28 Ottobre 2013, 12:58 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Che bel paese Cefalù! E che carattere! Nonostante le divisioni, né politiche, né ideologiche e né sociali, ma frutto di diffuse invidie e gelosie, esso continua a vivere.
Com'è possibile? potremmo chiederci. Già, com'è possibile?
Per rispondere occorrerebbero approfonditi studi di sociologia e di antropologia, ma non credo che alla fine essi porterebbero a risultati apprezzabili. Cercare il carattere cefalutano è ancora più difficile di cercare il carattere di un qualsivoglia popolo, perché il popolo cefalutano è ormai un coacervo di immigrati, che da almeno un secolo – e ancor più nell'ultimo mezzo secolo – si sono trasferiti a Cefalù e vi vivono fisicamente come autoctoni, ma psicologicamente come stranieri.
Questa separazione tra “fisicamente” e “psicologicamente” si è notevolmente accentuata negli ultimi quarant'anni, perché, a differenza di un secolo addietro, ormai non c'è più integrazione e persino i figli e i nipoti sono ancora psicologicamente stranieri.
Lo sviluppo urbano non ha certo favorito questa integrazione. Lo Spinito, il Villaggio dei pescatori, molta parte della città “nuova”, con l'assenza di piazze e di strade decenti; con l'assenza di ville e di luoghi adatti ai giochi dell'infanzia, ha finito con l'aumentare la popolazione e con il rimpicciolire la città urbanisticamente. Sono, infatti, rimaste soltanto due piazze – quella del Duomo e piazza Garibaldi – che andavano sicuramente bene fino a sessant'anni fa, ma che ora sono insufficienti per la nuova popolazione. Per di più la Villa comunale, che non è più villa, raccoglie giovani, che tutto ne apprezzano, tranne che la sua vera destinazione, forse perché scelte scriteriate del passato ne hanno fatto un'aiola di edifici orrendi e orridi, come il baratro verso il quale sembriamo destinati a piombare in un futuro prossimo.
E che dire delle scuole, che sembrano refrattarie, troppo spesso, alla cultura e quindi a favorire l'integrazione? O delle tantissime cose che non vanno e di fronte alle quali proprio l'Amministrazione non propone previsioni di soluzioni, ma profezie?
Tante sono le cose di cui si potrebbe parlare, ma non sono io a dovere e potere dirle. Dovrebbero parlarne i cittadini, quantomeno per dare indicazioni sul futuro che vogliono per sé e per i loro figli. Se non parleranno, se non faranno conoscere che cosa vogliono, non potranno né dovranno chiedersi: c'è a Cefalù qualcuno che può esercitare il ruolo di sindaco? a meno di due anni dall'elezione dell'attuale. Perché, se taceranno, un'altra è la domanda che devono porsi con forza: ci sono cittadini in grado di scegliere responsabilmente e razionalmente un sindaco?
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Commenti
Saro Di Paola -
le nuove centralità urbane
Il compianto Architetto Prof. Pasquale Culotta nel Suo ultimo scritto su Cefalù (agosto 2006 Cefalunews) si occupò proprio della necessità di progettare le "nuove centralità urbane".
Quanto al resto sono d'accordo con te sulle peculiarità che tu attribuisci al "carattere" di quanti si sono trasferiti a Cefalù :
"fisicamente vivono come autoctoni, ma psicologicamente come stranieri".