7 Dicembre 2013, 18:14 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Si prepara il Natale, la festa dedicata per tradizione alla famiglia; a qualcosa di duraturo, su cui la storia umana conta ormai da millenni. Senza la famiglia non ci sarebbe stata società e quindi neanche progresso: saremmo ancora indietro rispetto ai primati e persino agli animali, che conservano ancora il senso della famiglia.
Le famiglie, riunendosi, sono prima diventate tribù e poi città, infine nazioni. Aiutandosi tra loro, hanno suddiviso i loro compiti, riuscendo così a ottenere sempre più ricchezza e sempre più possibilità di sostenersi. Sommando i contributi di ogni famiglia e le esperienze, l'uomo è riuscito a creare la società moderna, nella quale si vive meglio e più a lungo.
A trasmettere i contributi delle singole famiglie e le loro esperienze fu (ed è) la cultura in tutte le sue espressioni: storiche, filosofiche, scientifiche eccetera. Quando la cultura viene meno, si blocca la trasmissione delle esperienze e s'inceppa lo sviluppo dell'umanità. Così accadde per lunghi secoli nel Medioevo, quando alla cultura si sostituì l'analfabetismo. L'umanità riprese la sua crescita, quando la cultura rinacque e ci condusse dritti fino all'Umanesimo e al Rinascimento, seguito poi dalla nuova scienza di Galileo, che aprì la strada alla scienza contemporanea.
Un lungo cammino, che però sembra in procinto d'interrompersi in Italia e certamente a Cefalù. A meno che non si ripristina il meccanismo culturale inceppato.
Chi deve intervenire? Certamente non la politica, presa com'è dall'impegno di organizzare l'effimero persino per la festa del Natale, cieca di fronte alle vere necessità della popolazione. Così cieca, che non riesce a trovare soluzioni per rifornirla di un bene primario: l'acqua potabile. Anzi, finché ha potuto farlo impunemente, ha negato che esistesse il problema.
E allora? Allora la sola speranza è che i cittadini prendano coscienza della loro forza e che non si cullino di speranze, nutrite da proclami reboanti dei demagoghi o dalle loro pietose scuse; ma che prendano esempio dagli uomini di Cefalù, che della cultura e della tradizione sono fedeli seguaci.
Di quegli uomini che continuo a indicare, nella speranza che ne venga seguito l'esempio.
Rosario Ilardo. È colpa sua se sono ancora qui. Ero sceso dal mondo, stanco di vederlo buio e ottuso, quando la pubblicazione del suo libro mi ha convinto di risalirvi. Un libro sulla Rocca, che gli è costata la fatica durata dieci anni, affrontata in silenzio e con modestia, con studio ed erudizione. Eppure non è l'erudizione profusavi a far “grande” il libro, ma l'essere il risultato di felici intuizioni di una mente aperta e ricca di idee.
Le idee! Le opinioni! Le congetture! Il libro ne è pieno e per questo è una lettura edificante e insieme piacevole. Finisci di leggerlo e scopri che ti sei arricchito dentro senza accorgertene.
Ma chi è Rosario Ilardo? Diciamo prima chi è stato: è stato sindaco di Cefalù, è stato segretario comunale ed è stato segretario generale della Provincia di Palermo. In questa veste ha fatto una pluridecennale esperienza di quell'ircocervo chiamato amministrazione pubblica, ridotta ormai a essere l'organo ottuso dei propri problemi e di quelli dei cittadini. Tale non era, però, negli anni in cui Rosario Ilardo esercitò il suo ufficio. Ecco, se allora i segretari comunali e la burocrazia in genere non erano come li conosciamo oggi, lo si deve sicuramente alla presenza di uomini come lui. Non ci resta che sperare che la lezione e l'esperienza di Rosario Ilardo si trasmetta ai giovani.
Oggi egli è lo studioso che trasmette cultura ed esperienza, è il “pensionato” attivo e alacre, che dall'alto della sua cultura guarda all'oggi, cercando d'indicare la strada del domani, come se conservasse ancora lo spirito dei suoi vent'anni.
Lo ringraziamo per averne lasciato traccia con il suo libro, ma nel contempo, egoisti e non preoccupati della sua fatica, gli chiediamo di regalarcene altre.
- Accedi o registrati per inserire commenti.
- letto 1053 volte