14 Aprile 2022, 21:17 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Sono almeno sei decenni che spero che Cefalù trovi la dignità e la ragione del proprio riscatto nelle proprie forze, anche esigue, consistenti in una piccola minoranza colta e decisa, come nel tempo di Mandralisca, dei fratelli Botta e di Spinuzza, quando la maggioranza era analfabeta e non s’interessava minimamente di libertà e di politica, quindi del proprio futuro. A ogni elezione, come mi accade in questo momento, la mia speranza si faceva più forte e prepotente, ma al momento di ogni spoglio, con i suoi numeri, essa moriva. Il guaio era che ogni volta moriva un po' di Cefalù.
Infatti, ogni volta mancava una sana, indispensabile “rivolta di popolo”, perché mancava del tutto una sana borghesia colta e perché nella società perduravano le stratificazioni sociali plurisecolari, per cui non c’era nulla da fare. Serviva e servirebbe, infatti, un certo grado di maturazione e cultura del popolo. Le marmaglie, che servono questo o quel detentore del potere, non vanno bene per le scelte elettorali. E neanche devono essere appoggiate da un candidato con promesse clientelari, se vuole il bene di Cefalù.
Invece, è accaduto quasi sempre che la politica velleitaria delle mezze-calzette sembra essersi esercitata sul bancone d’un caffè, tra molti boccali di birra, spostando a caso olivette e patatine sulla piantina di Cefalù per stabilire dove situare i vasi o le aree di parcheggio, tra molte risate mondane e forse qualche buon sigaro.
Dovrei rinunciare a partecipare a questa campagna elettorale, ma la mia coscienza me lo impedisce; m'impedisce di astenermi di fare le mie scelte, anche a costo di sbagliare, con l'impegno eventualmente di correggermi. Questo perché non considero la democrazia come il diritto di tutti di votare, ma come il diritto di tutti di partecipare. È questa la ragione per cui nessuna democrazia sarà mai vera democrazia, se non le si aggiunge l'aggettivo liberale.
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