C’era una volta “u vadduni Pietraruossa” (terza parte)

Ritratto di Saro Di Paola

10 Dicembre 2013, 18:18 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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La fittissima vegetazione a monte ed a valle dei tratti, più o meno lunghi, nei quali è stato “intubato” “u vadduni pietraruossa”, come lo sono stati gli altri "vadduna"  che tagliavano il territorio di Cefalù, preclude ogni possibilità di accesso negli stessi per effettuare quei controlli che sono necessari per accertarne le condizioni.
Ma non solo.
In molti casi gli intorni degli imbocchi e degli sbocchi sono impervi ed accidentati e, a volervi entrare, si rischia grosso.
Come ho rischiato io l’ultima che mi sono introdotto nell’armco “ru vadduni Santaliva”.

In altri, numerosi, casi la sezione dell’armco è troppo esigua perché vi si possano introdurre altri che non siano speleologi.

Perciò, sulle condizioni degli armco, nulla di assolutamente certo può essere detto.

È in quanto, lo scorso maggio, è stato accertato nell’armco che sottopassa la via Pietragrossa che possono desumersi elementi utili per capire, o per intuire, quelle che sono le condizioni degli armco medesimi (https://www.qualecefalu.it/node/2333)

Ma non solo.
Elementi utilissimi in tal senso si possono desumere, anche, all’esterno.
In quanto è sotto gli occhi di tutti nella canala, a cielo aperto, nella quale sono state convogliate le acque dei campi da tennis dietro Castello e dell’ampia curva stradale che li include.
È, infatti, una canala, che, una decina di anni addietro, è stata realizzata mettendo in fila tubi armco tagliati a metà che, oggi, hanno il fondo eroso e corroso dall’avanzato processo di ossidazione che ha aggredito il ferro puro della loro lamiera ondulata.

Sono elementi troppo chiari che lasciano intuire quelle che potrebbero essere ed, assai verosimilmente sono, le condizioni della lamiera di tutti gli armco che, più datati di quelli della canala a monte del “Villaggio dei Pescatori”, in oltre mezzo secolo, sono stati seppelliti sotto tante strade della nostra Città e sotto la crosta della fascia collinare su cui si è espanso l’abitato di Cefalù.
Dalla Calura a Santa Lucia.


Sono elementi che dovrebbero indurre alla riflessione quanti, istituzionalmente, sono preposti al governo ed alla salvaguardia del territorio.
Politici e tecnici.


Ciò perché sono elementi che fanno prefigurare lo schiacciamento di quei tubi.
Uno scenario, ineludibile quanto inquietante, che fa dei “vadduna” di Sant’Oliva, di Pietragrossa, di Spinito, di Pietrapollastra e di Santa Lucia, delle autentiche mine per Cefalù.
Mine che possono esploderci, sotto e dall’alto.
Prima che non si pensi.
Con danni, non solo materiali, che potrebbero essere, anche, gravissimi.


Sono elementi che gli uomini delle istituzioni hanno il dovere di attenzionare con un programma di verifiche propedeutiche ad un programma di interventi di manutenzione straordinaria.
Verifiche da eseguire con sistematicità in tutti, dico tutti, i tratti di armco in cui quei “vadduna” sono stati canalizzati.
Ove necessario, anche, con l’impiego di speleologi.

Un programma triennale delle opere pubbliche che, ancora nel 2013, nulla preveda in tal senso, è un programma da irresponsabili.
Da incompetenti.
Spiace dirlo.
Ma, così la penso e così la dico!
Ciò perché è un programma del quale, negli anni a venire, Cefalù non potrà non essere vittima.

Saro Di Paola, 10 dicembre 2013

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C’era una volta “u vadduni Pietraruossa” (prima parte) - Saro Di Paola - 8 dicembre 2013 (https://www.qualecefalu.it/node/5688)

C’era una volta “u vadduni Pietraruossa” (seconda parte) - Saro Di Paola - 9 dicembre 2013 (https://www.qualecefalu.it/node/5704)