Circolarità orizzontale: dalla "parola" accolta alla "parola" donata

Ritratto di Rosalba Gallà

23 Dicembre 2013, 17:11 - Rosalba Gallà   [suoi interventi e commenti]

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Con riferimento alla Mostra dei Presepi allestita presso l’Ottagono di Santa Caterina (https://www.qualecefalu.it/node/5805), in cui l’artista cefaludese Sebastiano Catania espone un pannello in terracotta che, realizzato poi in bronzo, fa parte della composizione scultorea del portone della Chiesa dell’Immacolata di Alia, ripropongo la presentazione dell’opera scritta in occasione dell’inaugurazione.

 

CIRCOLARITÀ ORIZZONTALE: DALLA PAROLA ACCOLTA ALLA PAROLA DONATA
di Rosalba Gallà

Il portone in bronzo realizzato dall’artista cefaludese Sebastiano Catania, collocato nella Chiesa dell’Immacolata del villaggio Chianchitelli di Alia, si presenta come un libro, le cui pagine, aprendosi, invitano i fedeli ad entrare in chiesa per far parte dell’assemblea di Cristo,  percorrendo la via delle verità della fede cristiana.
Si tratta di un’opera d’arte, realizzata con la tecnica del bassorilievo e dell’altorilievo, la cui lettura si articola su tre livelli, inframmezzati da due fasce che riportano rispettivamente immagini di essenze arboree  e brani tratti dal Vangelo di Luca.
I tre livelli sono relativi, a partire dall’alto, alla vita prenatale di Gesù, alla sua nascita e alla sua presentazione, a momenti salienti della sua esistenza: i primi due livelli sono unificati dal tema della Visitazione.
I due pannelli del primo livello sono quelli che, dal punto di vista iconografico, risultano più legati alla tradizione.

Il primo quadro raffigura il tema dell’Annunciazione: (“Concepirai e partorirai un figlio”, Luca 1,31). Classica l’immagine dell’Arcangelo Gabriele nell’atto dell’annunciare, con il braccio proteso verso Maria, e del giglio, simbolo di purezza. Anche la rappresentazione di Maria segue canoni tradizionali, ma c’è da evidenziare un elemento innovativo: il libro, oggetto che accompagna spesso l’immagine di Maria, viene appoggiato dalla giovane sul grembo, come a voler manifestare la consapevolezza che la Parola dovrà manifestarsi attraverso di lei.
Il secondo quadro raffigura il tema della Visitazione: (“Benedetto è il frutto del tuo grembo”, Luca 1,42). Anche questa rappresentazione è legata a schemi classici: ciò che colpisce è il contrasto tra le due mani che si toccano, definite anche nei particolari, e la mano collocata al centro della scena che ispira l’idea del non finito: forse l’artista vuole dirci che una mano trova la sua completezza solo quando ne sfiora un’altra.
Sotto questo primo livello, ecco la successione delle essenze arboree, raffiguranti il brano tratto dal libro del Siracide, celebrazione della sapienza divina. È la stessa Sapienza a parlare: “Sono cresciuta come palma dell’Engaddi, come un roseto di Gerico, come un ulivo che svetta nella pianura, mi sono fatta alta come un platano” (24,14).
Nel secondo livello, i due pannelli abbandonano l’iconografia tradizionale per stabilire nuove proporzioni e originali relazioni figurative, giocando anche con una disposizione triangolare delle immagini.

Il quadro a sinistra raffigura il tema dell’ Adorazione dei magi: (“Videro il bambino con Maria, sua madre”, Matteo 2,11).

Lo sguardo è attratto sicuramente dalla bellissima immagine della Sacra famiglia, dalla quale emana l’intensità degli sguardi di Giuseppe e Maria nei confronti di Gesù che, in braccio alla madre, è colto nell’atto di darle una carezza, ma nello stesso tempo è sfuggente dalle sue braccia, come se volesse già consegnarsi al mondo. Per quanto riguarda i tre Re magi, l’artista scardina completamente l’iconografia tradizionale: solo uno dei tre sapienti orientali è raffigurato interamente, mentre degli altri sono scolpiti solo i volti (Catania ripropone una tecnica molto efficace di alternanza di figure intere e volti, già utilizzata nella Via Crucis collocata nella Chiesa di Santa Maria della Luce, a Cefalù): ma per quanto la figura sia collocata in posizione centrale, non riesce a diventare il punto focale della scena,  che insiste sulla famiglia divina. Il Re, inginocchiato, offre una sfera: interessante fermarsi a riflettere sul significato simbolico di questa scelta. Secondo la tradizione i tre Magi hanno donato a Gesù oro, incenso e mirra, simboli di regalità, divinità e mortalità: probabilmente, nella visione dell’artista, la sfera racchiude in sé i tre simboli, insieme all’idea della perfezione divina, dell’universo, del ventre della madre che dà origine alla vita.
Il quadro a destra raffigura la Presentazione di Gesù al Tempio: (“Simeone lo prese tra le braccia e benedisse Dio”, Luca 2,28).

I quattro volti emergono dal fondo della materia e prendono vita, proiettandosi verso l’osservatore: il bambino, unica figura intera, ha le braccia aperte, gesto accogliente, ma nello stesso tempo presagio della crocifissione. L’artista, in questo caso, rispetta poco le proporzioni e Gesù risulta essere più grande rispetto alle figure che fanno da sfondo e il suo slancio verso l’esterno è così intenso che l’osservatore ha la sensazione di poterlo prendere in braccio. Il coinvolgimento emotivo con tutte le figure rappresentate è molto intenso: le figure tendono verso l’esterno, mentre l’osservatore viene attratto verso l’interno, con la creazione di una forza empatica bidirezionale.
Tra il secondo e il terzo livello, sono incise frasi tratte dai cantici del primo capitolo del Vangelo di Luca: il Magnificat e il Benedictus.

I due pannelli in basso rappresentano Le nozze di Cana: (“Fate tutto quello che Egli vi dirà”, Giovanni 2,5) e La donna che benedice la madre di Gesù: (“Beato il grembo che ti ha portato”, Luca 11,27).

Partiamo dalle Nozze: qual è il significato di questo sposalizio? Di fatto di queste nozze non si sa nulla, se non che venne a mancare il vino, che nel rito nuziale ebraico rappresenta l’amore tra gli sposi (essi bevono il vino da un unico calice che poi viene gettato a terra, a significare che nessuno può distruggere l’amore dei coniugi). La mancanza di vino è, quindi, la mancanza di amore nell’alleanza tra Dio e il suo popolo. Le sei giare rappresentano la vecchia alleanza, perché esse contenevano l’acqua con cui l’uomo doveva purificarsi per meritare l’amore di Dio: adesso l’amore viene donato in quantità, attraverso la trasformazione dell’acqua in vino. L’amore è un dono di Dio agli uomini e deve essere un dono dell’uomo all’uomo: il nostro amore non deve essere meritato dagli altri, perché noi lo dobbiamo donare. È la nuova alleanza tra Dio e il suo popolo. Fondamentale, in tutto questo, è il ruolo della Madre di Gesù: “Fate tutto quello che Egli vi dirà”, dice la Madonna ai servitori. Nel pannello, il volto di Maria emerge dalla materia con lo sguardo rivolto verso il figlio: rappresenta la guida che ogni uomo deve avere accanto, se vuole intraprendere un cammino di fede e contribuire alla fondazione della nuova Chiesa. Le nozze di cui si parla sono, allora, il patto nuziale con il popolo. Al centro della scena c’è l’agnello immolato. Nell’Apocalisse si dice che è stato annunciato un leone, ma si presenta l’animale simbolo della mansuetudine e dell’innocenza e quest’agnello vivente porta i segni della sua immolazione: “In piedi, come immolato”, perché Gesù si è sacrificato, ma vive ancora.
Il quadro in basso a destra conclude la sequenza con l’immagine di Gesù che con un braccio accoglie il popolo, con una mano indica la sua bocca, la sua parola.

Molto belli i volti che emergono dal metallo e che in parte vengono riassorbiti dalla stessa materia: una moltitudine di persone impegnate ad ascoltare e a custodire la parola di Dio. Ma le ultime parole incise ci riportano a Maria e, in maniera circolare, al punto di partenza. Una donna, dopo avere ascoltato il Messia dice: “Beato il grembo che ti ha portato”. È il grembo di Maria, quel grembo sul quale, nel primo pannello, era appoggiato un libro. La madre di Gesù è la donna che dall’inizio alla fine del nostro percorso di lettura dell’opera ci ha accompagnato, Lei che è madre e sposa, Lei che ama Gesù sopra ogni cosa ed è riamata dal figlio, Lei che, in ogni volto scolpito dall’artista, esprime la dolcezza dell’amore inteso come dono gratuito e la sofferenza di un presentimento di dolore: per tutto questo è beata, per avere accolto, per avere custodito dentro di sé e per avere partorito al mondo la Parola.