Cefalù talebana

Ritratto di Angelo Sciortino

28 Luglio 2013, 19:44 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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A quanti, legati ancora alla geografia studiata a scuola, e a quelli, che per ragioni anagrafiche non l'hanno studiata, perché non è più materia di serio insegnamento, bisogna dire che Cefalù non è una città della Sicilia, ma dell'Iran. Non so quando è avvenuto questo trasferimento, ma è ormai una realtà.

Cefalù  ha  un sindaco, che, come un ayatollah,  se ne va in giro a controllare i comportamenti morali dei cittadini, il rispetto della dignità dei luoghi, il decoro offeso talvolta da un karaoke. Controlla pure l'intensità, con la quale i cittadini onorano la religione, e si preoccupa di preparare degnamente le processioni e i divertimenti a esse legati.

Ma non crediate che egli sia un uomo del passato. Fornito delle moderne apparecchiature della telefonia portatile, egli si tiene in contatto con i suoi seguaci – simili a talebani – ai quali affida deleghe a rappresentarlo là dove non può essere presente, perché non possiede ancora il dono dell'ubiquità, e ai quali ordina di far rispettare la sua volontà, come se essa fosse legge. Anzi, l'unica e sola legge, perché anche quelle scritte significano solamente ciò che vuole la sua interpretazione.

Non si tratta, però, di una interpretazione qualsiasi, ma dell'interpretazione di chi crede di essere il solo detentore di una corretta concezione del bene comune, del quale non dà una definizione, per cui non raramente finisce con il negare i dati della realtà. Si tratta di un meccanismo di psicologia politica, sul quale sono stati scritti numerosi saggi da parte di fior di scienziati. E tutti hanno sottolineato come una simile psicologia comporta il rifiuto totale di qualsiasi critica e di qualsiasi dissonanza. Proprio come avviene in questa Cefalù "talebana".

Alla luce di queste considerazioni generali possono leggersi alcuni recenti episodi dell'attuale cronaca socio-politica e di quella che solitamente si definisce spicciola attività amministrativa. Non importa a questa amministrazione "talebana" che siano norme largamente e democraticamente condivise a imporre la sua azione e non le importa nemmeno il buon senso, perché ciò che conta è la sua volontà, che è la volontà dell'autocrate, dello zar, dell'ayatollah.

Gli artisti di strada vogliono esibirsi in piazza? Offendono la la dignità del luogo e quindi vengono scacciati malamente su ordine del sindaco. Qualche bar tenta di divertire la clientela con il karaoke? Deve smettere, perché offende il decoro della Città. Si misura in un sabato pomeriggio l'area pubblica occupata dai tavoli dei locali di piazza Duomo, per vedere se per caso non superano quella della concessione, già pagata salatissimamente? Li si multa, dimentichi della necessaria tolleranza dettata dal buon senso e soprattutto del fatto che quei locali danno lavoro retribuito a oltre sessanta persone, a parte l'ospitalità a quel poco di turismo, che ancora sopravvive a Cefalù. Si fanno i preparativi per la festa del Patrono? L'amministrazione chiede sacrifici in denaro a quegli stessi commercianti, che non ha avuto il buon senso d'inserire fra i membri del comitato organizzatore e che si ostina a trattare come arance da spremere. Qualcuno offre panche gratuitamente? Non sono adatte al decoro del Lungomare! E via di questo passo, saltando dal tragico al comico e viceversa.

La volontà di questa amministrazione si riduce a quel che Kant riteneva impossibile: raddrizzare il legno storto dell'umanità. Mi chiedo soltanto – e vorrei che tutti se lo chiedessero – ma chi dà il diritto, a questa amministrazione, di raddrizzare la storia, le tradizioni e il legno storto dei Cefalutani?

Commenti

non sono d’accordo con quello che  mi pare l’assunto di fondo di questo tuo intervento: “impossibile raddrizzare il legno storto dei cefalutani” e la tua definizione di “talebano” di chi ci provasse.

Far rispettare le regole, il decoro e la dignità dei luoghi, il diritto alle qualità minime dell’abitare sarebbe invece un’azione meritoria auspicale, purtroppo, ad oggi, tristemente del tutto insufficiente se non mancante!

Se posso condividere, assieme a te e tanti altri, l’immagine di un Sindaco accentratore e “padre padrone” di tutti i suoi collaboratori, cioè, in sostanza, il fatto che “non si muove foglia se Lui non voglia”, che tutto deve passare dalle sue mani e dal suo controllo e che non sempre tale “sforzo” dia buoni frutti, specie quando intervengano la stanchezza, lo stress o “limiti culturali” personali, non posso condividere alcuni tuoi richiami sulla “tolleranza e il buon senso” in favore di quei locali che sconfinano dall’area di suolo pubblico loro concessa, foss’anche il solo sabato (ma non è solo il sabato), o che tentano di far “divertire la clientela col karaoke”.

Personalmente ho segnalato casi di “tolleranza”, anche gravi (vedi, di recente, via Mandralisca) di abuso delle concessioni del suolo pubblico, inoltre non posso accettare il principio che per far “divertire” il turista ogni bar impianti un suo karaoke o altro tipo di intrattenimento in danno - a parte del buon gusto come spesso capita con i karaoke (in più dubito che i turisti ne siano particolarmente attratti) - del diritto alla quiete dei residenti o dei semplici visitatori serali e notturni delle nostre vie e piazze.

Ho segnalato, più volte, la necessità di un piano accurato del traffico e della sosta nel Centro storico e di piano delle aree di suolo pubblico da dare in concessione nello stesso; ho segnalato più volte la necessità di ripristinate il decoro dell’aspetto e dei luoghi del nostro centro storico a partire da certe sconcezze a finire alle affissioni ed alla cartellonistica pubblicitaria; ho segnalato più volte la necessità di una profonda riflessione sul tema della qualità della vita, cioè dell’Abitare, e del rapporto tra questo e l’Ospitalità, che comprenda anche il tema della quiete pubblica, e quindi la necessità di un piano acustico ... ma tutto questo sembra non interessare se non a pochi, questa volta sì (così siamo stati definiti ai tempi di DonLapppanio) “talebani”!

La “qualità della vita” è il principale “bene comune”, ciò che poi costituisce il vero capitale di una sana attività turistica

La domanda finale, che inviti tutti a porsi, su “... chi dà il diritto, a questa amministrazione, di raddrizzare la storia, le tradizioni e il legno storto dei Cefalutani?” mi porta a rispondermi che tutte le amministrazioni dovrebbero avere questo obiettivo come dovere, più che come diritto, ma che l’autorità necessaria per farlo dovrebbe derivare da una idea-programma coerente e argomentata della “... concezione del bene comune ...”.
Certo, quando, come tu dici: “del quale (bene comune) non dà una definizione ...”, manchi appunto un’idea-programma coerente ed argomentata, e allora quel protagonismo individuale si espone gravemente ai rischi dell’arbitrio (anche in buona fede) tipico dei dittatori.

Colgo l’occasione per ribadire che per me la questione non è “dittatura o democrazia” ma il grado di “illuminazione “ che eventualmente li anima!

... te la sei data tu stesso, quando concludi: "La domanda finale, che inviti tutti a porsi, su “... chi dà il diritto, a questa amministrazione, di raddrizzare la storia, le tradizioni e il legno storto dei Cefalutani?” mi porta a rispondermi che tutte le amministrazioni dovrebbero avere questo obiettivo come dovere, più che come diritto, ma che l’autorità necessaria per farlo dovrebbe derivare da una idea-programma coerente e argomentata della “... concezione del bene comune ...”.
Certo, quando, come tu dici: “del quale (bene comune) non dà una definizione ...”, manchi appunto un’idea-programma coerente ed argomentata, e allora quel protagonismo individuale si espone gravemente ai rischi dell’arbitrio (anche in buona fede) tipico dei dittatori
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