto il profilo dell’eccesso di potere, ma anche a seguito della adozione di un atto legittimo, ma dannoso e, persino, dall’inerzia colpevole.
E in caso di violazione, il Comune dovrà corrispondere i danni causati. Il Comune o i suoi cittadini?
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