10 Ottobre 2022, 00:00 - Giuseppe Riggio [suoi interventi e commenti] |
L’evento sarà commemorato da Papa Francesco che per l’occasione ha invitato a concelebrare i pochi Vescovi e Sacerdoti ancora viventi, che a quel Concilio parteciparono
Concelebrerà con il Santo Padre anche Mons. Crispino Valenziano, protonotario apostolico, presente nella grande aula conciliare per tutta la durata dell’evento, a fianco del nostro Vescovo Mons. Emiliano Cagnoni, che essendo molto anziano aveva ottenuto dalla Segreteria del Concilio di essere assistito dal suo segretario.
Mons. Valenziano è l’unico testimone vivente della nostra Diocesi, ma è pure uno dei pochi che di quella straordinaria esperienza e degli insegnamenti del Vaticano II sono stati interpreti, studiosi e maestri dalle cattedre universitarie, nelle loro pubblicazioni, in tutte le occasioni propizie.
Di questi 60 anni ci sono pure i miei ricordi, anche se limitati ai primi 10 e agli ultimi 30
Iniziavo la frequenza di Teologia e Studi Liturgici al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo in Roma, dietro consiglio di Mons. Valenziano e per volontà del Vescovo Cagnoni, proprio quando si svolgeva la seconda Sessione del Concilio (29 settembre - dicembre 1963).
Per un paio di volte andai a trovare il mio Vescovo al Collegio Capranica, più spesso invece con i miei amici incontravo il professore Valenziano (era stato nostro docente di Storia e Filosofia al Liceo nel Seminario di Cefalù), che ci informava di quanto accadeva nell’aula conciliare e soprattutto ci trasmetteva l’entusiasmo di quella esperienza, che stava provocando una Weltanschauung all’interno della Chiesa cattolica e nei suoi rapporti con il mondo contemporaneo.
Felice cassa di risonanza degli ‘accadimenti’ conciliari erano gli atenei Pontifici dell’Urbe: le bozze dei documenti conciliari e. a maggior ragione, i testi definitivi ispiravano quotidianamente le lezioni e le discussioni, divenendo così strumenti della nostra formazione culturale in forma direi laboratoriale.
Chi scrive ha vissuto il carismatico entusiasmo dell’Istituto Liturgico, con i grandi Salvatore Marsili, Adrien Nocent, Burkhard Neunheuser, professori monaci benedettini, in contemporanea con la definizione e pubblicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia (Sacrosanctum Concilium, 4 Dicembre 1963) e non potrà mai dimenticare l’ecclesiologia del prof. Magnus Lohrer o.s.b., in concomitanza con la Costituzione sulla Chiesa, nota previa inclusa! (Lumen gentium, 21 novembre 1964). Seguirono la Dei Verbum (18 novembre 1965) sulla Parola di Dio e la Gaudium et spes (7 dicembre 1965) sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.
Oltre alle quattro Costituzioni, il Concilio emise anche Nove Decreti: Inter Mirifica, sugli strumenti della comunicazione sociale 04.12.63 - Orientalium Ecclesiarum, sulle Chiese orientali cattoliche 21.11.64 - Unitatis Redintegratio, sull’ecumenismo 21.11.64 - Christus Dominus, sull’ufficio pastorale dei Vescovi 28.10.65 - Perfectæ Caritatis, sul rinnovamento della vita religiosa 28.10.65 - Optatam Totius, sulla formazione sacerdotale 28.10.65 - Apostolicam Actuositatem, sull’apostolato dei laici 18.11.65 - Ad Gentes, sull’attività missionaria della Chiesa 07.12.65 - Presbiterorum Ordinis, sul ministero e la vita sacerdotale 07.12.65; e Tre Dichiarazioni: Gravissimum Educationis, sull’educazione cristiana 28.10.65 - Nostra Ætate, sulle relazioni con le religioni non cristiane 28.10.65 - Dignitatis humanæ, sulla libertà religiosa 07.12.65,
Il Concilio aveva risposto alle due domande fondamentali che Papa Giovanni XXIII aveva posto ai 2500 vescovi riuniti in San Pietro: Chiesa di Cristo, chi sei e chi intendi essere al tuo interno e nei rapporti con il mondo esterno, oggi!
Le risposte conciliari, tuttavia, restano nella maggior parte appannaggio degli studiosi, trovano ampio spazio nei riferimenti dottrinali ufficiali, nelle teoriche affermazioni dei Piani pastorali… ma non scalfiscono minimamente la vita vissuta del popolo di Dio, che cerca altrove quel che non gli viene dato all’interno.
Ma come poteva il Concilio dare frutti di santità se proprio la Gerarchia lo mise a tacere per i primi 35 anni e si limitò a commemorarlo periodicamente nei tempi successivi?
E’ come se la Gerarchia avesse avuto paura dello Spirito Santo, che è come il vento, non sai da dove viene né dove và! Già durante il Concilio l’ala conservatrice dei Vescovi, i curiali che avevano preparato i Documenti da approvare, aveva temuto che stesse accadendo qualcosa di radicalmente diverso. Vinse l’ala pastorale che aveva dietro ( o davanti?) i più grandi teologi del XX secolo!
Avvenne tutt’altra cosa nella nostra Diocesi e nella maggior parte delle Diocesi italiane: i gruppi di potere all’interno del Clero locale, mentre affermavano che la dottrina del Concilio loro l’avevano insegnata da sempre ( mentre noi piangevamo lacrime amare se venivamo pescati a leggere p.e. Il senso teologico della Liturgia di Cipriano Vagaggini o le opere di Pierre Teilhard de Chardin, continuarono a formare i seminaristi con l’indirizzo tridentino e ad ostacolare che diventassero vescovi gli innovatori,
Non è bastato il coraggio di qualche giovane vescovo, figlio del Vaticano II, perché le forze del potere interno erano impari: ero presente nella qualità di Segretario del Consiglio presbiteriale e verbalizzavo l’incontro che Mons. Calogero Lauricella ebbe nell’episcopio con il ‘gota’ del clero capitolare locale. Al vescovo che affermava la volontà di iniziare con la riforma Liturgica già nelle celebrazioni della Cattedrale, facendo intendere che così avrebbe proceduto nell’indirizzo e nella organizzazione dell’intera Diocesi, il ‘capo’ della delegazione capitolare chiese: ‘Ma noi che garanzie abbiamo?’. Seguì un silenzio che mi parve un’eternità, finché il giovane saputello verbalizzante osò prendere la Parola: “E Lei, monsignore, chi è per chiedere garanzie al suo Vescovo? Mi pare che qui si sono invertiti i ruoli|”, Si sciolse la seduta nel più grande imbarazzo e poi le cose andarono così come tutt’oggi continuano ad andare!
Il Concilio di Trento, con la sua forza disciplinare cogente, pur mancando di una ecclesiologia, diede grandi frutti di santità e modificò i costumi dell’intera Europa. La sua spiritualità verticalista viene ancora insegnata e praticata dalla Gerarchia cattolica, ma da tempo appare sclerotizzata e insoddisfacente. Il Concilio Vaticano II, con la sua straordinaria ecclesiologia e un grande impatto con la cultura e la società contemporanea, viene tuttora disatteso perché è quel vino nuovo che non trova ancora gli otri adatti per contenerlo e si cerca anzi di annacquarlo con un atteggiamento minimalista e dissacrante che fa dubitare della buona fede.
Assistiamo al ritorno di un individualismo di bassa lega, che suscita sentimentalismi viscerali, cura le devozioni più disparate, crea aspettative divinamente impossibili, perché quel dio non esiste, mentre viene volutamente trascurato il Cristo e la Sua Parola; si attribuiscono alla Madonna tutte le prerogative del Figlio; tranne che nella Liturgia, il Padre non viene più pregato e lo Spirito Santo resta uno sconosciuto, nemmeno illustre!
Lo schema trinitario della preghiera liturgica A-PER-IN-AD ( A Patre, per Filium, in Spiritu, ad Patrem) che dopo il Concilio avrebbe dovuto ‘informare’ anche la spiritualità e la preghiera individuale, resta totalmente sconosciuto o volutamente trascurato.
Se il Sinodo diocesano, che è entrato ormai nella sua terza fase, si fosse posto come verifica della spiritualità conciliare e dello stile di gestione del potere, in una struttura ecclesiale sacramentale anziché gerarchica, avrebbe potuto essere considerato come base di ricostruzione della Chiesa del futuro; cercando invece di procedere per tentoni, mischiando simboli e forgiando preghiere farneticanti, si finirà con incolpare lo Spirito Santo pure della nostra insipienza.
Giusppe Riggio
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