8 Dicembre 2013, 21:42 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
C’era una volta “u vadduni Pietraruossa”.
Era l’incisione naturale, che l’acqua piovana aveva scavato lungo la linea, a curve morbide, che il versante nord orientale del Sant’Elia disegnava sulle pendici più basse del versante sud occidentale della Rocca.
Dagli uliveti di Pietragrossa-Santa Barbara agli orti di San Pasquale.
Sino a sfociare a mare.
Dritto.
Nei pressi della prima scala a forbice del lungomare Giardina.
Quella dell’attuale “Lido Poseidon”.
“U vadduni Pietraruossa”, oramai, non c’è più!
Intorno al 1903, furono le “Ferrovie Siculo-Calabre” a canalizzarne l’alveo.
Nel tratto tra l’attuale via Pietragrossa ed il Largo Belvedere, giusto a monte del Geodetico di Nando Zannella.
Poi, sin dai primi decenni del secolo scorso, sono stati l’asfalto ed il cemento ad inghiottirselo.
Progressivamente.
Inesorabilmente.
Adesso “u vadduni” scende “intubato”.
Per lunghi tratti.
Con curve a gomito.
Sotto asfalto e cemento.
Tra l’asfalto della via Brancati e l’edificio già Caserma dei Carabinieri,
tra l’asfalto della vecchia SS 113 e le case Curcio-Ilardo,
sotto l’asfalto del bivio per Gibilmanna,
tra l’asfalto del parcheggio pubblico della via Di Belgioioso ed il cemento del palazzo Calabrese
sotto l’asfalto della via Cirincione
della via Pietragrossa
del largo Belvedere
della via Aldo Moro
della via Giuseppe Giglio
della via San Pasquale
della via Archimede
del lungomare Giuseppe Giardina
Per sfociare a mare, ad ovest e ad est di quella che era la sua foce naturale
(continua)
Saro Di Paola, 8 dicembre 2013
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