18 Gennaio 2023, 14:13 - Giovanni La Barbera [suoi interventi e commenti] |
Premessa
L'inadeguatezza delle Pubbliche Amministrazioni a governare i processi di trasformazione del territorio e della città, ha generato la diffusa convinzione, soprattutto in questa terra siciliana, che gli strumenti di pianificazione generale contengano scopi e finalità senza limiti temporali. Per cui l'adozione di un PRG fissa e prefigura l'immobilità dei suoi contenuti per alcune generazioni.
Ovviamente questo assunto è adagiato all'interno di una cultura che vive pigramente il proprio tempo nella stasi, che configura uno dei connotati specifici che caratterizza i sistemi socio economici e culturali sottosviluppati.
Se tuttavia si considerino, per le vie brevi, gli effetti del ritardo strutturale delle nostre realtà, rispetto a quelle che mostrano livelli desiderabili di qualità della vita, possiamo inferire che occorre promuovere un risveglio o rinascenza delle potenziali virtù sopiti dal fatalismo che sostiene la pigrizia, come forma della rinuncia ad affrontare coraggiosamente gli inevitabili affanni della vita. Questo nell'auspicio dell'avvio di politiche che si avvalgono più efficacemente dei fondi strutturali europei ed ora del PNRR.
Da qui la necessità di convincersi che un progetto di pianificazione urbanistica e territoriale deve rivedere se stesso almeno ogni tre anni, con la cadenza data dalla formazione del bilancio triennale.
Questo comporterebbe il formarsi, nel tempo, di una cultura del territorio in coerenza con la programmazione economica locale espressa nel Documento Unico di Programmazione. Da qui il concetto di pianificazione continua, che esprime una costante verifica dei bisogni sociali nonché l' assunzione degli effetti di retroazione o feedback come momento di valutazione degli obiettivi assunti nel Progetto.
Nel metodo della formazione del Progetto di Pianificazione è possibile elencare molte insufficienze che sono emerse dalle esperienze formatesi a partire dalla legge 1150/1942; sebbene essa abbia guidato l'instaurasi relativo della cultura urbanistica, in Italia.
Poi dal 1977, con il DPR 616/77, con le Regioni a statuto ordinario, si sono avviate le leggi per il governo dei territori regionali, con le quali sono state introdotte nella cultura urbanistica una importante quantità di esperienze sia nella teoria che nella prassi.
La Sicilia è rimasta indietro di circa mezzo secolo e ha tentato un Progetto di Riforma solo nel 2020 con la LR n. 19, legge che si presenta, a mio modo di vedere, come un coacervo culturale da cui si elevano fumose procedure che paradossalmente mettono in evidenza una limitata valorizzazione delle esperienze delle altre Regioni.
Conclusione
Vorrei ora concludere queste riflessioni con ciò che ritengo innovativo, ma necessario che si realizzi nel processo di costruzione di un progetto per la Società con l'attenzione al piccole Comunità locali come Cefalù.
La conclusione del procedimento, che avrebbe dovuto essere intriso di un aperto dibattito sociale, ma che purtroppo, come richiamato nella dichiarazione di voto della minoranza consiliare sulle controdeduzioni, è stato invece intriso quasi da rituali esoterici, doveva, nella fase comunale, manifestare una etica professionale, inusuale nella prassi, nella quale si enunciavano sobriamente i limiti del progetto di pianificazione proposto.
Cioè l'Amministrazione avrebbe dovuto sollecitare il professionista a lasciare una traccia critica di quelli che, a suo parere, costituiscono i limiti della legislazione attuale, i limiti del metodo seguito che ha fatto uso di discipline che induttivamente hanno consentito la conoscenza del sistema storico, sociale e territoriale di Cefalù, i limiti del modo di introdurre vincoli alla proprietà con finalità di interesse generale.
Questo sarebbe stato il modo con il quale si doveva alimentare il processo continuo di apprendimento sociale, ma mi rendo conto che siamo lontani da questo concetto.
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