4 Settembre 2022, 21:06 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Insisto sempre sul fatto che un Paese che non ha a cuore le sue tradizioni, anche quelle che non hanno una grande valenza storica, sarà sempre un Paese senza presente e senza futuro. Infatti, le piccole tradizioni, quelle create giorno per giorno dai piccoli negozianti e dagli artigiani, indicano la storia quotidiana, fatta dalle idee degli individui, portatori di valori e di spirito imprenditoriale, necessario per avere consapevolezza morale e rispetto per sé e per i propri simili. Senza questa consapevolezza si diventa strumenti del potere e si distrugge il futuro anche dei propri figli.
Un esempio di queste tradizioni di non grande valenza storica lo abbiamo nella piazza Duomo, la piazza quasi dominata dalla Cattedrale arabo-normanna, dichiarata patrimonio dell'umanità. In tale piazza insistono ben tre bar, che offrono ristoro ai turisti che vengono a visitare la Cattedrale. Di questi tre bar uno li surclassa tutti per età, risalendo ai primi anni del novecento, quello che attualmente si chiama Bar Duomo, ma che non ebbe sempre questo nome. Esso nacque, infatti, come negozio di chincaglieria, gestito da un Miceli, responsabile pure del deposito del Monopolio delle sigarette in altro luogo.
Egli, approfittando della vicinanza del Distretto Militare in quello che pochi decenni addietro è diventato sede del Municipio, decise di offrire anche una bevanda calda molto simile al caffè. Con il tempo questa attività crebbe così tanto, da surclassare quella della vendita delle chincaglierie. A questo punto il locale nel periodo fascista divenne un vero e proprio bar associato all'UNICA. UNICA altro non è che l'acronimo di Unione Nazionale Italiana Cacao e Affini. Questa unione nacque con l'associazione di tre ditte. La storia di queste 3 ditte, legate fra loro dall’immagine dei “due vecchietti” inizia nel 1850 quando, Michele TALMONE aprì a Torino, in Via Balbis, il suo primo laboratorio. All'interno del bar Duomo si conserva ancora una sorta di carta geografica, che segna la diffusione nel mondo dei prodotti UNICA.
Nel giro di pochi anni la cioccolateria, grazie anche all’utilizzo di macchinari a vapore, assunse dimensioni industriali. Alla morte di Michele Talmone l’attività fu portata avanti con successo dai 5 figli; fu uno di questi che nel 1890 fece disegnare dal cartellonista tedesco Oschner i ” due vecchietti”. L’immagine fu accolta con grande favore dal pubblico e, all’ inizio del 900 apparve sulle prime scatole di latta che, a dimostrazione del grande successo nelle esportazioni, riportavano, le istruzioni d’uso in ben 4 lingue! Le scatole venivano prodotte in 6 misure differenti Kg 5 – 1 – ½ – ¼ – 1/8 -1/16, oltre ai “lattoni” per la vendita del prodotto sfuso. Tali scatole sono ancora conservate ed esposte nella vetrina del bar Duomo.
Il bar UNICA rimase aperto fini ai primissimi anni cinquanta, quando fu acquistato da Pasquale Serio, meglio conosciuto come Lillo Serio. Egli già gestiva una salumeria su Corso Ruggero, proprio all'angolo di via Nicola Botta, per cui fu costretto a cercare soci per la gestione e finalmente ne trovò uno in Giuseppe Amato. Una società ben riuscita, se durò senza problemi fino al momento in cui Giuseppe Amato fu costretto a ritirarsi per raggiunti limiti d'età. Lillo Serio, rimasto solo, aveva deciso di vendere l'attività, ma aveva deciso facendo i conti senza l'oste. L'oste in questo caso era il figlio Giovanni, ancora studente universitario, che si oppose alla vendita e si offrì per gestire egli stesso il bar.
Personalmente avevo avuto occasione di frequentare il bar prima dell'arrivo di Giovanni. Accadeva quando mio nonno scendeva fino a piazza Duomo e lì mi offriva un cannolo o una genovese prodotti allora, come oggi, nel laboratorio del bar. Finii con l'affezionarmi e a scegliere di frequentarlo ancora oggi, che in vecchiaia sono tornato bambino. Un bar in cui ancora oggi i cefalutani e i turisti possono trovare prodotti dell'agricoltura siciliana, come le arance.
A questo punto, comunque, mi sia consentita una digressione di natura sentimentale, che però ha una grande importanza sugli anni successivi del bar Duomo. Giovanni Serio aveva conosciuto Elvira Amato, figlia di un cugino dell'Amato socio di Lillo Serio. La conoscenza sfociò nel matrimonio e adesso si trovano entrambi a gestire il bar Duomo, che con il loro impegno hanno trasformato nel capostipite di un gruppo di ristoranti ubicati sia a piazza Duomo e sia nelle vicinanze.
Intanto gli anni sono passati e la famiglia Serio è cresciuta con i due figli Pasquale e Antonio, anch'essi fedeli al principio dei genitori: lavorare con impegno, senza risparmiarsi. Un esempio fatto proprio anche dalla giovane moglie di Pasquale, che allo starsene in panciolle a casa preferisce spesso impegnarsi nel lavoro del bar, quando le cure ai tre figli glielo permettono. I tre figli che forse non faranno morire questa tradizione ormai più antica del 1952, data indicata dalla targa di bottega antica di Cefalù, posta dall'Amministrazione comunale. Tutto ciò con l'augurio che la famiglia Serio continui il suo impegno, perché Cefalù possa godere ancora di simili tradizioni, belle a vedersi e buone a gustarsi.
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