3 Gennaio 2014, 12:32 - Giuseppe Maggiore [suoi interventi e commenti] |
“PROEMIO”
(Dissertazione per il “Dotto”.
Chi non lo è, di grazia, per favore, faccia la cortesia, abbia pazienza, trasmigri verso altre a lui più congeniali letture, si applichi a diversi più lungimiranti assunti, onori nuovi più esaurienti testi, insomma, ed abbandoni la presente prolusione che non gli darebbe altro che noia).
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Me lo si consenta!
Ogni lessico che si rispetti lo ha! Ma che cosa? Il proemio, no? Di cosa stiamo parlando?
Che poi lo si voglia chiamare “proemio”, “preludio”, “prefazione”, panegirico o quant’altro, è tutta questione di gusti e di tendenze.
Per parte mia ho divisato di chiamarlo così, “proemio”, perché il termine mi sembra musicalmente più consono a quanto sto trattando. Quindi: “proemio”. Comunque tutte le citate terminologie si equivalgono, eppertanto non fà alcuna differenza chiamarlo in un modo oppure in un altro perché il risultato è sempre lo stesso.
Quanto appresso è un ulteriore confidenziale “parto” di fantasia, espresso in settenari, farina del sacco del mio solito amico regista indipendente, che, non essendo accreditato presso il Giornale come lo sono io, né sfacciato e insensibile alle possibili critiche negative come me, mi ha pregato, fervidamente pregato (non dico che si sia anche cosparso il capo di cenere, questo no, proprio no!), esaltando (a buon mercato) le mie sapute virtù, di sostituirmi a Lui nella propalazione di quest’ode (geremiata, la chiamerei), tacendo, ovviamente, il suo nome.
La lirica, mi ha detto, deve intendersi come surrogato del termosifone nella contingenza del freddo inizio di questo nuovo anno che si prospetta pieno di plurime speranze intese a confutare le consistenti delusioni di quello appena decorso.
Non ho saputo dirgli di no!
Ma, al postutto, volete che ve la dica tutta? Come la penso? Volete che dipani l’intero mio pensiero, così senza reticenze o titubanze? Così, senza remore o collaterali ripensamenti?
Ora chiarisco.
Perché, vedete, io sopporto sopporto! Ma c’è un certo limite alla sopportazione umana! Arriva il momento in cui lo sdegno tracima e scavalca il muro della riservatezza lasciando venir fuori il magma contenuto da tempo, malgrado io tenti inutilmente di trattenerlo. E così ne sproloquio, sfogandomi parlandone!
Il fatto si è, proprio per dirla tutta e non sottacere niente, come promesso sopra, che questo amico mio, del quale per verecondia e perché gliel’ho promesso io taccio il nome, che per carattere è sempre stato spinto dall’irrefrenabile impulso di lanciare il sasso nascondendo la mano, come si dice, e ciò per la esagerata timidezza che lo contraddistingue, ogni tanto scrive qualcosa di “pruriginoso”, forse anche di poco opportuno (lui che ha un casato e una famiglia e un’età consimile alla mia di tutto rispetto da tutelare), che so, qualche novella (come “Casta Diva”, per esempio) o poesia (come la presente), che per un profondo senso della liceità e forse anche di pseudomoralismo, non si sente di dare alle stampe personalmente, col suo vero nome, cioè; e così importuna gli amici.
Nel presente caso: me!
Ed io che l’ho visto nascere e che l’ho sempre tenuto da conto perché, ammettiamolo, qualche virtù pure ce l’ha, non mi sento di dargli negativa, di chiudergli la porta in faccia lasciandolo spiritualmente allo sbaraglio.
E così, anche questa volta, mi presto a fungere da supporto, da intermediario, da referente e pubblico col mio nome le sue ostentate esibizioni letterarie.
Tutto qui!
“PER UNA LEI”:
E’ bruna e flessuosa,
alta e ridondante,
sarebbe, di sicuro,
una focosa amante;
eppur m’appare in grado
d’offrire grande affetto
che venga dal sentire
e non dal solo letto.
E’ giovane e carina
degna d’amore eterno,
pensare al suo tepore
mi genera l’inferno;
mostra movenze ardite
pregne d’ogni sapore,
sicuramente aduse
a favorir l’amore.
Ha sguardo malizioso
pieno di sottintesi;
a ognun che vien fissato
i nervi rende tesi.
Ha un rigoglioso seno,
nido d’ogni fervore,
in esso s’intuisce
il palpito del cuore;
Ha il labbro porporino,
proteso e accattivante,
delizia del pensiero
che rende delirante.
Le sue tornite cosce,
fluenti e sagomate,
da un grande artista, certo,
son state modellate.
Gli occhi sono scuri,
coinvolgenti assai,
sicuramente adusi
a generare guai.
Ma sempre la distingue
l’espression sofferta
che plasma il suo sembiante
d’una goduria certa.
Tal suo soffrir celato
che rendela vogliosa
fà sì che lei diventi
padrona d’ogni cosa:
dell’animo maschile,
del suo desire arcano,
del subdolo disegno
d’ogni uomo fresco e sano.
L’ho vista, speranzoso
d’esser da lei notato:
purtroppo son rimasto
deluso e sconsolato!
Non resta che sognare
ogni sublime amplesso
che appaghi la desianza
d’un animo dimesso.
Ma sol che lei volesse
concedermi una notte,
mi fionderei d’un balzo
anche con l’ossa rotte!
****
L’amore s’appartiene
alla più prisca etade;
per giungere all’alcova
pei vecchi non c’è strade!
Almen che il portafoglio
sia rigonfio bene
e l’energìa rimasta
ancora in piedi tiene!
La gioventù non cede
a chi s’appressa all’Ade;
chi questo non sottende
parte, ma a terra cade!
Giuseppe Maggiore
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